L’art. 3 dello “Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale” (trasmesso alla Presidenza il 7 novembre 2023), contiene modifiche al regime delle Controlled Foreign Companies (CFC).
Le modifiche hanno lo scopo di coordinare la disciplina CFC e Pillar 2, evitando distorsioni derivanti dalla sovrapposizione delle due discipline antielusive.
Vediamo cosa cambia rispetto alla disciplina attuale.
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1) CFC: normativa attuale
L’attuale disciplina sulle CFC si applica in presenza di entità estere:
a) localizzate in uno Stato a tassazione effettiva inferiore al 50% di quella italiana;
b) titolari di almeno un terzo di proventi derivanti da c.d. passive income;
c) che non esercitano un’attività economica effettiva.
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2) CFC e modifiche: ETR test e imposta sostitutiva del 15%
L’art. 3 dello Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in tema di fiscalità internazionale, introduce misure semplificatorie nella determinazione dell’ETR per le entità controllate estere i cui bilanci di esercizio siano dotati di una particolare “affidabilità”, i.e.:
- siano oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali a ciò autorizzati nello Stato estero di localizzazione dei soggetti controllati non residenti,
- i cui esiti sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.
Lo scopo è di creare un parallelismo tra la documentazione da cui attingere i dati rilevanti per il computo dell’ETR ai fini CFC “semplificate” e Pillar 2.
La presenza di documentazione contabile “qualificata”:
- interviene sull’ETR test prevedendo l’introduzione di una soglia rilevante del 15% di tassazione effettiva al di sotto della quale il test non si considera soddisfatto.
- consente alla controllante di optare - in relazione a tutte le proprie CFC, in modo irrevocabile per 3 esercizi e con rinnovo automatico alla scadenza – per il versamento un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio calcolato senza tenere in considerazione le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi.
In mancanza di documentazione contabile qualificata, restano applicabili gli odierni criteri di computo dell’ETR (i.e., soglia del 50%) ed è preclusa alla controllante la facoltà di optare per il versamento dell’imposta sostitutiva del 15%.
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3) CFC vs Pillar 2: Conclusione
È sicuramente da condividere la scelta del Legislatore di coordinare la normativa CFC e Pillar 2, allo scopo di accorpare e snellire l’attività di compliance prevista a carico dei contribuenti.
Cionondimeno, in tal modo si rischia di sovrapporre istituti che perseguono ratio tra loro diverse, in quanto la normativa CFC è finalizzata ad evitare fenomeni di differimento sine die dell’imposizione fiscale (c.d. tax deferral) mentre il la disciplina sul Pillar 2 assolve allo scopo di creare un livello minimo di imposizione (c.d. minimum tax) comune a tutte le multinazionali.
Inoltre, il Legislatore dovrà coordinare le modifiche all'art. 167 del TUIR con le altre disposizioni normative che rinviano all'articolo stesso, come avviene per la definizione di Paesi a fiscalità privilegiata (art. 47-bis) e di dividendi e plusvalenze provenienti da tali giurisdizioni (artt. 89 e 87).
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