Nessuna battuta d’arresto alle chiusure unilaterali dei rapporti di conto corrente e dei dinieghi all’apertura di nuovi rapporti da parte di Istituti Bancari e similari nei confronti di svariate categorie d’impresa che presentano un profilo di rischio di riciclaggio più elevato.
Sono questi gli ultimi riscontri che si registrano sul campo nonostante le disposizioni specifiche contenute nel D.lgs n° 231/07 (disciplina antiriciclaggio) che impattano sui richiamati Istituti, nonché gli ultimi aggiornamenti normativi e di prassi in materia che raccomandano una maggiore cautela.
Di seguito ulteriori dettagli.
1) Antiriciclaggio e chiusure conti correnti: le imprese coinvolte
Le principali categorie colpite dal fenomeno de-quo, che assume le connotazioni tipiche del de-risking, sono rappresentate da
- Case d’asta,
- Case da gioco,
- Operatori in valute virtuali,
- Fiduciarie e
- Operatori in Oro a partire da chi esercita la compravendita di oggetti preziosi usati (attività di compro oro).
Tanto, in assenza dell’esecuzione, di fatto, da parte delle Banche, delle disposizioni in materia antiriciclaggio con relativi esiti negativi, senza addurre alcuna scritta e fondata motivazione e in contrasto a disposizioni normative di natura costituzionale, di leggi ordinarie nazionali e di leggi comunitarie.
Gli ultimi riferimenti trasgrediti sono agli artt. 3 e 41 della carta Costituzionale (principio di uguaglianza e di libera iniziativa economica) e al D.lgs n. 231/07 che, all’art 17 e successivi, sancisce disposizioni in materia di esecuzione delle misure di adeguata verifica da parte delle Banche secondo un approccio basato sul rischio. In altri termini, nei confronti dei soggetti che presentano un profilo di rischio di riciclaggio più elevato, le Banche devono condurre controlli rafforzati (adeguata verifica rafforzata) che, solo dopo il loro effettivo espletamento, potrebbero giustificare esiti negativi riferiti all’instaurazione del rapporto bancario e/o al suo diniego.
2) Antiriciclaggio e chiusure conti correnti: il contributo di A.N.T.I.C.O.
Tale problematica è stata affrontata, già da tempo, dall’Associazione Nazionale Tutela Il Comparto Oro (A.N.T.I.C.O.) sul fronte legislativo, interlocutorio e operativo/giudiziario.
Sotto tale ultimo punto di vista, infatti, la citata Associazione, per il tramite dei sui Legali convenzionati, è stata la capofila delle azioni giudiziarie intraprese su tutto il territorio nazionale per il superamento delle criticità in esame impattanti in capo agli Operatori del settore aurifero; tanto, attraverso la promozione di procedimenti cautelari d’urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile che, nella maggior parte dei casi, hanno portato all’emissione di ordinanze favorevoli per i citati Operatori ricorrenti.
Nello specifico, numerosi tribunali aditi dall’Associazione hanno ordinato, in via cautelare, la sospensione dell’efficacia del recesso unilaterale dal rapporto di conto corrente esercitato da Primario Istituti bancari nei confronti di soggetti dediti alla compravendita di oggetti preziosi usati. Il tutto, condannando un sostanziale abuso delle facoltà riconosciute dalle condizioni generali di contratto “abuso del diritto” che configura così i presupposti per un irreparabile pregiudizio economico e patrimoniale per le parti ricorrenti, le quali, in mancanza del conto corrente, sarebbero materialmente e legalmente impossibilitate ad esercitare la propria attività; attività per ciò che attiene gli Operatori Compro Oro, ai sensi del D.lgs n° 92/2017, necessita di un conto corrente dedicato alle operazioni di compravendita di oggetti preziosi usati.
A fronte di tutto ciò, inoltre, non deve sottacersi la mancata osservanza da parte delle Banche delle ultime Linee Guida dell’EBA in materia di de-risking, già recepite dalla Banca d’Italia, nonché delle ultime raccomandazioni operative introdotte all’articolo 16-bis del D.lgs n° 231/07 dal D.L. Asset n° 104/2023 a seguito di un emendamento promosso dalla stessa Associazione A.N.T.I.C.O.
In particolare, in base al nuovo articolo 16 del D.lgs n° 231/07, le banche dovrebbero garantire che le loro procedure di mitigazione del rischio adottate nell’ambito della specifica attività esercitata, non siano tali da negare, in modo preventivo e generalizzato, l’accesso a prodotti e servizi di determinate categorie di soggetti in ragione della loro potenziale ed elevata esposizione al rischio di riciclaggio; così come succede da tempo per gli operatori del settore orafo, tra cui compro oro, e altre categorie di impresa tra cui le case da gioco, i Cambiavalute, gli Operatori in valute virtuali, le Fiduciarie, ormai finite in cluster stereotipati rappresentativi di rischio elevato.
L’auspicio, dunque, è che tale nuova misura produca gli effetti sperati con un sostanziale cambio di rotta inducendo le banche ad approfondire i controlli antiriciclaggio sui propri clienti al fine di discernere i soggetti potenzialmente a rischio da quelli che, legittimamente e nel rispetto della legge, possono continuare ad esercitare la propria attività. Tanto, per garantire l’erogazione di servizi finanziari essenziali così come da indicazioni delle Autorità comunitarie volte al raggiungimento dell’obiettivo di inclusione finanziaria. È bene, quindi, che gli Istituti più resistenti si allineino alle nuove raccomandazioni pena la soccombenza in sede giudiziaria legata ad una non appropriata gestione del “de-risking”.
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