Con nota del 18 gennaio 2024 la CEI ha fornito chiarimenti in tema di IMU ed immobili degli enti ecclesiastici. In particolare, si rimanda alla norma di interpretazione autentica contenuta nella legge di Bilancio 2024 che specifica le ipotesi di esenzione IMU per gli ENC.
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1) Esenzione IMU Enti religiosi: uso promiscuo e immobili concessi in comodato
La nota della CEI si sofferma anche sull’ipotesi dell’uso promiscuo dell’immobile o qualora lo stesso sia concesso in comodato d’uso gratuito.
In caso di utilizzazione mista (parte esente, parte imponibile) e qualora non sia possibile distinguere catastalmente il fabbricato, l'esenzione si applica in proporzione all'utilizzazione non commerciale dell'immobile quale risulta da apposita dichiarazione.
Tale rapporto proporzionale è determinato con riferimento:
- allo spazio: il criterio della superficie è semplice da applicare, ma solo quando una medesima unità immobiliare è ripartita in più ambienti, ciascuno utilizzato esclusivamente per una attività (o esente o imponibile).
- al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali ovvero non commerciali
- al tempo: il criterio del tempo considera come unità di misura minima la “giornata”.
Sulla specifica questione, invece, relativa all’esenzione dall’IMU per l’immobile di proprietà di un ente ecclesiastico dato in comodato d’uso gratuito ad altro ente non commerciale si rappresenta, anzitutto, la novità, di fondamentale importanza, prevista dal comma 777 della Legge di Bilancio 2020 (L. n. 160/2019), che ha stabilito per i singoli Comuni la possibilità di definire con proprio regolamento l’esenzione da IMU dell’immobile concesso in comodato d’uso gratuito a un ente non commerciale.
Inoltre, si ricorda che con legge Bilancio 2024 (n. 213 del 30.12.2023) è stata introdotta una norma di interpretazione autentica che, dunque, fornisce un criterio interpretativo valido ex tunc, anche per il passato.
Per cui:” gli immobili si intendono posseduti anche nel caso in cui sono concessi in comodato a un soggetto di cui all’articolo 73, comma 1, lett. c), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente, a condizione che il comodatario svolga nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’art. 7, comma 1 lett. i) del D.lgs. 504/1992, con modalità non commerciali”.
Questo consente altresì di estendere ai possessori degli immobili utilizzati per attività di rilevanza sociale (cioè, quelli destinati esclusivamente allo svolgimento - con modalità non commerciali - delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive e di religione e culto) l’esenzione prevista dalla lettera g) del comma 759 della L. 160/2019 a condizione che il comodatario:
- sia soggetto “funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente”
- “svolga nell'immobile esclusivamente le attività previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, con modalità non commerciali”.
In pratica, occorre la dimostrazione del collegamento funzionale o strutturale tra i soggetti, tra i quali viene stipulato il contratto di comodato nonché la destinazione dell’immobile alle attività indicate. Al ricorrere di queste condizioni, anche nell’ipotesi di concessione del bene immobile in comodato, l’ente ha diritto all’esenzione IMU anche, a prescindere dal regolamento Comunale.
In sintesi, si può confermare il diritto all’esenzione dall’IMU per gli enti ecclesiastici che diano in comodato d’uso gratuito ad altro ente non commerciale un proprio immobile:
- nel caso in cui il Comune, con proprio regolamento, lo preveda espressamente (ai sensi del comma 777 della L. n. 160/2019).
- nel caso in cui il comodatario sia soggetto funzionalmente o strutturalmente collegato al concedente e svolga nell'immobile esclusivamente le attività previste dall'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 504, con modalità non commerciali (come previsto dal comma 71 dell’art. 1 della L. n. 213/2023).
Al di fuori di queste ipotesi disciplinate per legge, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità impone cautela, richiedendo, per poter godere dell’esenzione, che vi sia coincidenza tra l’Ente proprietario e l’Ente che utilizza l’immobile.
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2) Le pertinenze della Chiesa: la casa canonica del parroco
Possono essere ricondotti nella nozione più ampia di edificio di culto anche le pertinenze della Chiesa (quale edificio di culto principale) e pertanto meritevoli dell’esenzione IMU. La definizione di “pertinenza” non riguarda né esclude particolari categorie catastali; e comprende anche l’abitazione del parroco e quelle degli altri sacerdoti addetti alla parrocchia, l’oratorio e le altre strutture del complesso parrocchiale in cui la parrocchia svolge direttamente le proprie attività istituzionali e che si ponga con essa in rapporto di strumentalità (si veda Ris.9/1178 del 12.12.1992; Ris.1/DF/2004); non è meramente “nominalistico”, ma dipende dall’effettivo utilizzo.
A mero titolo esemplificativo, rientrano tra le pertinenze, da specificare distintamente della Dichiarazione IMU:
- la sacrestia, il battistero, il campanile,
- i locali adibiti a ufficio o ad abitazione dei sacerdoti o degli addetti di culto,
- quelli utilizzati per le opere pastorali connesse al culto, come, ad esempio, i locali adibiti a ufficio amministrativo,
- quelli utilizzati per le opere pastorali connesse alla Chiesa e al culto che in essa si celebra, nonché quelli adibiti a sede dei comitati missionari parrocchiali.
- quelli utilizzati come abitazione del parroco o del rettore.
Proprio con riferimento ai locali utilizzati dal parroco come abitazione principale, fermo il punto stabilito dalla giurisprudenza (Corte di cassazione 17.10.2005, n. 20033) per cui non assume rilievo, ai fini dell’esenzione, che “il parroco abbia la residenza anagrafica in altro comune o comunque non risieda, temporaneamente, in quella casa”, tuttavia, occorre giustificare quelle situazioni in cui l’allontanamento del parroco dalla casa canonica, per un tempo sensibilmente lungo, non faccia comunque venir meno la strumentalità del bene pertinenziale all’edificio. In altri termini, per conservare il diritto all’esenzione occorre provare che il periodo di inutilizzo sia, ad esempio, legato ad una contingente necessità o che sia legato ad un trasferimento momentaneo.
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