Quando il capitale sociale di una società scende sotto il minimo legale per effetto delle perdite superiori al terzo, si attiva lo scioglimento. Gli amministratori, da quel momento, devono limitarsi ad atti conservativi per preservare il patrimonio, pena la responsabilità personale.
Approfondiamo il tema con un estratto dal libro Formulario della liquidazione giudiziale – guida alla procedura.
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Approfondisci con il libro Formulario della liquidazione giudiziale
1) Perdita del capitale sociale e aggravamento del dissesto
Come noto, ai sensi dell’art. 2484, co. 1, n. 4, c.c., le s.p.a. e le s.r.l. si sciolgono quando, per effetto delle perdite superiori al terzo, il capitale sociale si riduce al di sotto del minimo legale, salvo che l’assemblea dei soci, convocata senza indugio ai sensi dagli artt. 2447 e 2482-ter c.c. non deliberi la ricostituzione del capitale sociale ovvero la trasformazione della società in società di persone.
La società si scioglie, ai sensi dell’art. 2484, co. 1, n. 2, c.c., anche quando non possa conseguire l’oggetto sociale e si ritiene che ciò si verifichi anche se, sulla base degli indici aziendali o di un budget o di altre rilevanti e fondate previsioni, essa abbia perso il requisito della continuità aziendale (c.d. going concern), ovvero quando, indipendentemente dalla situazione di riduzione per perdite del capitale al disotto del limite legale contemplata dai citati artt. 2447 e 2482-ter c.c., sono venute a mancare nella gestione dell’azienda, ai sensi del principio di revisione n. 570, le condizioni di esistenza dell’azienda stessa.
Al verificarsi di una causa di scioglimento delle società gli amministratori possono compiere atti di gestione al solo fine di conservare l’integrità e il valore del patrimonio sociale (art. 2486, co. 1). Se contravvengono a tale limitazione dei loro poteri, essi sono personalmente e solidamente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi (art. 2486, co. 2).
A riguardo il terzo comma del citato art. 2486 c.c. prevede che: quando è accertata la responsabilità degli amministratori, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione.
Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura.
Nel caso di specie, poiché, come illustrato nel precedente § 2.2 (approfondisci con la lettura del libro Formulario della liquidazione giudiziale), il capitale sociale si è ridotto al disotto del limite legale a far data dal …., e dalla lettura degli atti sociali non risulta che gli amministratori abbiano adottato alcuno dei rimedi previsti dalla norma, essi si sono resi responsabili dell’aggravamento del dissesto quantificabile come differenza tra il patrimonio netto alla data di apertura della liquidazione giudiziale e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento ovvero, per gli amministratori cessati prima dell’apertura della liquidazione giudiziale, dalla differenza tra il patrimonio netto alla data della loro cessazione e quello esistente alla data della causa di scioglimento.
Per quanto riguarda la situazione patrimoniale alla data di apertura della liquidazione giudiziale, la stessa può essere ricavata dai dati dell’attivo e del passivo della procedura illustrati al precedente § 3.1 (approfondisci con la lettura del libro Formulario della liquidazione giudiziale) e, conseguentemente il patrimonio netto a tale data può essere così determinato
Attivo rinvenuto |
| € … |
-Passivo accertato | - | € … |
= Patrimonio netto all’apertura della liq. giud. |
| € … |
Individuato il primo termine di confronto (il patrimonio netto alla data di apertura della liquidazione giudiziale) occorre ora determinare il patrimonio netto alla data del verificarsi della data di scioglimento.
Prima di procedere in tal senso, tuttavia, per poter rendere omogeneo il confronto, occorre che anche il patrimonio netto a tale ultima data sia determinato secondo criteri di liquidazione (o di presumibile realizzo), essendo venuto meno il postulato della continuità aziendale; occorre cioè applicare il principio contabile OIC 5 del giugno 2008 (Bilanci di liquidazione).
L’OIC 5 disciplina la valutazione delle attività e passività iscrivibili nel primo bilancio di liquidazione.
“Per le attività vi è un solo criterio: il probabile valore di realizzo conseguibile entro un termine ragionevolmente breve e tenuto presente che normalmente i beni vengono venduti separatamente. Anche per le passività vi è un unico criterio: il valore di estinzione, ossia la somma che si dovrà pagare per estinguerle, tenuto conto anche degli interessi” (cfr. OIC 5, cit., § 4.3.2.).
Il principio contabile enuncia inoltre due poste tipiche del bilancio di liquidazione.
- Il conto Rettifiche di liquidazione accoglie tutte le rettifiche apportate, positive e negative, rispetto agli ultimi valori contabili, in conseguenza del passaggio dalla valutazione secondo criteri di funzionamento a quella secondo criteri di liquidazione.
- Altra posta caratteristica dello stato patrimoniale infrannuale è il Fondo costi e oneri di liquidazione. “La funzione del Fondo è quella di indicare l’ammontare complessivo dei costi ed oneri che si prevede di sostenere per tutta la durata della liquidazione, al netto dei proventi che si prevede di conseguire, i quali forniscono una copertura, sia pur parziale, di quei costi ed oneri. L’iscrizione iniziale nel Fondo di tali costi, oneri e proventi costituisce una deviazione dai principi contabili applicabili al bilancio ordinario d’esercizio, che è giustificata dalla natura di bilanci straordinari dei bilanci di liquidazione e, in particolare, dalle finalità esclusivamente prognostiche del bilancio iniziale di liquidazione. … Come regola generale, vanno iscritti tutti i costi, oneri e proventi attinenti la gestione di liquidazione che maturano dalla data della consegna ai liquidatori fino alla data di chiusura della liquidazione; non ciò che ha causa (economica) in operazioni di gestione compiute prima della data di consegna”. La funzione del Fondo costi e oneri di liquidazione assolve a quella parte della citata norma (art. 2486, co. 3, c.c.) ove si prescrive che dal calcolo devono essere “detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”.
Secondo l’OIC 5,
- le rettifiche (nette) di liquidazione (suppostone il segno negativo), determinate quale contropartita delle riduzioni e aumenti di valore di attività e passività, confluiscono nel bilancio iniziale di liquidazione a riduzione del “patrimonio netto” e non nel conto economico, in quanto non esprimono variazioni negative di competenza dell’ultima frazione di esercizio antecedente l’inizio della liquidazione.
- Il fondo costi e oneri (netti) di liquidazione va invece iscritto tra le passività, diminuendo per lo stesso valore il patrimonio netto (o quindi riducendone una posta utilizzabile o iscrivendo un componente negativo). Il patrimonio netto, ridotto della prima e della seconda posta, assume un evidente ed utile valore prognostico del risultato finale della liquidazione, ovvero della somma che sarà disponibile per il riparto (stragiudiziale o giudiziale).
È evidente che il curatore, nel redigere l’inziale bilancio di liquidazione e quindi nel valutare costi, oneri e proventi di liquidazione, terrà conto degli eventi e dei dati che nel frattempo si sono concretamente manifestati; il valore netto del fondo sarà pertanto sufficientemente preciso. L’inserimento del fondo nel bilancio iniziale risolve il problema posto da coloro che ritengono che l’importo del decremento patrimoniale debba essere depurato dalle variazioni conseguenti a fatti di liquidazione indipendenti dalla condotta degli amministratori (che hanno continuato nell’esercizio dell’impresa) e che quindi non possono essere ascritti alla loro responsabilità e quindi nutrono perplessità sull’espressività del decremento patrimoniale come metro di responsabilità.
Spetta quindi al curatore redigere, sulla base dei documenti contabili e degli altri dati reperiti, un bilancio di liquidazione alla data dello scioglimento di diritto, ma, più correttamente, alla data in cui tale scioglimento (per esempio per perdita del capitale) è stata conosciuta dagli amministratori o avrebbe dovuto esserla secondo i canoni dell’ordinaria diligenza o, in caso di professionalità dell’attività esercitata, secondo la diligenza qualificata di cui all’art. 1176, co. 2, c.c.
Spetta inoltre al curatore redigere un bilancio alla data della messa in liquidazione o della liquidazione giudiziale.
L’aumento del valore negativo del patrimonio netto è pertanto interamente imputabile agli amministratori che hanno ignorato la causa di scioglimento, salvo che per la parte derivante da atti conservativi da determinare anche in via equitativa.
La prova di tale aumento è onere del curatore, il quale – se la data di conoscibilità della perdita del capitale era prossima alla chiusura dell’esercizio successivo – può assolverla rettificando il valore del relativo stato patrimoniale, per ottenerne una rappresentazione veritiera e corretta in applicazione dei criteri di liquidazione. La prova che l’aumento del deficit – derivante dall’illegittima continuazione della gestione d’impresa come se la società fosse in integro statu – è dipesa da atti conservativi o da eventi che comunque sarebbero occorsi anche se la società si fosse tempestivamente messa in liquidazione e, come tutte le eccezioni di natura sostanziale, compete ad amministratori e sindaci.
Poiché, come riferito, il capitale sociale si è ridotto al disotto del limite legale il ….., lo scrivente ha rettificato lo stato patrimoniale alla predetta data secondo i seguenti criteri di liquidazione:
- Immobilizzazioni: il valore di presumibile realizzo della posta è stato determinato in complessivi € ……., in ragione delle seguenti considerazioni ………………………………
- Rimanenze: il valore di presumibile realizzo della posta è stato determinato in complessivi € ……., in ragione delle seguenti considerazioni……………………………………
- Crediti: il valore di presumibile recupero della posta è stato determinato in complessivi € ……., in ragione delle seguenti considerazioni ……………………………………………
La tabella che segue riepiloga le rettifiche apportate dallo scrivente che portano a determinare il patrimonio netto alla data di scioglimento in complessivi € ……………………
| Situazione patrimoniale al… | Rettifiche del curatore | Valori di liquidazione |
Immobilizzazioni nette |
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Rimanenze |
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Crediti |
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Attività finanziarie |
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Disponibilità liquide |
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Ratei e risconti att. |
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Totale attivo |
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Fondi rischi e oneri |
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TFR |
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Debiti |
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Ratei e risconti passivi |
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F/spese/oneri liquidaz. |
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Totale passività |
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Capitale e riserve |
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Utile/perdita a nuovo |
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Utile/perdita d’esercizio |
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Tot. Patrimonio netto |
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Totale a pareggio |
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Individuato, così il patrimonio netto alla data di scioglimento, l’aggravamento del dissesto è dato dalla seguente differenza:
Patrimonio netto all’apertura della liq. giud. |
| € ……… |
- Patrimonio netto alla data scioglimento | - | € ……… |
= Aggravamento del dissesto |
| € ……… |
La continuazione dell’attività d’impresa ha pertanto generato un aggravamento del dissesto quantificabili in € ……………………
Estratto dal libro Formulario della liquidazione giudiziale - LG4/090 Relazione ex art.130, co.4, CCII
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