Le delibere condominiali sono nulle quando sono prive degli elementi essenziali, con oggetto impossibile o illecito, contrario all'ordine pubblico, alla morale o al buon costume, con oggetto che non rientra nella competenza dell'assemblea o che incidono sui diritti individuali sulle cose comuni o sulla proprietà esclusiva di ognuno dei condomini o comunque invalide in relazione all'oggetto; debbono invece qualificarsi annullabili le delibere con vizi relativi alla regolare costituzione dell'assemblea, quelle adottate con maggioranza inferiore a quella prescritta dalla legge o dal regolamento condominiale, quelle affette da vizi formali, in violazione di prescrizioni legali, convenzionali, regolamentari, attinenti al procedimento di convocazione o di informazione dell'assemblea, quelle genericamente affette da irregolarità nel procedimento di convocazione, quelle che violano norme richiedenti qualificate maggioranze in relazione all'oggetto.
Tali delibere invalide non devono essere confuse con quelle inesistenti.
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1) Condominio: il concetto di delibera inesistente
In ambito condominiale non è raro che un condomino impugni una delibera che, però, in sede giudiziale, si rileva inesistente.
Si tratta di una decisione dell’assemblea priva di un elemento costitutivo della fattispecie del procedimento collegiale, sicché non può proprio individuarsi strutturalmente l'espressione di una volontà riferibile alla maggioranza.
In particolare si può parlare di delibera inesistente nei casi in cui lo scostamento della realtà dal modello legale risulti così marcato da impedire di ricondurre l'atto alla categoria stessa di delibera assembleare.
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2) Condominio: casi pratici di delibera inesistente
Non è raro che una decisione in ambito condominiale venga approvata informalmente al di fuori di una regolare riunione assembleare.
In questo senso è stato deciso che non ha alcun valore di delibera condominiale una decisione che è maturata nell’ambito di una riunione che non è stata convocata da alcun organo e che è riferibile e corrispondente all’iniziativa autonoma di alcuni condomini, intenzionati ad aggirare la procedura di legge (Tribunale di Lecce 6 novembre 2011).
In sostanza si può affermare che un conto è l'errore nella procedura di convocazione, altro l'adozione di un atto completamente fuori dall'alveo di quella procedura.
Allo stesso modo non è ammissibile parlare di una delibera espressa in un foglio fatto girare predisposto dall’amministratore o da alcuni condomini, firmato dalla maggioranza dei partecipanti al condominio.
Ragionando diversamente si dovrebbe ammettere che la volontà assembleare si può formare fuori dall’assemblea, mediante distinti dei singoli condomini, in contrasto con il dettato della legge che non ammette delibere senza assemblea.
Si pensi ancora all’impugnazione di una decisione da parte di un condomino che ritiene la delibera invalida per aver introdotto nuovi criteri di ripartizione della spesa. Se dal verbale emerge che i condomini in assemblea non hanno assunto alcuna decisione in merito alla ripartizione delle spese la delibera è da ritenersi inesistente, e non nulla; infatti, affinché una delibera possa ritenersi affetta da un vizio (di nullità nel caso di specie per mancanza dei suoi elementi essenziali), è pur sempre necessario che la stessa sia identificabile e qualificabile come atto giuridico, ovvero come espressione sia pur viziata della volontà dei condomini riuniti in assemblea.
In ogni caso, nel c.d. condominio minimo (con due soli partecipanti) la comunicazione con la quale il condomino maggioritario comunica all’altro condomino la ripartizione delle spese non può essere considerata equipollente ad una delibera assembleare.
La comunicazione di un riparto non può sostituire l’atto presupposto, ossia la delibera di approvazione che è necessaria anche in presenza di un condominio composto di due soli condomini, posto che la disposizione dell’art. 1136 c.c. (che regola la costituzione e la validità dell’assemblea e prevede il metodo collegiale) è applicabile anche al condominio composto da due soli partecipanti: se non si raggiunge l’unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto è sempre possibile il ricorso all’autorità giudiziaria, siccome previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 c.c.; del resto neppure il pagamento di acconti da parte di un condomino può costituire prova di una delibera esistente.
3) Condominio e delibera inesistente: le conseguenze per l’impugnante
Nel caso di delibera inesistente, i condomini non hanno alcun interesse ad agire per l'impugnazione della stessa, in quanto essa è di fatto improduttiva di effetti, e non può dunque arrecare alcun concreto pregiudizio ai loro diritti.
È importante stabilire quali sono le conseguenze per il condomino se il giudizio si conclude con l'accertamento dell'inesistenza della deliberazione assembleare impugnata.
A tale proposito si può affermare che l'accertamento dell'inesistenza della deliberazione assembleare impugnata da un condomino non può determinare la soccombenza del condominio, che pure abbia contestato le ragioni di invalidità della stessa dedotte dall'attore, dovendo restare soccombente pur sempre la parte che abbia azionato una pretesa accertata come infondata o resistito ad una pretesa fondata, e si sia perciò vista negare o togliere un bene della vita a vantaggio dell'avversario (le spese legali sono allora a carico dell’impugnante).
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