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IL GREENWASHING: INQUADRARLO PER RICONOSCERLO

Il greenwashing: inquadrarlo per riconoscerlo

Politiche green ingannevoli. Si a pratiche di responsabilità sociale e di sostenibilità ambientale come fonte di vantaggio competitivo. Evitare l'ecologismo di facciata

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La sostenibilità, la responsabilità sociale di impresa e in generale le tematiche ESG sono ricorrenti in molti dibattiti e compaiono in ogni discussione economica, politica e sociale.

Visto che essere sostenibili nei confronti dell’ambiente è una fonte potenziale di vantaggio competitivo, l’integrazione di pratiche di responsabilità sociale e di sostenibilità ambientale diventerà sempre più importante e sarà necessario poter dimostrare di esserlo lungo tutta la catena di fornitura. L’Europa in tal senso si sta predisponendo ad approvare, non senza resistenze, la direttiva CSDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive o Supply Chain Act) che fondamentalmente renderà necessario rendicontare gli impatti sociali e ambientali lungo l’intero processo di produzione e distribuzione.

Molte imprese nel tempo si sono macchiate di episodi che hanno portato in luce una comunicazione sulla sostenibilità che nascondeva cattive prassi aziendali: parliamo del greenwashing.

Di seguito ulteriori approfondimenti.

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1) Cos’è il greenwashing

Il Greenwashing è una sorta di responsabilità sociale o di ecologismo di mera facciata; quel tipo di strategia usata dalle imprese che comunicano l’adozione di politiche “green” in modo ingannevole al solo fine di aumentare la propria reputazione presso il pubblico e vendere più prodotti.

Uno studio interessante (The Drivers of Greenwashing - Magali A. Delmas, Vanessa Cuerel Burbano - University of California, Berkeley) sostiene che negli ultimi anni è diventata sempre più importante l'incidenza del greenwashing; un’incidenza negativa, purtroppo, perché può ridurre la fiducia dei consumatori e degli investitori nei prodotti “verdi”. Mitigare il greenwashing è impegnativo in un contesto di regolamentazione limitata e in divenire (nonostante la presenza di alcuni standard internazionali di rendicontazione), ma è fondamentale.

Capire e riconoscere il greenwashing, oltre che scoraggiarlo, consente ai consumatori e in genere agli operatori economici di distinguere le imprese che operano in modo corretto e attento, internalizzando gli aspetti negativi del proprio business, da quelle che invece sfruttano la comunicazione sulla sostenibilità pur essendo lontane e distante dall’essere ESG compliant.

L’aumento dei consumi di prodotti e beni “etici e verdi” porta ad aumentare la frequenza di utilizzo di comportamenti greenwashing, da parte di alcune imprese che in modo scorretto se ne servono come veri e propri strumenti di marketing per promuovere risultati ecologici che però non rispondono al vero. Il comportamento di queste aziende porta a una diminuzione della fiducia negli investimenti realmente sostenibili.

Un altro interessante e recentissimo documento dal titolo “A review of greenwashing and supply chain management: Challenges ahead” (Author Ana Inês, Andreia Diniz, António C. Moreira - Cleaner Environmental Systems - Volume 11, December 2023) propone una revisione della letteratura economica sul tema della sostenibilità e del greenwashing ponendo un faro su un aspetto molto importante, il seguente: è indispensabile essere sostenibili non solo in “casa propria” (o nel proprio stabilimento) ma anche lungo tutta la catena di approvvigionamento.

Le imprese hanno capito che essere sostenibili e comunicarlo può creare una buona sintonia coi consumatori attenti alle tematiche green; le imprese hanno compreso, anche, che la sensibilità dei consumatori nei confronti degli aspetti ESG è in crescente aumento. Quindi, cercano di sfruttare questo vantaggio integrando nelle proprie prassi aziendali programmi di marketing che comunicano la sostenibilità anche a dispetto di quanto realmente avviene.

Secondo gli autori dello studio citato è importante capire in che misura le aziende utilizzano il greenwashing per fuorviare i propri stakeholder nella catena di fornitura. Il documento sintetizza le sfide che le imprese devono affrontare nell’implementazione di una catena di fornitura sostenibile, suggerendo soluzioni per prevenire il greenwashing.

Nella revisione della letteratura economica lo studio definisce il greenwashing come una strategia di breve termine, che funziona finché le parti interessate non comprendono la reale situazione del greenwasher, con conseguenti danni alla reputazione, richiedendo così alle aziende molto tempo per riprendersi (Ferrón-Vílchez et al., 2021). Inoltre, il greenwashing può anche minare la fiducia degli stakeholder e la loro intenzione di investire (Pizzetti et al., 2021), quindi le aziende devono considerarne i rischi, poiché può avere effetti collaterali sul mercato. È importante che le imprese adottino una strategia di comunicazione autentica e trasparente quando fanno dichiarazioni “verdi”, perché le comunicazioni fuorvianti influenzano le azioni e le reazioni delle parti interessate, incidendo sulla legittimità e sulla reputazione aziendale (Torelli et al., 2020).

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2) Greenwashing e imprese subfornitrici di grandi società

Il punto di caduta della sostenibilità risiede spesso nelle pratiche e nelle attività di gestione che le imprese sub fornitrici (che di frequente sono domiciliate in paesi in via di sviluppo) mettono in atto nel produrre beni per conto di grandi società. Gli autori ci dicono, infatti, che a volte le aziende affermano di essere sostenibili, ma non incorporano le preoccupazioni ambientali e le buone prassi in tutta la catena di fornitura, determinando un divario tra le intenzioni strategiche e le azioni reali (Carbone e Moatti, 2011). I casi più frequenti di greenwashing si verificano a livello di catena di fornitura (Pizzetti et al., 2021), come denotano alcuni accadimenti del passato. Forse il primo evento di greenwashing di questo tipo può essere fatto risalire addirittura al 1997 con lo scandalo delle fabbriche che sfruttavano il lavoro e che producevano per la Nike (Bartley, 2009). Più recentemente alcune segnalazioni hanno riguardato la catena di negozi di abbigliamento Zara, un colosso del fast fashion, che aveva annunciato il lancio di una nuova piattaforma chiamata Zara Pre-Owned progettata per dare una nuova vita agli articoli di abbigliamento a marchio Zara, attraverso l'acquisto e la riparazione di abiti di seconda mano. Purtroppo, al contrario delle annunciate intenzioni di riuso di capi usati, è stata documentata la pratica di gettare parte delle collezioni degli anni precedenti non più vendibili, incorrendo in pratiche di greenwashing (Hardcastle, 2022).

Questi fatti evidenziano che il greenwashing avviene quando le imprese affermano di essere sostenibili, trascurando i diritti dei lavoratori o selezionando fornitori che inquinano l’ambiente o annunciando buone prassi aziendali che poi non vengono messe in atto (Pizzetti et al., 2021).

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3) Greenwashing e generazione di degrado ambientale

In che modo il greenwashing contribuisce al degrado ambientale? Lo fa tutte le volte in cui le imprese allontanano la produzione dei beni e servizi dal proprio paese individuando fornitori in paesi lontani, spesso in condizioni di sottosviluppo, che non sono soggetti a leggi e pratiche rispettose dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Indubbiamente, le catene di fornitura contribuiscono in gran parte al degrado ambientale, rendendo imperativo per le aziende la necessità di gestire in modo efficace le operazioni della catena di fornitura per raggiungere una sostenibilità totale che va oltre la propria organizzazione locale (Tseng et al., 2019).

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4) Greenwashing: rispettare l’ambiente modificando le catene di fornitura aziendali

Il miglioramento delle prestazioni ambientali si basa sulla relazione e sulla collaborazione tra i partner della catena di fornitura (Ahi e Searcy, 2013; Moreira et al., 2022; Tseng et al., 2019); è impossibile pensare di non occuparsi degli standard di chi produce a migliaia di chilometri di distanza rispetto al luogo in cui si progetta e disegna. Se le aziende intendono essere più rispettose dell’ambiente, devono modificare le proprie catene di fornitura, garantendo che i loro partner rispettino i requisiti di sostenibilità ambientale e sociale (Tseng et al., 2019). Questo è fondamentale anche per ridurre il rischio reputazionale in quanto l'azienda che affida la produzione a terzi può essere ritenuta responsabile del comportamento scorretto dei suoi partner commerciali indipendentemente da dove si trovano (Blome et al., 2017; Pizzetti et al., 2021).

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5) Ridurre i rischi reputazionali evitando il greenwashing

Come fare a ridurre i rischi reputazionali evitando di incorrere in situazioni di potenziale greenwashing?

Le caratteristiche dell'impresa, come le dimensioni e il tipo di settore, svolgono un ruolo importante che può aumentare il pericolo di inciampare involontariamente nel greenwashing. L’attuazione di pratiche di responsabilità sociale o iniziative ambientali è impegnativa dal punto di vista finanziario per le grandi aziende che hanno molti fornitori, alcuni dei quali lontani e che a loro volta hanno produzioni presenti in più paesi (con ulteriori sub fornitori). Pertanto, l’attuazione delle pratiche di RSI (Responsabilità Sociale di Impresa) richiederebbe un sostegno finanziario e politiche pubbliche chiare (Lee et al., 2018). Gli autori ricordano che la realtà è che a volte le imprese possono trovarsi ad affrontare difficoltà rilevanti nell’esercitare il pieno controllo sulla loro offerta, specialmente se hanno fornitori sparsi in tutto il mondo (Pizzetti et al., 2021; Ye et al., 2022). Cosa fare per evitare problemi?

Un modo valido è quello, ad esempio, di stabilire rapporti più stretti con i fornitori, accorciando le distanze e adottando pratiche di approvvigionamento green che coinvolgono i fornitori nei progetti aziendali e che promuovono il controllo delle attività. Il dialogo e la condivisione delle strategie green, consente di mitigare questi rischi. Pagare il giusto prezzo per le forniture è senza dubbio un altro modo per creare fiducia, promuovendo il rispetto degli impegni di sostenibilità anche da parte dei fornitori. È possibile migliorare la trasparenza e il controllo creando rapporti di fornitura che durano nel tempo e nei quali la leva del prezzo non è il primo driver di scelta.

Il greenwashing è senza dubbio un danno per le imprese che lo praticano, ma lo è anche per la collettività; la responsabilità sociale di impresa può essere un buon presidio e una difesa, specialmente se allargata fuori dai propri confini, per ridurre in futuro le strategie messe in piedi da imprenditori che puntano ad una sostenibilità di facciata.

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Fonte immagine: Foto di Dorothe da Pixabay
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