Analizziamo il caso dell’imprenditore individuale che decide di conferire la propria azienda in funzionamento in una società di capitali o in una società di persone, delle quali, in conseguenza del conferimento, diventa socio.
Nel momento in cui è avvenuto il conferimento l’attività d’impresa è proseguita dalla società, ma vediamo, dal punto di vista civilistico e fiscale, come inquadrare il fenomeno in capo all’imprenditore individuale che ha conferito l’azienda.
Dal punto di vista civilistico la questione assume rilevanza in relazione ai rapporti antecedenti al conferimento in società; infatti, una situazione del genere potrebbe configurare:
- una cessione d’azienda (della ditta individuale alla società): l’articolo 2560 del Codice civile prescrive che in questa situazione “l'alienante non è liberato dai debiti, inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”;
- una trasformazione (da ditta individuale a società): l’articolo 2500-quinquies del Codice civile prescrive che “la trasformazione non libera i soci a responsabilità illimitata dalla responsabilità per le obbligazioni sociali sorte prima degli adempimenti previsti dal terzo comma dell'articolo 2500, se non risulta che i creditori sociali hanno dato il loro consenso alla trasformazione. Il consenso si presume se i creditori, ai quali la deliberazione di trasformazione sia stata comunicata per raccomandata o con altri mezzi che garantiscano la prova dell'avvenuto ricevimento, non lo hanno espressamente negato nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione”.
In definitiva, il corretto inquadramento della situazione può avere delle conseguenze in relazione ai rapporti con i creditori, e, in ogni caso, da ciò discende il conseguente trattamento fiscale.
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1) La Corte di Cassazione
Se il conferimento di una ditta individuale in una società debba considerarsi cessione d’azienda o trasformazione non è fattispecie che è stata esplicitamente affrontata dal legislatore, per cui si ci dovrà rifare alle interpretazioni giurisprudenziali.
La recente ordinanza numero 5088/2024 della Corte di Cassazione affronta proprio la questione.
La Corte puntualizza che la ditta individuale configura una forma d’esercizio dell’attività d’impresa che in nessun modo può assumere una autonomia rispetto all’imprenditore che l’esercita: la persona fisica è anche imprenditore, per cui non esiste nessuna forma, perfetta o imperfetta, di autonomia patrimoniale tra la persona e l’impresa, che in definitiva sono coincidenti.
Proprio in ragione di ciò, secondo la Corte di Cassazione, è da escludere la possibilità che per il conferimento di una ditta individuale in una società si possa parlare di trasformazione, in quanto questo concetto presuppone l’esistenza di un ente, individuale o collettivo che sia, che abbia però una natura autonoma rispetto alla persona fisica.
In questo senso, “il legislatore ha inteso chiaramente lasciare il fenomeno dell’esercizio individuale dell’impresa in un alveo del tutto distinto da quello riservato alle possibili trasformazioni delle forme societarie o associative (associazioni, fondazioni, consorzi, società consortili, società cooperative) di esercizio dell’impresa”.
Una tale situazione costituisce invece un conferimento di beni, di proprietà dell’imprenditore e da lui organizzati per lo svolgimento di una attività d’impresa, in un distinto soggetto giuridico; per cui il corretto inquadramento civilistico sembrerebbe essere quello della cessione d’azienda.
A conferma di ciò costituirebbe fondamento il tenore letterale dell’articolo 2498 del Codice civile il quale, trattando della continuazione dei rapporti giuridici in caso di trasformazione, per la fattispecie individua nell’ente il soggetto giuridico della trasformazione. L’ente, in questa situazione, costituisce quel soggetto autonomo dalla persona fisica che in caso di ditta individuale, come visto, appunto manca. Per cui sarebbe da escludersi la possibilità di una trasformazione per la situazione esaminata.
Va segnalato che il Comitato Interregionale Dei Consigli Notarili Delle Tre Venezie nel 2014 ha pubblicato la massima K.A.37, successivamente motivata nel 2015, con la quale viene sostenuta la legittimità della trasformazione di una ditta individuale in una società con socio unico, alla qual situazione si applicherebbe l’articolo 2500-quinquies del Codice civile.
Va però segnalato anche che la giurisprudenza è abbastanza consolidata in senso opposto; la stessa ordinanza numero 5088/2024 richiama le precedenti deliberazioni 35574/2022 e 26953/2016.
2) L’inquadramento fiscale
Definito che il conferimento di una ditta individuale in una società dal punto di vista civilistico debba essere considerata una cessione d’azienda, il trattamento fiscale da applicare è una diretta conseguenza.
Una tale operazione di conferimento fiscalmente costituisce una cessione a titolo oneroso di un complesso di beni organizzati in forma d’azienda, ex articolo 8 comma 5 del TUIR.
Dal punto di vista tributario il regime naturale applicabile è quello del conferimento neutrale ex articolo 176 del TUIR, in base al quale l’operazione non realizza né plusvalenze né minusvalenze, purché il soggetto conferente assuma “quale valore delle partecipazioni ricevute, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto dell'azienda conferita”, e il soggetto conferitario sia una società di capitali o un altro ente commerciale, in tutti i casi residente nel territorio dello stato.
Va precisato che in molte situazioni il conferimento neutrale può comportare una sottostima del valore del conferimento, in conseguenza dell’impossibilità di dare rilievo al valore dell’avviamento; ciò ha conseguenze sia in termini di valore della quota che in termini dei valori di iscrizione in bilancio.
In alternativa al regime del conferimento neutrale, per opzione da esercitarsi al momento del conferimento, è possibile applicare il regime ordinario, il quale prevede la rilevazione e la tassazione di plusvalenze e minusvalenze in capo all’imprenditore individuale che conferisce, e la conseguente possibilità, per la società, di attribuire valore fiscale ai maggiori valori dei beni ricevuti con il conferimento.