Negli ultimi anni, i bonus edilizi hanno rappresentato un importante incentivo per la riqualificazione del patrimonio immobiliare italiano, contribuendo alla crescita del settore edilizio e al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici. Tuttavia, l'ottenimento di queste agevolazioni è strettamente legato alla corretta produzione di documenti tecnici e fiscali. Errori, omissioni o falsificazioni nella redazione di tali documenti possono comportare non solo la perdita del beneficio, ma anche rilevanti conseguenze penali per contribuenti, professionisti e imprese coinvolte. Questo articolo analizza i principali profili penalistici connessi alle irregolarità nella produzione delle certificazioni e delle asseverazioni, offrendo una panoramica delle sanzioni applicabili in caso di violazione.
Di seguito un approfondimento sull’irregolarità delle asseverazioni tecniche, del visto di conformità e della dichiarazione APE tratto dal libro Bonus in edilizia – dalla scelta al contenzioso di Peluso e Pacifici Nucci (libro di carta con aggiornamenti online fino al 31.12.2024)
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1) L’irregolarità delle asseverazioni tecniche, del visto di conformità e della dichiarazione APE
Dal punto di vista penalistico sono diverse le tipologie di violazioni che possono essere commesse, sia in capo al contribuente inteso quale fruitore finale del bonus, che da parte dell’azienda appaltatrice.
In altri casi la rilevanza penale è per causa riferibile ai professionisti che hanno realizzato le attestazioni, le certificazioni e le asseverazioni. Dinnanzi a tale situazione appare interessante esaminare, seppur nella brevità richiesta dalla trattazione, le differenti casistiche. Infatti, solo procedendo in questa maniera si ritiene possibile l’approfondimento sistemico della materia.
Per quanto attiene alle asseverazioni ed alle attestazioni, si rileva che la falsità nella produzione delle stesse, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. 27 gennaio 2022, n. 4, convertito con modificazioni dalla l. 28 marzo 2022, n. 25 è trattata dall’art. 119 del d.l. 34/2020, più precisamente dai co. 13-bis.1 e 14.
I due commi suindicati, infatti, prevedono un differente inquadramento per disciplinare, da un lato, la falsità della attestazione od asseverazione e, dall’altro, l’infedeltà della attestazione od asseverazione prodotta dal tecnico.
Estratto dal libro Bonus in edilizia – dalla scelta al contenzioso di Peluso e Pacifici Nucci (libro di carta con aggiornamenti online fino al 31.12.2024)
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2) Bonus in edilizia: falsità dell’attestazione od asseverazione
In via preliminare si può dire che nella prima casistica rientrano le attestazioni/asseverazioni nelle quali l’omissione o la falsificazione sia da ritenersi “rilevante”. Per esempio la falsa attestazione su lavori mai eseguiti ovvero sulla dichiarazione di congruità delle spese esageratamente spropositate rispetto all’effettivo ammontare.
Di tale evenienza si occupa il disposto dell’art. 119 co. 13-bis.1, del d.l. 34/2020 il quale dispone che “Il tecnico abilitato […] che espone informazioni false o omette di riferire informazioni rilevanti sui requisiti tecnici del progetto di intervento o sulla effettiva realizzazione dello stesso ovvero attesta falsamente la congruità delle spese è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 euro a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri la pena è aumentata”.
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3) Bonus in edilizia: l’infedeltà della attestazione od asseverazione prodotta dal tecnico
Diversa è la disciplina nel caso in cui il tecnico rilasci attestazioni e asseverazioni infedeli.
Ed invero, in questo caso troverà applicazione il co. 14 dell’art. 119 del d.l. 34/2020 che, tenendo ferma l’applicazione di eventuali sanzioni penali nell’ipotesi in cui il fatto costituisca reato, sanziona il tecnico applicando la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 a euro 15.000 per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa.
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4) Bonus in edilizia: l’illecita produzione del visto di conformità
Passando ora all’esame delle implicazioni circa l’illecita produzione del visto di conformità in riferimento alla documentazione ai fini della cessione del credito, deve evidenziarsi che non sembra applicabile la responsabilità penale ex artt. 75 e 76 del d.P.R. 445/2000, ovvero quella prevista per la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà. Tutto ciò in quanto l’assenza di richiamo espresso alle forme della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, unitamente alla valenza certificativa di tale documento – che nel caso di specie dovrebbe essere prodotto da persona esercente un servizio di pubblica utilità – permette di escludere la commissione del falso ideologico in certificati, in quanto ai fini della commissione del reato de quo serve che l’agente eserciti un servizio di pubblica utilità.
In conseguenza di quanto precede, si ritiene che sia invece invocabile l’art. 39 del d.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, così come modificato dal d.l. 28 gennaio 2019, n. 4. Quest’ultimo prevede che, fatta salva la situazione in cui il fatto costituisca reato1, il soggetto che abbia rilasciato un visto di conformità, ovvero l’asseverazione infedele, è assoggettato alla sanzione amministrativa da euro 258 ad euro 2.582. Inoltre sono applicabili, in concorso di reato, le sanzioni stabilite per i reati addebitati al contribuente (es. la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ex art. 3 d.lgs. 74/2000, la malversazione di erogazioni pubbliche ex art. 316-bis c.p. ovvero truffa aggravata ex art. 640 c.p.).
Sull’argomento si evidenzia che la Corte di Cassazione ha stabilito che è punibile in concorso con il contribuente il professionista che, benché consapevole della illiceità delle operazioni commerciali dalle quali è generato un credito, abbia ugualmente apposto il visto di conformità, “in quanto la professionalità dallo stesso posseduta avrebbe richiesto un controllo della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili che, se regolarmente effettuato, avrebbe permesso di accertare la discrasia evidente tra la capacità reddituale emergente dalle dichiarazioni depositate negli esercizi precedenti e i ricavi dichiarati in corrispondenza degli esercizi in cui il credito IVA era maturato” (Cass. pen. 13 marzo 2019, n. 24800).
Deve segnalarsi che, qualora il visto infedele venga reso in relazione alla dichiarazione dei redditi, la sanzione applicabile sarà pari al 30% della maggiore imposta riscontrata.
Le modalità di controllo del visto di conformità sono definite dall’art. 26 del d.l. 31 maggio 1999, n. 164 precisando che, salvo il caso in cui sia già stata inviata al CAF ovvero al professionista la comunicazione di richiesta di chiarimenti sulla documentazione inviata, la dichiarazione potrà essere oggetto di dichiarazione rettificativa. In quest’ultima situazione potranno essere applicate le riduzioni stabilite nell’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, ovvero la sanzione del 30% di ogni importo non versato, anche nell’ipotesi di correzione di errori materiali, o di calcolo, rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale.
Qualora poi, i versamenti fossero effettuati con un ritardo non superiore a novanta giorni, la sanzione sarà ulteriormente ridotta della metà (ovvero al 15%). Infine, laddove il versamento del dovuto avvenga con un ritardo non superiore a quindici giorni la sanzione è ulteriormente ridotta a un importo pari a un quindicesimo per ciascun giorno di ritardo.
1 E ferma restando l’irrogazione delle sanzioni per le violazioni di norme tributarie.
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5) Rilevanza penale in caso di falsificazione della certificazione sull’attestato di prestazione energetica cd. APE
Passando ora all’esame della rilevanza penale in caso di falsificazione della certificazione sull’attestato di prestazione energetica cd. APE occorre dire che, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 15 del d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 così come modificato dal d.l. 4 giugno 2013, n. 63 convertito con modificazioni dalla l. 3 agosto 2013, n. 90 con l’art. 12 co. 1, è previsto che anche l’APE sia resa sotto forma di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi dell’art. 47 d.P.R. 445/2000.
Alla luce di quanto precede l’eventuale falsificazione dell’APE sarà punibile, ai sensi dell’art. 76, co. 1 del d.P.R. 445/2000, con l’applicazione delle sanzioni previste dal codice penale e dalle leggi speciali aumentate nell’ammontare da un terzo fino alla metà.
Ulteriormente il co. 3 dell’art. 76 del d.P.R. in commento inquadra, espressamente, la dichiarazione sostitutiva di atto notorio nell’alveo dell’art. 46 del d.P.R. medesimo e, per l’effetto, se ne evince ove le dichiarazioni ivi inserite siano inveritiere, si configura il reato di cui all’art. 483 c.p. per falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
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