Proposte per una fiscalità dell’arte più competitiva. Questo il documento position papers n.5 del 2024 di Assonime in cui viene messo in luce come la legge delega per la riforma tributaria (legge 9.08.2023 n.111) ha introdotto una regolamentazione specifica per escludere da tassazione
- sia le plusvalenze realizzate dal c.d. collezionista “puro”
- sia le plusvalenze derivanti da opere ricevute per successione o donazione o da operazioni di permuta o di reinvestimento dei proventi in altra opera; fattispecie, queste ultime, nelle quali dovrebbe mancare un oggettivo intento speculativo.
Quanto all’IVA, la finalità perseguita dalla norma di delega è di agevolare il regime Iva delle importazioni e delle cessioni di oggetti d’arte, antiquariato o collezione al fine di incentivare il relativo mercato e rendere il nostro ordinamento maggiormente competitivo.
Sono comunque interventi che non anno ancora trovato attuazione ma che denotano la volontà di dare certezza al settore del mercato dell’arte che ad oggi è privo di regole definite ed è esposto all’aleatorietà delle differenti interpretazioni dell’Amministrazione finanziaria e della giurisprudenza.
Assonime sottolinea le problematiche fiscali dell’attuale sistema interno ed avanza delle proposte che il legislatore delegato potrebbe prendere a riferimento nel dare attuazione ai principi delineati sul tema della Riforma fiscale.
Assonime fa il punto, in particolare, sui seguenti temi:
- l’attuale distinzione, elaborata dalla giurisprudenza di legittimità, tra mercanti d’arte, collezionisti privati e speculatori occasionali,
- l’imposta sul valore aggiunto: soggettività e regime del margine,
- aliquote IVA e concorrenza fra gli Stati,
- territorialità IVA: prospettive,
- l’imposta sulle successioni e donazioni.
Per quanto riguarda L’IVA si sottolinea che il mercato delle opere d’arte presenta caratteristiche particolari che rendono complessa l'applicazione dell'IVA, un sistema impositivo sui consumi progettato per far gravare il tributo solo sul consumatore finale, mantenendo la neutralità per gli operatori economici coinvolti.
Riassumiamo di seguito quanto viene spiegato sul tema dalla circolare di Assonime.
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1) Mercato dell'arte e meccanismo dell'IVA
L’IVA funziona con un meccanismo di imposizione plurifase, dove ogni fornitore addebita l’imposta ai propri clienti e detrae l’IVA pagata ai propri fornitori.
Questo sistema tende a colpire il consumatore finale, indipendentemente dal numero di passaggi nella catena di produzione e distribuzione.
Tuttavia, nel caso delle opere d’arte, questi beni non si consumano nel tempo ma, anzi, tendono a mantenere o aumentare il loro valore, complicando l'applicazione dell'IVA.
Le opere d’arte, infatti, circolano nel mercato non solo nel momento della loro produzione e prima distribuzione, ma anche successivamente, quando sono rivendute dai collezionisti o dagli eredi, rientrando nel circuito delle imprese o degli esercenti arti e professioni, oppure essendo cedute ad altri collezionisti.
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2) Problematiche dell’applicazione dell’IVA alle opere d’arte
Gli oggetti d’arte tendono a mantenere o aumentare il loro valore nel tempo e sono spesso rivenduti, creando una circolazione continua che non si configura come vero consumo (salvo casi particolari), quindi hanno tipicamente una circolazione successiva alla fase della loro produzione e distribuzione primaria da parte degli autori e degli operatori del settore.
Quando un collezionista acquista un'opera direttamente da un artista o da una galleria, paga l'IVA, ma se successivamente rivende l'opera, l'acquirente paga un prezzo che non include l'IVA, essendo il collezionista un non soggetto d’imposta. Questo può portare a un'applicazione “a cascata” dell’imposta, e di conseguenza a una tassazione anomala e non neutrale contrastante con il meccanismo tipico dell’IVA che tende, invece, a colpire il consumo in modo omogeneo, indipendentemente dal numero di transazioni che avvengono a monte della cessione al consumatore.
L'anomalia è accentuata dal fatto che i collezionisti non sempre operano come privati, ma spesso acquistano e rivendono opere d'arte. In tali casi, possono diventare soggetti d'imposta se la loro attività presenta le caratteristiche di un "esercizio d'impresa" secondo l'art. 4 del d.P.R. n. 633. Tali caratteristiche si basano sull'abitualità dell'attività, indipendentemente dall'organizzazione in forma d'impresa.
La giurisprudenza ha chiarito che l’espressione “esercizio per professione abituale” indica un’attività svolta abitualmente, non solo occasionalmente. L'attività rilevante per l'acquisizione della soggettività IVA è quella svolta con caratteri di stabilità e regolarità, e che si protrae nel tempo anche senza rigorosa continuità. Anche un unico affare di rilevante importanza economica può qualificare un soggetto come imprenditore se ha richiesto diverse operazioni.
L'art. 4 deve essere interpretato alla luce della direttiva IVA (art. 9 della direttiva n. 112 del 2006), che considera “soggetto passivo” chiunque eserciti un’attività economica in modo indipendente, a prescindere dallo scopo o dai risultati. La Corte di giustizia ha sottolineato che questa nozione è ampia e sulla base di circostanze di fatto.
In realtà l'art. 4 utilizza criteri giuridico-formali simili a quelli per l'imposizione dei redditi, che non coincidono perfettamente con l'approccio sostanzialistico della direttiva. Pertanto, è possibile che nell'attuazione della riforma fiscale (legge n. 111 del 2023), l'art. 4 venga modificato per allinearsi meglio alla normativa UE.
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3) Mercato dell'arte e regime del margine
Per affrontare queste problematiche, il legislatore unionale ha introdotto un regime particolare per il mercato degli oggetti d’arte, dell’antiquariato e dei beni usati, chiamato “regime del margine”. Questo regime è disciplinato dalla direttiva IVA n. 112 del 2006 e in Italia dal decreto-legge n. 41 del 1995.
Il regime del margine si applica, in particolare, alle operazioni realizzate mediante acquisto da non soggetti d’imposta da parte di soggetti d’imposta, i quali rivendono gli oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione applicando l’IVA su un imponibile, costituito solo dalla differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di rivendita.
Se il prezzo di acquisto è pari o superiore a quello di vendita, l’imposta non viene applicata.
Per le cessioni di oggetti d’arte, quando il prezzo di acquisto manca, o è privo di rilevanza, ovvero non è determinabile, l’imponibile è fissato al 60% del prezzo di vendita.
Sebbene il regime del margine adatti la disciplina IVA alle peculiarità del mercato dell’arte, permangono criticità e possibili distorsioni. La determinazione dell’aliquota applicabile rappresenta un ulteriore aspetto complesso da gestire. Inoltre, è possibile che le disposizioni attuali siano modificate per meglio allinearsi alla normativa unionale, come indicato dalla legge n. 111 del 2023.
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