I principi di unicità e globalità degli avvisi di accertamento e di rettifica delle dichiarazioni impongono agli Uffici finanziari di concentrare le contestazioni in un unico atto, per evitare che il contribuente venga più volte sottoposto a diverse pretese impositive con riferimento ad uno stesso periodo di imposta.
I due principi risultano tra loro strettamente correlati.
Per “unicità” si intende che l’Amministrazione finanziaria debba avanzare tutte le proprie pretese con un unico atto. La “globalità” comporta che l’avviso debba avere ad oggetto l’intera base imponibile colpita dal tributo nell’arco del periodo d’imposta, così da assicurare l’esaustività e la definitività.
I due principi perseguono innanzitutto la tutela del diritto di difesa del contribuente, garantito dagli art. 24 e 113 della Costituzione, per il quale risulta certamente più efficace adottare una linea difensiva complessiva ed unitaria, avendo piena cognizione della pretesa tributaria, senza dover sopportare i costi e i disagi, a cui sarebbe esposto nel caso in cui la pretesa si manifestasse in modo frammentato.
In applicazione dei canoni costituzionali, le Amministrazioni pubbliche devono infatti agire in maniera da limitare gli oneri di difesa del cittadino/contribuente, mettendolo in condizione di avere piena contezza dell’attività istruttoria preliminare all’emanazione dell’atto, affinché questi, dopo essere stato raggiunto da un avviso di accertamento, possa consapevolmente valutare se e come approntare la propria linea difensiva.
I principi di unicità e globalità degli atti, tuttavia, sono posti a presidio anche di ulteriori interessi di carattere generale, anch’essi di rilevanza costituzionale.
Un’ingiustificata parcellizzazione dell’attività amministrativa di accertamento potrebbe, infatti, risultare pregiudizievole rispetto alle esigenze di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, che verrebbero compromesse ove all’Amministrazione finanziaria fosse riconosciuta la possibilità di porre i medesimi elementi a base di più atti impositivi, ovvero di frammentare gli elementi di cui già dispone in più atti successivi.
L’obbligo di avanzare la propria pretesa con un unico atto per ciascun periodo di imposta mira, inoltre, a garantire (nel rispetto dell’art. 97 della Costituzione) l’efficienza e l’efficacia dell’attività amministrativa imponendo una organizzazione tale da poter disporre, prima di emettere un atto, di un quadro istruttorio completo di tutte le informazioni necessarie per pervenire all’esatta quantificazione dell’effettiva capacità contributiva del contribuente accertato, senza aggravare il procedimento a scapito del contribuente.
I principi di unicità e globalità degli atti di accertamento, anche se in precedenza desumibili solo indirettamente da alcune disposizioni di diritto positivo, sono sempre stati considerati dalla dottrina e, talvolta, dalla giurisprudenza, alla stregua di principi generali dell’ordinamento tributario, in quanto posti a presidio di interessi di carattere generale anche di rilevanza costituzionale. La possibilità di derogarvi da parte degli Uffici tributari non può quindi essere ammessa che in ipotesi tassativamente previste dalla legge a tutela di interessi erariali di corrispondente livello.
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1) Il nuovo art. 9 bis dello Statuto del contribuente: ne bis in idem
Il D. Lgs. n. 219 del 30/12/2023, in vigore dallo scorso 18/01/2024, in attuazione della delega per la riforma del sistema tributario, tra le altre importanti novità, ha espressamente riconosciuto la rilevanza generale dei principi di unicità e globalità degli atti di accertamento introducendo l’art. 9-bis nello Statuto del contribuente, rubricato “Divieto di bis in idem nel procedimento tributario”. In base a questa disposizione «Il contribuente ha diritto a che l’Amministrazione finanziaria eserciti l’azione accertativa relativamente a ciascun tributo una sola volta per ogni periodo d’imposta.».
Con la riforma fiscale il divieto di bis in idem assume anche formalmente la valenza di principio generale dell’ordinamento oltre che di criterio interpretativo della legislazione tributaria in quanto, così come gli altri espressi dallo Statuto del contribuente, attuativo «delle norme della Costituzione, dei principi dell’ordinamento dell’Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo»[1]..
[1] L. 212/2000 art. 1: «1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione delle norme della Costituzione, dei principi dell’ordinamento dell’Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, costituiscono princìpi generali dell’ordinamento tributario, criteri di interpretazione della legislazione tributaria e si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario. Le medesime disposizioni possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.…
3-bis. Le amministrazioni statali osservano le disposizioni della presente legge concernenti la garanzia del contradditorio e dell’accesso alla documentazione amministrativa tributaria, la tutela dell’affidamento, il divieto del bis in idem, il principio di proporzionalità e l’autotutela.» …
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2) Le possibili deroghe ai principi di unicità e globalità dell’azione accertativa
Nella riforma il legislatore delegato ha tuttavia inteso bilanciare i diritti fondamentali del contribuente con l’interesse erariale alla corretta percezione dei tributi
Per tale ragione, nell’art. 9-bis sono state confermate alcune possibili deroghe ai principi di unicità e globalità dell’attività accertativa, laddove si dispone che essi siano applicati «salvo che specifiche disposizioni prevedano diversamente e ferma l’emendabilità di vizi formali e procedurali».
Soffermandosi solo sulla prima parte di questa previsione, essa fa innanzitutto riferimento alle disposizioni che consentono all’Amministrazione finanziaria la possibilità di determinare progressivamente la capacità contributiva del contribuente, attraverso la notifica di una pluralità di atti. La norma conferma inoltre la validità di quelle disposizioni che ammettono la possibilità di riconsiderare, o sostituire, la pretesa tributaria già avanzata, attraverso la notifica di un ulteriore avviso di accertamento e previa rimozione del precedente.
La nuova previsione statutaria si riferisce alle ipotesi di accertamento parziale, integrativo o modificativo, disciplinate, in linea generale, dagli articoli 41 bis e 43, comma 3, del D.P.R. 600/73 e dagli articoli 54, commi 3 e 4, e 57, comma 4, D.P.R. 633/72.
La ratio di questa deroga, con riferimento al c.d. “accertamento parziale”, è quella di consentire all’Amministrazione finanziaria di procedere alla più sollecita emersione di materia imponibile attraverso l’emissione di un accertamento parziale che potrà essere poi successivamente integrato (art. 41 bis del 600/73 e art. 54 cc. 3 e 4 del DPR 633/72), per tenere conto, nella quantificazione della pretesa, di ulteriori elementi in suo possesso. In tali ipotesi, l’Ufficio potrà quindi concentrare l’istruttoria solo su taluni aspetti della posizione fiscale del contribuente, non operando un controllo complessivo, ma “riservandosi” di svolgere eventuali ulteriori indagini in momenti successivi (comunque entro il termine di decadenza del potere di accertamento).
Le disposizioni sull’accertamento integrativo o modificativo prevedono invece che, fino alla decadenza del termine per la notifica dell’avviso di accertamento, l’Ufficio possa emanare ulteriori atti che integrino o modifichino la pretesa originaria, avanzata a seguito di un’istruttoria a carattere generale.
Il presupposto per l’emissione di tali atti è costituito dall’acquisizione da parte degli Uffici di elementi e informazioni non conosciuti al momento della conclusione di una precedente istruttoria svolta con le modalità ordinarie.
L’accertamento integrativo riguarda, in particolare, ipotesi in cui all’Ufficio sopravvenga la conoscenza di informazioni che consentano di aggiungere alla pretesa già avanzata ulteriori elementi imponibili, diversi da quelli considerati in precedenza.
L’accertamento modificativo, invece, concerne i casi, in cui le informazioni sopravvenute siano tali da richiedere una rivalutazione giuridica di elementi di prova già presi in considerazione nel precedente accertamento, al fine di una diversa, in genere maggiore, quantificazione della pretesa.
Il regime giuridico delle tre casistiche di accertamento si differenzia ovviamente per diversi aspetti, tra i quali, ad esempio, il fatto che l’accertamento parziale non necessiti della sopravvenuta conoscenza di ulteriori elementi utili a rideterminare le basi imponibili già accertate, condizione invece necessaria per la validità dell’accertamento integrativo e del modificativo.
Anche le conseguenze giuridiche prodotte dai tre istituti sull’atto originario sono differenti, in quanto accertamenti parziali ed integrativi si sommano, determinando complessivamente la debenza del contribuente, mentre l’accertamento modificativo sostituisce integralmente l’atto originario.
Non costituisce, invece, una deroga ai principi illustrati la fattispecie dell’autotutela sostitutiva, la quale, pur assimilata da più parti all’accertamento modificativo, rappresenta un istituto che persegue scopi differenti ed ulteriori rispetto alla quantificazione dell’imposta dovuta, per l’esercizio della quale sono quindi previste condizioni del tutto diverse.
In conclusione si può affermare che, nonostante la numerosità delle deroghe ai principi di unicità e globalità dell’accertamento concesse agli Uffici, proprio il carattere generale che tali principi intendono tutelare dovrebbe suggerire un ricorso sporadico di questi strumenti, considerando in ogni caso tassativi i presupposti in presenza dei quali ammettere la reiterazione del potere impositivo dell’Amministrazione.
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