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DICHIARAZIONE ANNUALE TELEMATICA DI IMPOSTA DI SOGGIORNO

Dichiarazione annuale telematica di imposta di soggiorno

Dichiarazione annuale telematica di imposta di soggiorno: dubbi di legittimità delle sanzioni previste

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Il legislatore “dimentica”, all’interno del testo normativo di riferimento, la fattispecie della tardività nell’invio della dichiarazione, trattando pertanto di fatto qualsiasi dichiarazione inviata successivamente alla data di scadenza, come se fosse stata omessa e di conseguenza sanzionandola con una gravità che non trova giustificazione alcuna.

1) Dichiarazione annuale telematica imposta di soggiorno: l'adempimento

Com’è noto, da tre anni a questa parte, per mezzo dell’art. 4 comma 1 ter del DL nr. 23 del 14 Marzo 2011, è stato previsto a carico dei gestori (imprenditori e non ) di strutture ricettive alberghiere ed extra alberghiere, l’obbligo di invio della dichiarazione annuale telematica di imposta di soggiorno.

Tale dichiarazione va inviata all’Agenzia delle Entrate che a sua volta, effettuati alcuni controlli formali, la inoltra ai Comuni di competenza.

Nella stessa viene riassunta l’imposta versata nel corso dell’anno precedente, suddivisa per trimestri in base alla presenze registrate dalle varie strutture e alle tariffe previste dai singoli Comuni.

Per la presentazione della citata dichiarazione, è obbligatorio procedere, entro e non oltre il 30 giugno di ogni anno (ad esclusione del primo periodo di applicazione della normativa di che trattasi per la quale era stato disposto il differimento al 30.09.2022), per mezzo dei canali telematici messi a disposizione dall’Agenzia stessa.

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2) Dichiarazione annuale telematica imposta di soggiorno: le sanzioni

Il citato art. 4 comma 1 ter del DL nr. 23 del 14 Marzo 2011, prevede una sola ipotesi di “violazione” specificatamente collegata alla dichiarazione che qui ci occupa e cioè, testualmente: “Per l'omessa o infedele presentazione della dichiarazione da parte del responsabile si applica la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma dal 100 al 200 per cento dell'importo dovuto”.

Al successivo periodo, viene invece affrontato il caso del mancato versamento dell’imposta prevedendo che “Per l'omesso, ritardato o parziale versamento dell'imposta di soggiorno e del contributo di soggiorno si applica la sanzione amministrativa di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471.”

Dalla lettura testuale della disposizione normativa, così come fra l’altro confermato fino ad oggi dalla dottrina e dalla prassi, parrebbe che il legislatore non abbia minimamente considerato l’ipotesi della tardività nell’invio della dichiarazione annuale d’imposta ma si sia limitato ad enunciare la sola fattispecie dell’omissione di invio, fatto che è alquanto bizzarro e, a parere di chi scrive, totalmente irrispettoso dei più elementari principi che sottendono l’intero sistema sanzionatorio all’interno del nostro diritto tributario.

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3) Dichiarazione annuale telematica imposta di soggiorno: la fattispecie

Analizzando i casi dichiarativi più eclatanti (modello Unico, dichiarazione Iva, dichiarazione Imu ecc), il legislatore ha sempre previsto, com’è logico e legittimo che sia, l’ipotesi della tardività tenendola (giustamente) ben distinta dalla più grave fattispecie dell’omissione.

Quest’ultima, infatti, si verifica quando il Contribuente ometta totalmente di presentare le dichiarazioni dovute oltre i termini di legge.

Non solo ma, per un semplice adempimento formale qual è quello della dichiarazione, cioè di un documento che si limita a riepilogare quanto già versato dal Contribuente l’anno prima (e fra l’altro trattasi di un doppio adempimento per tutti quei Comuni, e sono la maggioranza ndr., che hanno già previsto un invio sistematico agli stessi dei medesimi dati in corso d’anno), il legislatore prevede, in caso di ritardo, l’applicazione di sanzioni (dal 100 al 200% dell’imposta versata) che risultano essere, come conseguenza, addirittura superiori al caso di omissione o tardività nel versamento del tributo dovuto.

La prima domanda che sorge spontanea è: “quale sarebbe il danno erariale tale da giustificare una siffatta sperequazione sanzionatoria?

Come spesso accade, chi redige determinate norme, specifiche come nel caso di specie, dimentica colpevolmente (ci auguriamo almeno non volontariamente) di rimandare a tutto il comparto sanzionatorio già previsto, appunto, per i modelli dichiarativi, regole non introdotte certo da ieri e che ben definiscono il comportamento che il contribuente deve seguire al fine di sanare eventuali errori (formali come in questo caso).

Lo stesso MEF, nell’incontro abituale con la stampa specialistica durante l’evento Telefisco, tenutosi  a Febbraio di questo anno, sembrerebbe confermare una chiara apertura in questo senso.

Rispondendo ad una domanda afferente la possibilità di applicare ai tributi locali l’istituto del ravvedimento operoso in caso di omissione dichiarativa per tributi erariali, il MEF esplicitamente afferma: “in materia di tributi locali, nel caso di mancata presentazione della prescritta dichiarazione entro il termine previsto dalla normativa che disciplina il singolo tributo, non viene mai operata una distinzione tra l’omessa e la tardiva presentazione della dichiarazione come avviene, invece, per le imposte erariali, per le quali l’art.2 comma 7 DPR n.322 del 1998, prevede che le dichiarazioni presentate con un ritardo superiore ai 90 giorni si considerano omesse.

Per quanto concerne i tributi locali, pertanto, in mancanza di previsioni specifiche, si ritiene che sia sempre possibile ravvedere la dichiarazione omessa anche oltre i 90 giorni dalla scadenza, secondo le disposizioni previste dall’art. 13 del d.lgs n.472 del 1997.

In concreto, quindi, se la dichiarazione viene presentata entro i 90 giorni dalla scadenza del termine prescritto, si applica la sanzione prevista dall’art.13 comma 1 lett c) del d.lgs n. 472 del 1997..” 

La stessa Corte dei Conti, con pronuncia 325/2021, afferma più volte come la nuova disposizione che qui ci occupa ha “natura esclusivamente tributaria“ con tutte le garanzie e implicazioni del caso.

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4) Dichiarazione annuale telematica imposta di soggiorno: soluzione interpretativa prospettata

In estrema sintesi, a parere di chi scrive, un conto è la mancata regolarizzazione dell’invio della dichiarazione annuale, anche dopo i 90 giorni stando a quanto affermato dal MEF, un altro è regolarizzare spontaneamente tramite l’istituto del ravvedimento operoso e prima che arrivi un atto di accertamento del Comune.

Nel primo caso, il Comune sarebbe autorizzato (con tutti i dubbi comunque di legittimità del caso) ad applicare la sanzione prevista dall’art.4 comma1 ter del DL 23/2011 (dal 100 al 200% dell’importo dovuto ), nel secondo, invece, il Contribuente dovrebbe godere delle sanzioni formali previste per semplice un adempimento dichiarativo effettuato in ritardo.

In tal senso l’unica legittima sanzione applicabile, in caso di ravvedimento del ritardato invio della dichiarazione annuale d’imposta di soggiorno, non può essere che quella indicata dal Legislatore tributario proprio in tema di tardività legata agli adempimenti della stessa natura e, quindi, di tutto il comporto “Dichiarativi” precedentemente richiamato (Iva, Irpef ecc).

Sul punto giova ricordare che per tali omissioni, infatti, in assenza di imposte da pagare, viene statuita una sanzione minima di 250 euro (per i dichiarativi) e 50€ (per l’Imu) ravvedibile, ai sensi dell’art.13 comma 1 lett c) del dlgs n. 472 del 1997..”  (cioè la medesima disciplina richiamata sia dal MEF che dalla Corte dei Conti).

Il ravvedimento, se effettuato nei 90 giorni dalla scadenza dell’invio della dichiarazione, comporta la riduzione a 1/10 della sanzione prevista (nel caso di specie il risultato dell’applicazione del ravvedimento sarebbe il versamento di 25 euro per il comparto Irpef/Iva o 5 euro per l’Imu).

Si ribadisce che questa impostazione è legittimamente applicata sia ai fini Iva, Irpef, Irap, Imu ecc, quindi adempimenti dichiarativi che hanno la medesima natura e finalità di quella ora prevista per l’imposta di soggiorno.

Non solo ma vi è di più: andare a richiedere un importo pari o addirittura superiore a quello che una semplice dichiarazione formale va a sintetizzare (quindi con nessun danno erariale dato che gli importi colà esposti sono già stati riversati dal contribuente nelle casse dei Comuni), comporterebbe, a parere di chi scrive, l’apertura di un contenzioso di legittimità che difficilmente vedrebbe sopravvivere il dettato normativo oggetto di analisi.

Tale spropositata sanzione, infatti, si scontrerebbe con alcuni principi che sono ormai capisaldi del nostro sistema tributario quali:

  1. Art 53 della Costituzione  “tutti devono concorrere alle spese tributarie, secondo la propria capacità contributiva”, locuzione che, com’è noto, sta significare che il carico fiscale deve essere distribuito in base alla capacità economica dei contribuenti senza introdurre quindi misure di prelievo, come nel caso di specie, che nulla hanno a che vedere con tale necessario equilibrio di giustizia economica;
  2. Art. 6 comma 4,  L 212/2000 (c.d. Statuto del Contribuente): “Al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente.” (come già affermato, nella stragrande maggioranza dei Comuni italiani, il contribuente ha già inviato, tramite specifiche procedure introdotte dagli Enti, i dati che vengono nuovamente riassunti nella dichiarazione telematica annuale);
  3. Principio di legalità e proporzionalità di cui al nuovo Articolo 3-bis  del D.lgs. 472/1997, così come modificato recependo i suggerimenti indicati all’articolo 20, lettera a) n. 1, e lettera c) n. 1 della legge di delega fiscale (Legge n. 111/2023) secondo il quale : “La disciplina delle violazioni e sanzioni tributarie è improntata ai principi di proporzionalità e di offensività.

Segnalo, da ultimo, come sia nei poteri e nelle competenze dei singoli Comuni provvedere alla riscossioni di eventuali illeciti in materia, e quindi applicare, in modo ragionevole e proporzionale, la violazione formale che qui ci occupa prevedendo, magari con specifica delibera, eventuali misure ad hoc che si armonizzino maggiormente con i principi di capacità e giustizia tributaria qui richiamati.

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