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ESENZIONE IMU PER GLI ENTI RELIGIOSI: CHIARIMENTI DELLA CEI

Esenzione IMU per gli enti religiosi: chiarimenti della CEI

CEI, Conferenza Episcopale Italiana: per gli enti non commerciali, come le parrocchie, è previsto l'obbligo di dichiarazione IMU ogni anno anche se gli immobili sono esenti

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Con nota del 18 gennaio 2024 la CEI ha fornito chiarimenti in tema di IMU ed immobili degli enti ecclesiastici. La nota integra e completa le istruzioni connesse al nuovo modello IMU per gli ENC emanate con decreto 4 maggio 2023 (v. l’articolo di Moroni F., IMU enti non commerciali: approvato il nuovo modello, pubblicato il 9 maggio 2023).

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1) Esenzione IMU per gli enti religiosi: termini e soggetti tenuti alla dichiarazione IMU

La nota in oggetto ribadisce come la presentazione della dichiarazione IMU con cadenza annuale riguardi gli enti non commerciali indicati alla lett. g) dell’art. 1, comma 759 L. 160/2019. Tra questi, per espresso richiamo ivi contenuto all’art. 7, comma 1, lett. i), D.lgs. n. 504\1992, figurano anche gli enti religiosi - enti di cui all’art. 73, comma 1, lett. c) del T.U.I.R - che possiedono gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali delle attività di cui all’art. 16, lett. c) della L. n. 222/1985. 

Pertanto, per gli enti non commerciali – come, ad esempio, le parrocchie - è previsto l’obbligo di presentazione della dichiarazione IMU ogni anno, indipendentemente dal fatto che si siano o meno verificate variazioni che comportano un diverso ammontare dell’imposta. 

Di conseguenza, vige l’obbligo di presentazione della dichiarazione IMU con cadenza annuale anche se gli immobili posseduti e/o utilizzati sono esenti.

In ogni caso, si precisa che, in ipotesi di omessa dichiarazione non è prevista la perdita dell’esenzione (ove spettante), ma verrà irrogata una sanzione amministrativa dal 100 al 200 per cento dell’imposta dovuta con un minimo di 51 euro.

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2) Esenzione IMU per gli enti religiosi: tipologie di immobili esenti

Si ribadisce che anche per gli immobili posseduti o utilizzati dagli enti non commerciali e individuati dall’art. 1, comma 759, lett. g), L. n. 160/2019 come esenti, la dichiarazione IMU ENC deve essere presentata ogni anno. 

In base all’art. 7 del decreto legislativo 504/1992, dunque, risultano esenti: 

- Lett. b): i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (tra cui gli edifici di culto, rientranti nella categoria E/7); 

- Lett. d): fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e le loro pertinenze; 

- Lett. i): «gli immobili utilizzati dai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), T.U.I.R. destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali (…) delle attività di cui all’articolo 16, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222 (cioè, le predette attività di religione o di culto).

Si riportano quindi di seguito casi specifici di immobili esenti.

  1. Edificio Chiesa: su tale tipologia di immobile, non sussistono dubbi con riguardo all’esenzione dal pagamento dell’imposta in quanto è accatastato con categoria E/7 (lett. b); è un edificio di culto (lett. d); infine, è un edificio ove si svolge l’attività di religione e culto (lett. i).
  2. Altri edifici di culto e pertinenze della Chiesa, quale edificio di culto principale. A titolo esemplificativo rientrano tra gli edifici di culto diverse tipologie di locali e fabbricati, quali la sacrestia, il battistero, il campanile, i locali adibiti a ufficio o ad abitazione dei sacerdoti o degli addetti di culto, quelli utilizzati per le opere pastorali connesse al culto, come, ad esempio, i locali adibiti a ufficio amministrativo, quelli utilizzati come abitazione del parroco o del rettore. 

Ai fini dell’esenzione IMU, con legge Bilancio 2024, (L.12.2023 n. 213) è stata introdotta una norma di interpretazione autentica (con efficacia ex tunc) con cui viene chiarito che “gli immobili si intendono utilizzati quando sono strumentali alle destinazioni di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 504 del 1992, anche in assenza di esercizio attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della strumentalità” (art.1, comma 71, lett. B).

Da questo fondamentale chiarimento normativo, ne deriva che la strumentalità dell’immobile alla destinazione di cui al richiamato art. 7 prescinde da un esercizio attuale delle attività, sempre che tale assenza non sia indicativa di una definitiva perdita di collegamento strumentale. 

Pertanto, si può ipotizzare che la strumentalità si perda quando l’immobile subisca trasformazioni così radicali da non poter più essere considerato strumentale alle attività di religione o di culto o alle altre attività che garantiscono l’esenzione quando condotte con modalità non commerciali; oppure quando, già prima del periodo di inutilizzo, lo stesso immobile non fosse più stato adibito a tali attività che garantiscono l’esenzione (si pensi, ad esempio, ad un immobile in origine usato per attività di catechismo, successivamente locato e poi di fatto non utilizzato, tenuto sfitto). 

In tali ipotesi, la strumentalità ricorre tutte le volte in cui gli immobili parrocchiali siano utilizzati, anche per brevi periodi ma con continuità durante tutto l’anno e, comunque, senza compiere scelte incompatibili con la chiara e dimostrabile volontà di non scindere il legame con la destinazione di religione o di culto che si imprime al bene. 

Così, ad esempio, anche nel caso in cui, come sovente accade, le canoniche non più abitate da un sacerdote vengano utilizzate come ufficio o archivio parrocchiale o, ancora, per ospitare ritiri e incontri di catechesi. 

Di conseguenza, ricorrendo i ciati presupposti, è sempre richiesta la presentazione annuale della dichiarazione IMU e la conservazione della documentazione utile a provarne l’utilizzo (ad es. bollettini parrocchiali riportanti le attività svolte).

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3) Rami ETS di enti religiosi: “non commercialità” e “strumentalità”

A fronte di quanto detto sopra, relativamente al presupposto di “non commercialità” e “strumentalità” dell’attività svolta nell’immobile meritevole dell’esenzione, è bene dire che l’Ente dovrà rapportarsi con la norma di riferimento. Ad esempio, il ramo ETS di un ente religioso dovrà fare riferimento alle disposizioni del Codice del Terzo Settore, CTS. Si ricordano in breve i principali riferimenti normativi:

  • l’art. 79, CTS, specifica i parametri quantitativi per la categorizzazione dell’attività svolta in “commerciale” / “non commerciale” e le altre condizioni che definiscono la natura dell’ente “non commerciale”;
  • gli artt. 2 ,3, 6, CTS, definiscono le attività strumentali (alle attività di interesse generale di cui all’art. 5, CTS)) e i caratteri quantitativi che ne determinano la secondarietà. 

Schema di sintesi (per approfondimenti, delle stesse autrici si veda l'ebook Gli enti religiosi nel terzo settore)

Attività

Non commerciale

Commerciale

Attività di interesse generale, art. 5, CTS

a) le prestazioni sono gratuite; 

b) se Ricavi < Costi; 

c) se Ricavi > Costi <5% per non oltre due anni

Se non rispetta le regole. Non commerciale (colonna sinistra)

Attività diverse, art. 6, CTS

 

Sempre di natura commerciale

Raccolte pubbliche/contributi AP- comma 4 art. 79, CTS

Sempre di natura non commerciale

 

Ricerca scientifica-art. 5, comma 1, lettera h, CTS

sempre di natura non commerciale

 

Attività comma 1,

 art. 5, CTS

sempre di natura non commerciale

 

Criterio della prevalenza comma 5 art. 79, CTS

Se il rapporto tra

Entrate non commerciali/Proventi Commerciali >1

Se il rapporto tra

Entrate non commerciali/Proventi Commerciali <1


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Fonte immagine: Foto di Peter H da Pixabay
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