Il nuovo scenario prospettato dalla riforma fiscale ha aperto la strada alla digitalizzazione dei procedimenti e dei processi in materia tributaria estendendo l'innovazione anche al contenzioso tributario. In arrivo la giustizia predittiva con l'utilizzo di un algoritmo la cui creazione non può prescindere dall'elemento umano cioè le istruzioni che vengono fornite.
Di seguito, ulteriori dettagli.
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1) La digitalizzazione nell'ambito tributario
La legge delega 9.8.2023, n. 111, di riforma fiscale ha aperto la strada alla digitalizzazione dei procedimenti e dei processi in materia tributaria mediante l’utilizzazione di tecnologie idonee facendo affidamento ai sistemi di intelligenza artificiale.
L’attuale procedura dell’accertamento è caratterizzata da un approccio personale alla verifica che ha come cardini il documento o la scrittura contabile, con la conseguente contrapposizione tra la verità e la irregolarità/falsità, l’intuito e la preparazione del verificatore, connessi all’aspetto soggettivo e alla discrezionalità del medesimo.
Il nuovo scenario ipotizzato è molto più semplice poiché viene utilizzato un algoritmo contraddistinto
- dalla centralizzazione delle informazioni,
- dalla standardizzazione dei dati e
- da un risultato finale privo di sfumature applicando il metodo vero/falso, nel quale l’aspetto soggettivo del funzionario non viene a mancare ma la valutazione personale è più sfumata.
L’innovazione viene ad essere estesa anche al contenzioso tributario come si evince dall’obiettivo, previsto dall’art. 19 della legge, di informatizzare la giustizia tributaria (lett. c) e di garantire che le sentenze tributarie presenti nelle banche dati della giustizia tributaria siano accessibili a tutti (lett. i).
Dalla lettura della norma si intuisce la futura presenza di una giustizia predittiva: il contribuente che vuole contestare l’atto impositivo può verificare, accedendo alla banca dati, la probabilità di accoglimento del ricorso considerando gli esiti di base di un algoritmo che è riferito ad una molteplicità di sentenze pregresse che sono state oggetto di massime redatte secondo criteri standard. Ma lo strumento è utile anche per il giudice che accedendo alla banca dati dispone di un quadro di rifermento sufficientemente attendibile ma non obbligatorio poiché è la sua valutazione dei fatti di causa sottoposti alla sua attenzione ad essere espressa nella sentenza anche discostandosi del tutto da quanto è proposto dall’intelligenza artificiale, che costituisce un semplice dato di consultazione e di riferimento, anche opinabile.
La standardizzazione del processo ha già inizio con il ricorso introduttivo che, sia per i criteri di redazione sia per i limiti dimensionali sia per le tecniche redazionali, deve essere conforme a quanto è previsto dal d.m. 7.8.2023, n.110, del Ministero della giustizia che trova applicazione anche nel d.lgs. 31.12.1992, n. 546.
Nel processo tributario telematico deve essere tenuto in debito conto l’art. 46 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile: “il mancato rispetto delle specifiche tecniche sulla forma e sullo schema informatico e dei criteri e limiti di redazione dell’atto non comporta invalidità, ma può essere valutato dl giudice ai fini della decisone delle spese del processo”. In definitiva, l’inosservanza formale, anche se minima, può annullare, con gioia del contribuente, l’atto impugnato ma, con pure rabbia, poiché l’ente impositore può non essere condannato a pagare le spese processuali. Anche i giudici devono osservare il d.m.: i provvedimenti devono essere chiarì e sintetici.
La finalità del d.lgs. è l’individuazione e la costruzione e la manutenzione di un algoritmo che possa guidare la decisione del giudice mediante uno strumento affidabile in quanto certo, conoscibile e univoco che sia applicato in maniera omogenea.
In altri termini, si va verso la creazione di un modello che possa migliorare e uniformare le sentenze attingendo alla digitalizzazione delle massime per pervenire alla formalizzazione dell’algoritmo e al suo aggiornamento, secondo il progetto PRODIGIT.
Ai fini dell’accertamento, l’intelligenza artificiale vuole individuare i contribuenti che presentano un elevato rischio di evasione, di frode o di elusione fiscale. Secondo gli intendimenti, la verifica non scaturisce automaticamente dall’algoritmo e con valenza assoluta poiché è oggetto di un riesame che valuti l’opportunità di avviare o meno un’attività di istruttoria e le sue modalità. Il punto di partenza per l’accertamento è rappresentato dalle banche dati cui accede l’amministrazione finanziaria ma non i dati giudiziari.
La condizione è ben diversa nell’ambito del contenzioso tributario poiché va a prefigurare l’applicazione di metodi di misurazione di sentenze, esaminandole e massimizzandole, che porta a trasformare decisioni - che pur avendo apparentemente lo stesso oggetto in realtà presentano anche propri connotati - in linguaggio informatico e statistico che è sintetizzato nell’algoritmo che porta anche ad ipotizzare e valutare l’esito futuro della controversia.
In altri termini, il fine è di ridurre la discrezionalità della sentenza, deflazionando il contenzioso.
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2) Intelligenza artificiale e giustizia predittiva: le istruzioni preliminari
Il punto di partenza sono le sentenze di merito emesse in primo e secondo grado che non sono uguali e che rappresentano un dato certo giuridicamente, in quanto pubbliche, libere gratuite.
La creazione dell’algoritmo non può prescindere dall’elemento umano cioè le istruzioni che vengono fornite. L’iniziativa è avviata in base al progetto PRODIGIT a cui partecipano il dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze e il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria (CPGT) il cui obiettivo è perseguito attraverso attività progettuali e realizzative affidate alla società in house del Ministero SOGEI S.p.A.
Le attività comprendono la digitalizzazione delle attività e del sito web del CPGT, l’adozione di sistemi innovativi per le attività dei giudici tributari e la sperimentazione di un modello di prevedibilità della decisione con il supporto di strumenti di intelligenza artificiale e l’implementazione della banca dati nazionale di giurisprudenza tributaria, contenente le sentenze di merito integrali oscurate, che sono pubbliche e gratuite e liberamente accessibili.
I dati inseriti, ovviamente, dipendono dall’interpretazione del programmatore che traduce in termini informatici il contenuto delle massime delle sentenze di merito che non sono tutte uguali, seppure giuridicamente rappresentano un elemento di certezza costituito dalla decisione. Da qui deriva l’algoritmo la cui validazione consente alle parti di verificare, mediante parole chiave, le prospettive di avviare e coltivare il contenzioso (confidando sull’accoglimento delle proprie ragioni), ovvero di rinunciarvi (prendendo atto delle scarse e nulle probabilità di vittoria dell’impugnazione) sulla base dell’acquisita conoscenza del giudizio di primo e di secondo grado, del tipo di contribuente, del valore della controversia e di altri eventuali elementi.
La standardizzazione comporta lo stato di preoccupazione sulle modalità di costruzione degli algoritmi poiché poterebbero essere influenzati da sentenze emesse in un quadro normativo oramai superato oppure da errori non solo giurisprudenziali o da decisioni estemporanee o anche dalle difficoltà di traduzione delle parole che sono espresse secondo il linguaggio giuridico, in sentenze espresse in linguaggio informatico.
Le difficoltà interpretative sono evidenti, ad esempio, in materia di notifiche. Ma ciò è presente anche per altri argomenti tra i quali spiccano anche le società a ridotta base sociale dove le argomentazioni a favore del fisco spaziano dall’unica colpa di essere socio in una società a responsabilità limitata con numero ristretto di soci e da motivazioni che legittimano l’accertamento applicando le regole in materia di società di persone, che confondono la mancata deduzione fiscale di un costo che diventa dividendo per i soci, che, esulando dal caso specifico, riproducono giurisprudenza anche non pertinente, ecc. mentre per contro quelle a favore dei soci evidenziano la qualifica di semplice socio di partecipazione senza essere amministratore, il mancato coinvolgimento nella fase istruttoria della formazione dell’atto impositivo, ecc.
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3) Intelligenza artificiale e giustizia predittiva: massimizzazione delle sentenze
La massimizzazione delle sentenze non può prescindere dalla selezione e dall’analisi delle stesse procedendo all’estrazione e alla sintesi del principio di diritto e con la pubblicazione dell’esito. In altri temini, la correttezza dell’algoritmo e la qualità della massima comportano la necessità che siano garantiti i requisiti di qualità, imparzialità e trasparenza dei dati utilizzati. In questa cornice vanno tenute in debito conto anche le caratteristiche procedurali ed oggettive del processo (ad es., l’inammissibilità, ecc.), la rilevanza della materia del contendere e l’onnicomprensività dei pronunciamenti, cioè le sentenze che esprimono un determinato orientamento e le sentenze che lo smentiscono.
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4) Intelligenza artificiale e giustizia predittiva: gli atti giudiziari
Un passo sostanziale verso la standardizzazione e la digitalizzazione del processo è costituito dal d.m. 7.8.2023, n. 110, del Ministero della giustizia che definisce i criteri di redazione, i limiti e gli schemi informatici degli atti giudiziari (compresi i provvedimenti giurisdizionali) nel processo civile, norma che è recepita in quello tributario per effetto dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 31.12.1992, n. 546. Pertanto, sia le parole chiare che individuano l’oggetto del contendere ma anche gli schemi informatici sono di supporto per l’alimentazione e la consultazione dell’algoritmo in modo rapido.
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5) Intelligenza artificiale e giustizia predittiva: la sentenza
La giustizia predittiva non può essere considerata uno strumento che crea il diritto in quanto, secondo la Costituzione, “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” (art. 101).
In pratica, pur se all’algoritmo sono associati la normativa e l’elenco delle sentenze che sono state oggetto della massimizzazione, il giudice può discostarsene prescindendo dal contenuto proposto con apposita motivazione avente per oggetto la controversia esaminata.
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