Secondo la giurisprudenza, il singolo condomino può usare il proprio bene privato come un’autorimessa nel modo che ritiene più consono ed opportuno alle sue esigenze (Cass. civ., sez. II, 27 ottobre 2011, n. 22428). Del resto, l'assemblea non può opporsi all'utilizzo dell'immobile, da parte del suo proprietario o dell'eventuale locatario, per finalità commerciali, di deposito di strumenti e attrezzi per l'attività o la professione.
In altre parole, se non risulta che eventuali limitazioni delle facoltà d'uso siano state efficacemente imposte e accettate da una valida e vincolante clausola del regolamento, il proprietario del box in condominio può utilizzare il locale come meglio crede, purché, ovviamente, venga rispettata la destinazione del bene e si rispettino le prescrizioni previste dalle diverse normative (Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2014, n. 14671).
Di seguito, approfondiamo l'argomento.
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1) Condominio e box: il ruolo dell'amministratore e il risarcimento danni
In ogni caso, le questioni che attengono alla proprietà individuale e che non trovano specifica disciplina nel regolamento condominiale non possono essere fatte valere dall'amministratore, che in quanto tale - vale a dire senza un apposito mandato ad hoc - ha una legittimazione per così dire "naturale" a rappresentare i partecipanti al condominio e ad agire in giudizio contro alcuni di essi o contro terzi soltanto nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c. o dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento o dall'assemblea. Ne consegue che, in assenza di particolari limiti regolamentari all’utilizzo dei box, l’amministratore non può costringere il condomino proprietario di un box a rimuovere gli oggetti depositati nell'autorimessa (Trib. Roma 8 gennaio 2019 n. 224).
In ogni caso, se i beni mobili, legittimamente depositati nel box, vengono danneggiati per infiltrazioni provenienti dalle parti comuni, il condominio è obbligato a risarcire i danni subiti dal condomino. Infatti, quale custode dei beni e degli impianti comuni, è tenuto ad adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno e risponde, in forza dell’art. 2051 c.c., dei danni da queste cagionati a terzi o ai singoli condomini.
Si tenga conto, però, che il proprietario del box non può sottrarsi all’obbligo di contribuzione, su di lui gravante quale condomino, invocando la circostanza di essere egli stesso danneggiato dal condominio. In altre parole il condomino che subisce nella propria unità immobiliare un danno derivante dall'omessa manutenzione delle parti comuni assume, come danneggiato, la posizione di terzo avente diritto al risarcimento nei confronti del condominio, ma resta tenuto, in qualità di condomino, a partecipare pro quota alle spese dal condominio sostenute per risarcirlo (Cass. civ., sez. VI, 24 giugno 2021, n. 18187).
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2) Condominio e box: mutamento di destinazione d’uso
Il singolo condomino può aprire una palestra nel locale seminterrato originariamente destinato a box se le modifiche interne (soppalco, spogliatoi, wc interni ai locali), realizzate per rendere possibile l’attività, sono compatibili con la struttura del caseggiato; lungo la stessa linea di pensiero si è precisato che la realizzazione di una pavimentazione e l’installazione di una porta in alluminio a vetri, effettuata in un garage, non equivale a mutamento di destinazione d’uso da garage a civile abitazione, richiedente il permesso di costruire (Trib. Napoli 30 gennaio 2018, n.14071).
In ogni caso l'illegittimità della destinazione ad autorimessa di un locale di proprietà esclusiva non può essere desunta dalla clausola del regolamento condominiale che vieta la destinazione a deposito di materiali infiammabili, esplodenti, maleodoranti o fonte di polvere o di esalazioni nocive (Cass. civ., sez. II, 26/05/2022, 17159).
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3) Condominio e box: il mutamento di destinazione illecito
Il mutamento di destinazione dell'immobile di un condomino da palestra ad autorimessa, con la connessa apertura di diversi accessi carrabili (pur se assistiti dal preventivo rilascio di altrettante concessioni) si pone in contrasto con l’art. 1102 c.c., se comporta notevoli svantaggi agli altri condomini che non possono continuare a fruire pienamente della possibilità di parcheggiare - secondo le precedenti modalità - lungo i lati di un’area comune (Cass. civ., sez. II, 15 settembre 2021, n. 24937).
In ogni caso, la trasformazione di un box in abitazione non è consentita se la realizzazione di una porta-finestra sulla facciata dell'edificio condominiale, resa necessaria dalla destinazione del locale a piano terra ad uso abitativo, comporta un peggioramento del decoro abitativo dell'edificio e delle sue condizioni di sicurezza, tale da non poter sfuggire alla chiara percettibilità (anche sotto il profilo di odori e rumori) di chiunque si trovi a transitare in prossimità dell'ingresso del nuovo minialloggio (Cass. civ., sez. II, 17 aprile 2001, n. 5612).
Questo tipo di mutamento (da locale accessorio / pertinenza a vano abitabile, attuabile con un intervento di tipo ristrutturativo), presenta carattere urbanisticamente rilevante, così da richiedere il permesso di costruire per la sua esecuzione, essendo del tutto assimilabile ad un cambio di categoria riconducibile all’art. 23-ter, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001, come tale avente rilevanza urbanistica ai sensi del punto 39 della tabella A – Edilizia allegata al D.Lgs. 222/2016 (Cass. pen., sez. III, 29/03/2022, n.11303).
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