È interessante l’ordinanza n. 2595 della Corte di cassazione emessa il 29.1.2024: l’Agenzia delle entrate e Equitalia Sud. S.p.A. avevano proposto separati appelli che erano stati oggetto di separata decisione da parte della Commissione tributaria regionale della Calabria la quale aveva depositato due sentenze una delle quali aveva rigettato l’appello proposto dall’ufficio impositore e l’altra, invece, aveva accolto quello dell’agente della riscossione.
L’Agenzia delle entrate aveva impugnato la sentenza che la aveva dichiarato soccombente argomentando a proprio favore il giudicato che aveva accolto le ragioni dell’ agente della riscossione, che era passato in giudicato.
L’ordinanza premette che “la medesimezza della regiudicanda non obnubila il dato insuperabile dell’alterità dei soggetti, sul lato delle parti pubbliche, intervenuti nei due giudizi di appello”.
Di seguito ulteriori dettagli.
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1) Impugnazione atto esecutivo e rapporto tra AdE e agente della riscossione: il caso
L’Agenzia delle entrate e l’agente della riscossione sono due distinte e separate agenzie fiscali, tra le quali, sul piano di diritto sostanziale, intercorre un rapporto di delegazione in base al quale la seconda è il destinatario del pagamento in quanto la prima la ha autorizzata a riscuotere la pretesa fiscale.
Le parti sono ben distinte tanto che l’art. 39 del d.lgs. 13.4.1999, n. 112, afferma che “il concessionario nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.
Secondo l’art. 2909 c.c. “l’accertamento del contenuto della sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”.
In base a tale principio, se è stato impugnato un atto esecutivo e la sentenza che ha accolto le ragioni del contribuente è stata oggetto di separati appelli che sono stati discussi e decisi dal collegio giudicante nella medesima udienza per cause rubricate separatamente ed oggetto di pronunce separate e diverse, cioè una di accoglimento dell’appello e l’altra di rigetto dell’appello, nel giudizio di cassazione l’Agenzia delle entrate soccombente non può invocare l’estensione del giudicato favorevole all’agente della riscossione in quanto mancano i presupposti fissati dall’art. 1306 c.c. poiché l’ente impositore e l’agente della riscossione non sono creditori in solido né sono concreditori a causa del rapporto di delegazione.
L’ordinanza ha enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di impugnazione … di un atto esecutivo, qualora, a fronte di un’unica sentenza di primo grado sfavorevole all’Agenzia delle entrate e ad Equitalia, ciascuna abbia proposto separati appelli, discussi e decisi, in cause rubricate sotto diversi numeri di ruolo ed esitate in pronunce contrapposte, l’una di rigetto dell’appello dell’Agenzia delle entrate e l’altra di accoglimento di quello di Equitalia, l’Agenzia, nel proporre ricorso per cassazione, non può giovarsi della sentenza favorevole ad Equitalia nel frattempo passata in giudicato, attesa l’alterità soggettiva tra essa ed Equitalia, che è “ente strumentale” della prima, “ex lege” incaricato ed autorizzato a ricevere i pagamenti per conto della medesima, senza che, ai fini dell’estensione dell’efficacia del giudicato, ricorrano le condizioni di cui all’art. 1306 c.c., non rivestendo i due distinti soggetti, proprio in ragione del rapporto di delegazione tra loro intercorrente, la qualifica di creditori solidali”.
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2) Impugnazioni atto esecutivo e rapporto AdE - agente riscossione: nuova ipotesi di liticonsorzio
Il rapporto Agenzia delle entrate-agente della riscossione è entrato di attualità nel processo tributario.
Il comma 6-bis dell’art. 14 del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, introdotto con l’art. 1, comma 1, lett. d), del d.lgs. 30.12.2023, n. 220, ha introdotto una nuova ipotesi di litisconsorzio: se i vizi di notificazione sono eccepiti nei riguardi di un atto presupposto da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, il ricorso deve essere proposto nei confronti di entrambi i soggetti.
In questa maniera il legislatore ha individuato un unico processo evitando la pluralità di giudizi sul medesimo atto, ma solo se sono presenti le due duplici condizioni, dimenticando che la Corte di cassazione aveva già chiarito la problematica
- con la sentenza 25.7.2007, n. 16412 (oggetto dei chiarimenti forniti con la circolare 17.7.2008, n. 51/E) e
- con la sentenza 25.11.2011, n. 24927 (oggetto dei chiarimenti forniti con la circolare 12.4.2012, n. 12/E).
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