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VALUTAZIONE RIMANENZE: IMPATTO DELLE NORMATIVE DI SOSTENIBILITÀ E DEI RISCHI CLIMATICI

Valutazione rimanenze: impatto delle normative di sostenibilità e dei rischi climatici

Bilancio: la valutazione delle rimanenze, indicatori e rischi climatici, determinazione del valore

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La chiusura dei Bilanci d’esercizio al 31 dicembre 2023 sta impegnando gli Organi di amministrazione e controllo, mentre il 2024 è già investito delle tante novità normative di fine anno 2023.

Le rimanenze di magazzino, al pari delle attività immobilizzate materiali e immateriali, potrebbero essere esposte a rischi di svalutazione se il loro costo si attesta inferiore al valore netto di realizzo. 

Agli effetti della nuova normativa di rendicontazione di sostenibilità, CSRD, e dell’emanando decreto che prevedibilmente entro il 6 luglio 2024 recepisce la CSRD in Italia, le politiche di valutazione delle attività e passività di bilancio dovranno tener conto anche degli indicatori dei rischi climatici, rischi fisici e/o di transizione

Alcuni esempi di indicatori che potrebbero determinare la perdita di valore e/o incidere sulla recuperabilità di valore delle rimanenze iscritte in bilancio sono:

  • un calo della domanda per una maggiore attenzione dei consumatori alla sostenibilità ecologica dei beni;
  • l’insorgere di fenomeni di obsolescenza per effetto delle sollecitazioni normative (rischio di transizione);
  • l’impatto sulla produzione di eventi climatici (rischio fisico);
  • lento rigiro delle rimanenze;
  • riduzione dei prezzi di vendita;
  • il ritiro dal mercato e la sospensione della produzione di alcune linee di prodotti per cambiamenti normativi;

Tutti i casi sopra citati, potrebbero condurre l’estensore del bilancio a valutare politiche di svalutazione e adeguamento del valore delle giacenze,  o di valutazioni della normale capacità produttiva, della continuità d’attività di segmenti di business dell’azienda, conformemente  ai principi contabili nazionali OIC (per le rimanenze OIC 13), e per e imprese IAS adopter, ai principi internazionali (per le rimanenze IAS 2). 

OIC 13

IAS 2

La normale capacità produttiva è la potenzialità dell’impianto a produrre con ragionevoli livelli di efficienza indipendentemente dalla disponibilità degli ordini. E’ inferiore alla capacità massima teorica in quanto sconta la deduzione dei tempi dei fermi per riparazione e per altre cause di interruzione non prevedibili.

Il mancato raggiungimento in un esercizio del livello di produzione normale è un componente negativo di reddito che non può essere differito all’esercizio successivo.

La normale capacità produttiva rappresenta la produzione che mediamente si prevede di realizzare durante un numero di esercizi o periodi stagionali in circostanze normali, tenuto conto della perdita di capacità derivante dalla manutenzione pianificata.

L’ammontare dei costi attribuito a ciascuna unità non aumenta in conseguenza di una bassa produzione o inattività degli impianti. Le spese generali non attribuite sono rilevate come costo nell’esercizio in cui sono sostenute.

 La stessa autrice ha già trattato le rimanenze di magazzino in altri contributi ai quali si fa rinvio per i punti qui non compresi - Adeguamento rimanenze di magazzino nei bilanci 2023. Cosa prevede la Finanziaria 2024.

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1) I criteri di valutazione delle rimanenze: OIC 13 e articolo 2426 c.c

L’OIC 13 fa riferimento alle disposizioni del Codice civile, ed in particolare all’articolo 2426 C.c. – Criteri di valutazione – che dispone: “le rimanenze (in generale) sono iscritte al costo di acquisto o di produzione, tenendo conto dell’eventuale minore valore di realizzo desumibile dall’andamento del mercato”. Si definiscono qui di seguito:

Costo di acquisto

Conformemente alla definizione del principio contabile OIC 13, comprende:

  • i costi accessori, ad esempio: i costi di trasporto, dogana, altri tributi direttamente imputabili a quel materiale; 
  • i resi, gli sconti commerciali, gli abbuoni e premi, che si portano in diminuzione dei costi;

 Nel caso di pagamento differito e a condizioni diverse rispetto a quelle normalmente praticate sul mercato, i beni sono iscritti in bilancio al valore corrispondente al debito determinato ai sensi dell’OIC 19, più gli oneri accessori. 

Costo di produzione

Comprende i costi diretti e i costi generali di produzione (indiretti) sostenuti nel corso della produzione e necessari per portare le rimanenze di magazzino nelle condizioni e nel luogo correnti per la quota ragionevolmente imputabile al prodotto relativa al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato. 

Con gli stessi criteri possono essere aggiunti qualora il finanziamento sia riferibile a un processo produttivo di durata pluriennale gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, interna o presso terzi. 

Gli interessi passivi possono essere inclusi:

  • limitatamente al periodo di produzione (solo rimanenze autoprodotte);
  • sempreché l’onere degli interessi sia stato realmente sostenuto nell’esercizio;
  • il costo più gli interessi non ecceda il valore netto di realizzo e la capitalizzazione sia menzionata in nota integrativa.

Si escludono i costi di distribuzione.

Le componenti tipicamente identificabili come componenti del costo di produzione possono riassumersi, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, in: 

  • costi inerenti ai materiali utilizzati, ivi inclusi i trasporti su acquisti; costo della manodopera diretta, inclusivo degli oneri accessori; imballaggi; costi per servizi direttamente riferibili al processo di fabbricazione; costi relativi a licenze di produzione, costi diretti;
  • costi relativi a stipendi, salari e relativi oneri riguardanti la manodopera indiretta, costi della direzione tecnica dello stabilimento; ammortamenti di beni materiali e immateriali che contribuiscono alla produzione; manutenzioni e riparazioni; materiali di consumo; altri costi effettivamente sostenuti per la lavorazione di prodotti: gas metano, acqua, manutenzione esterna, servizi di vigilanza, ecc..

Con riferimento ai costi generali salve le caratteristiche peculiari del processo produttivo di ogni singola società, è possibile individuare dei parametri di ripartizione come:

  • le ore dirette di mano d’opera; 
  • il costo della mano d’opera diretta; 
  • le ore macchina; 
  • il costo primo (cioè, il materiale diretto e la mano d’opera diretta).  In alcuni casi può essere appropriato utilizzare percentuali di assorbimento per reparto o gruppi di reparti.

Il valore netto di realizzo desumibile dall’andamento del mercato

E’ il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell'attività al netto dei costi stimati di completamento nonché di quelli stimati necessari per realizzare la vendita. Ai fini della determinazione del valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, occorrerà tenere conto, tra l’altro, del tasso di obsolescenza e dei tempi di rigiro del magazzino.

La scelta del valore da iscrivere in bilancio: esempio

Il valore delle rimanenze da iscriversi in bilancio è il valore netto di realizzo desumibile dall’andamento del mercato se minore rispetto al costo di acquisto o produzione (articolo 2426, numero 9, c.c.) 

Un esempio di applicazione del principio del "minor valore tra costo e mercato"


A
B
C
D
Costo storico1000100010001000
Prezzo vendita120010301000900
Valore netto di realizzo1100930900800
Valutazione del prodotto finito in magazzino “Z”1000930900800

La determinazione dei costi di prodotto è soggetta all'identificazione dei criteri di imputazione dei costi comuni a più prodotti e può essere assunto quale costo medio ponderato, LIFO, FIFO, o costo specifico (beni fungibili, articolo 2426, numero 10).

Della stessa autrice leggi anche:

2) Valutazione rimanenze: alcune raccomandazioni ed esempi

Il valore netto di realizzo è il prezzo di vendita stimato nel normale svolgimento dell’attività al netto dei costi stimati di completamento, nonché di quelli stimati necessari per realizzare la vendita. 

In generale, la prassi per svalutare le rimanenze al di sotto del costo fino al valore netto di realizzo è coerente con la considerazione che i beni non possono essere iscritti a un valore eccedente l’ammontare che si prevede di realizzare dalla loro vendita o dal loro uso. 

Effettuare una svalutazione al valore di netto realizzo per la categoria delle rimanenze di materie prime e degli altri materiali in giacenza comporta l'individuazione del corretto valore di mercato. 

Non sempre, infatti, si deve procedere ad una svalutazione per adeguare le rimanenze al valore di mercato qualora il costo di sostituzione, di riacquisto o di riproduzione, sia inferiore al costo di acquisto

Vi possono essere casi, come l’esempio di seguito rappresentato, in cui pur essendo il costo di sostituzione inferiore al costo storico, quantità normali di materie prime e di semilavorati possono essere impiegate per la realizzazione di un prodotto finito che presenta un valore di mercato (o valore netto di realizzo) uguale o superiore al costo storico di produzione. 

In tal caso, dunque, non si procederebbe alla svalutazione del valore delle giacenze di materie al costo di sostituzione, ma si lascerebbe inalterato il costo storico, recuperabile con la futura vendita del prodotto finito. È però necessario che la realizzazione del prodotto finito a quelle condizioni sia oggettivamente documentabile e verificabile.

Esempio: se relativamente alla materia prima X si considerano i seguenti dati:

Costo di acquisto della materia prima

Costo di sostituzione della materia prima

€ 1.100,00

€ 880,00

Dato che il costo di sostituzione è inferiore al costo storico di acquisto, in prima approssimazione sembrerebbe di dover adeguare il valore della materia prima a € 880,00 unitario; di fatto è necessario però considerare anche il valore di netto realizzo del prodotto finito alla cui realizzazione partecipa la materia X:


Materia prima = Costo di acquisto

Materia prima = Costo di sostituzione

Costo materia prima  X

1.100,00

880,00

Altri oneri  di produzione stimati

450,00

450,00

Costo di produzione del prodotto finito

1.550,00

1.330,00

Valore netto di realizzo del prodotto finito

1.700,00

1.700,00


Valore da attribuire alla materia prima X ancora da destinare al prodotto finito Y

1.100,00

Nell’ipotesi rappresentata il valore netto di realizzo consente di recuperare il costo della materia prima X, più gli altri oneri di produzione stimati per la realizzazione del prodotto finito. Pertanto non si deve adeguare il valore delle giacenze di materia prima X al minor costo di sostituzione, nonostante il costo storico di acquisto sia maggiore, esso viene mantenuto inalterato.

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3) Svalutazione e trattamento contabile

La valutazione del valore netto di realizzo va effettuata in ciascuna chiusura contabile. 

La svalutazione è soltanto una conseguenza del calcolo che non compare nel conto economico come tale, bensì come variazione negativa delle classi di rimanenze in oggetto. Qualora tale variazione negativa sia rilevante, occorre darne informazione nella nota integrativa.  

Se, negli esercizi successivi, il minor valore non può essere mantenuto, in quanto ne sono venuti meno i motivi, occorre ripristinare il valore originario. 

Fiscalmente, la svalutazione delle rimanenze non assume rilevanza autonoma (e quindi non è deducibile) fino a quando la svalutazione stessa verrà realizzata dall'impresa attraverso la vendita o la rottamazione della merce già svalutata in bilancio. 

Fino ad allora la svalutazione incide indirettamente, riducendo il valore delle rimanenze.

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