Quando un imprenditore individuale muore, i suoi eredi devono prima decidere se vogliono continuare l'attività d’impresa o meno.
Se scelgono di continuare, l'impresa individuale diventa parte dell'eredità del defunto e e costituisce oggetto di comunione tra gli eredi.
Tuttavia, se gli eredi decidono di non proseguire l'attività aziendale, la gestione dell'impresa sarà regolata dalle norme sulla comunione ereditaria stabilite nel codice civile. Questo significa che le decisioni riguardanti l'impresa dovranno essere prese congiuntamente dagli eredi, secondo le disposizioni legali in materia di comunione ereditaria.
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1) Morte imprenditore individuale: gli eredi continuano l'attività d'impresa
Se gli eredi decidono di continuare l'attività d'impresa, la comunione ereditaria che ne deriva è assimilabile, per il nostro ordinamento, a una società di fatto. Ciò implica che essa sarà soggetta alle norme che regolano il funzionamento delle società di fatto. È importante sottolineare che, a partire dal 1996, le società di fatto non sono più riconosciute nel nostro ordinamento.
Pertanto, nel rispetto del termine tassativo di un anno dalla scomparsa del titolare dell'impresa, la società di fatto costituita dalla comunione ereditaria dovrà essere regolarizzata tramite la trasformazione in una società di persone o di capitali, a seconda delle preferenze o delle necessità espresse dai soggetti coinvolti.
La società di fatto, non essendo formalmente costituita con un atto scritto e non risultando iscritta al Registro imprese, è considerata una società irregolare. Di conseguenza, fino a quando il processo di regolarizzazione non sarà completato, essa è disciplinata dalle disposizioni previste per la società semplice.
La società semplice si caratterizza per una minore autonomia patrimoniale rispetto ad altre forme societarie più strutturate. Pertanto, finché la società di fatto non viene regolarizzata, gli eredi devono tener conto delle limitazioni e delle responsabilità previste per le società semplici nella gestione dell'attività d'impresa.
Prima di poter gestire l'impresa in forma collettiva, gli eredi che desiderano continuare l'attività aziendale devono completare una serie di adempimenti fiscali e amministrativi.
In particolare, entro 12 mesi dalla data del decesso dell'imprenditore individuale, è necessario presentare la dichiarazione di successione. Questo documento deve includere, all'interno dell'apposito quadro, i dati relativi all'impresa insieme alla sua valutazione, necessaria per il calcolo delle eventuali imposte dovute.
La dichiarazione di successione è fondamentale per stabilire la successione nei diritti e nelle obbligazioni dell'imprenditore defunto e per garantire la corretta trasmissione del patrimonio aziendale agli eredi.
Entro 30 giorni dalla morte dell'imprenditore, il rappresentante legale designato della comunione ereditaria deve presentare la variazione IVA alle autorità competenti. Questo adempimento è essenziale per aggiornare le informazioni fiscali relative all'azienda e per indicare i dati identificativi della comunione ereditaria stessa.
La variazione IVA consente alle autorità fiscali di registrare correttamente la nuova situazione della società, garantendo la continuità dell'attività commerciale e assicurando che gli eredi possano operare legalmente nell'ambito dell'impresa ereditata.
Dal punto di vista dell'imposizione diretta, il trasferimento dell'impresa individuale in seguito alla morte dell'imprenditore è considerato un'operazione fiscalmente neutrale quando gli eredi decidono di continuare l'attività aziendale e i valori dei beni che la compongono rimangono invariati rispetto a quelli del defunto.
Gli eredi sono responsabili della presentazione della dichiarazione dei redditi e di altre dichiarazioni fiscali relative al contribuente deceduto. Tuttavia, è sufficiente che uno degli eredi si occupi di questo adempimento.
Il reddito effettivamente ottenuto dall'attività di impresa dovrà essere ripartito tra gli eredi sotto forma di reddito di partecipazione. Questo perché la comunione ereditaria è fiscalmente assimilata alla società in nome collettivo se l'attività svolta è di tipo commerciale, oppure alla società semplice se l'attività è di tipo non commerciale o agricola.
Spetta al rappresentante legale della comunione ereditaria comunicare a ciascun erede il prospetto riepilogativo, che deve indicare le quote di reddito o perdita attribuite a ciascuno di essi, insieme alle relative ritenute d'acconto o crediti d'imposta.
Il reddito ottenuto dagli eredi viene considerato come reddito d'impresa e sarà soggetto ad imposizione fiscale secondo le normative previste per questa forma di reddito.
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2) Morte imprenditore individuale: gli eredi non continuano l'attività d'impresa
Se nessuno degli eredi del defunto intende continuare l'attività dell'impresa, si formerà nuovamente una comunione ereditaria. Tuttavia, a differenza della situazione in cui gli eredi decidono di continuare l'attività aziendale, in questo caso la comunione ereditaria avrà come unica finalità quella di godere dei beni che compongono l'azienda e percepirne i frutti. Questo è conforme all'articolo 2248 del codice civile, il quale stabilisce che l'elemento principale che caratterizza la comunione dei beni è il godimento esclusivo di una o più cose da parte dei singoli componenti.
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3) Morte imprenditore individuale: gli eredi vendono l'azienda
Se gli eredi decidono invece di vendere, anche parzialmente, l'azienda, tale cessione genererà un reddito diverso ai sensi dell'articolo 67, comma 1, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi. Di conseguenza, la plusvalenza derivante dalla vendita sarà soggetta a tassazione e sarà necessario dichiararla e pagarne le relative imposte.
In alcune situazioni specifiche, il verificarsi di determinate circostanze non costituisce realizzo di plusvalenza:
- lo scioglimento della comunione ereditaria entro cinque anni dall’apertura della successione;
- la costituzione della società tra gli eredi con l’acquisizione dell’azienda da parte di solo uno di essi, ai sensi dell’articolo 58 comma 1 del Tuir;
- l’intenzione degli eredi di non proseguire l’attività;
- la cessione gratuita da parte degli eredi dei beni che compongono l’azienda.
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4) Morte imprenditore di un'impresa coniugale o familiare: conseguenze
Le conseguenze della morte del titolare di un'impresa coniugale o familiare sono del tutto assimilabili a quelle derivanti dalla morte del titolare di un'impresa individuale. Sebbene l'attività d'impresa venga svolta con il supporto del coniuge o dei familiari, conformemente ai soggetti previsti dal codice civile, la titolarità dell'impresa appartiene unicamente all'imprenditore. Pertanto, saranno i soggetti facenti parte del suo asse ereditario a diventare gli eredi dell'impresa.
I familiari partecipanti all'impresa avranno diritto solamente a una quota parte dei beni o degli utili conseguiti durante l'esercizio dell'impresa, nonché al diritto di prelazione. Questo significa che, pur partecipando attivamente all'attività aziendale, il loro ruolo non conferisce automaticamente la titolarità dell'impresa, che viene invece trasmessa agli eredi legittimi del titolare deceduto.
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