L’art. 37, comma 49-ter del D.L. 4.7.2006, n. 223, consente all’Agenzia delle entrate di sospendere, fino a 30 giorni, l’esecuzione delle deleghe di pagamento mod. F24, di cui all’art. 17 del d.lgs. 9.7.1997, n. 241, che contengono profili di rischio, al fine del controllo dell’utilizzazione del credito.
L’attività è svolta per prevenire il rischio dell’utilizzazione in compensazione dei crediti d’imposta esposti nei modelli F24 in assenza dei requisiti che sono fissati dalle singole normative che li disciplinano, al fine di sottoporre a sequestro preventivo gli eventuali crediti fittizi che sono stati individuati senza essere stati ancora compensati.
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1) Sospensione deleghe e rischio fiscale: distinzione dei crediti d’imposta
L’art. 13 del d.lgs. 18.2.1997, n. 471, precisa che un credito d’imposta:
- è esistente se è utilizzato in misura superiore a quella spettante per cui, salva l’applicazione di diposizioni speciali, viene irrogata la sanzione del 30%;
- è inesistente se “manca in tutto o in parte, il presupposto costituivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile dai controlli eseguiti ai sensi degli artt.. 36-bis e 36-ter del d.p.r. 29.9.1973, n. 600, per le imposte sui redditi e dell’art. 54-bis del d.p.r. 26.10.1972, n. 633; in tale ipotesi è irrogata la sanzione dal 100/% al 200% delle misura dei crediti e non trova applicazione la riduzione della sanzione a un terzo nel caso di acquiescenza all’accertamento entro il termine per proporre il ricorso ai sensi degli artt. 16, comma 3, e 17, comma 2, del d,lgs. 18.12.1997, n. 472, (comma 5).
Il tipo di credito |
Credito non spettante:
Credito inesistente:
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Qualora il credito inesistente sia stato utilizzato in assenza del presupposto di legge che lo legittimi e l’inesistenza è correlata all’assenza delle condizioni richieste per il controllo automatizzato e al controllo documentale di cui al citato art. 36-ter, ai fini penali è necessaria la prova della volontà del contribuente di evadere i tributi.
Invece, per i crediti inesistenti la prova è suffragata dall’utilizzazione a supporto dell’evasione di documenti inesistenti o predisposti appositamente o simulati per cui non è legittima la procedura di liquidazione automatizzata o di controllo formale necessitando della formalizzazione dell’atto impositivo.
In qualsiasi caso, il credito è considerato esistente se il suo presupposto sussiste, anche qualora il contribuente abbia errato nel conteggio, a differenza dell’ipotesi in cui sia stata predisposta la documentazione falsa.
I principali casi di compensazione indebita |
a) Credito IRPEF, IRES o IRAP utilizzato in eccesso e indicato nella dichiarazione:
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2) Sospensione deleghe e rischio fiscale: procedura di controllo modelli F24
Se dal controllo eseguito dall’ Agenzia delle entrate relativo al mod. F24 che presenta profili di rischio, risulta la correttezza del contribuente, ovvero decorsi 30 giorni dalla data della sua presentazione, la delega è eseguita.
Pertanto, le compensazioni e i versamenti in essa contenuti sono considerati effettuati alla data stessa in cui sono stati effettuati.
In caso contrario, la delega di pagamento non è eseguita per cui i versamenti e le compensazioni sono considerati non effettuati: la struttura di gestione delle deleghe non contabilizza i versamenti e le compensazioni e non effettua le relative regolazioni contabili.
I modelli F24 che presentano profili di rischio sono selezionati utilizzando criteri riferiti (Provvedimento 28.8.2018):
- alla tipologia dei debiti pagati;
- alla tipologia dei crediti compensati;
- alla coerenza dei dati indicati nel mod. F24;
- ai dati presenti nell’Anagrafe tributaria o resi disponibili da altri enti pubblici afferenti ai soggetti indicati nel modello F24;
- ad analoghe compensazioni effettuate in precedenza dai soggetti indicati nel mod. F24;
- al pagamento dei debiti iscritti a ruolo, di cui all’art. 31, comma 1, del d.l. 31.5.2010, n. 78; per tali pagamenti i modelli F24 sono presentati esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto della delega di pagamento.
La procedura di sospensione |
1. Con apposita ricevuta l’Agenzia delle entrate comunica la sospensione della delega di pagamento, indicandone la data di fine periodo, non superiore a 30 giorni. La sospensione ha per oggetto l’intero contenuto del mod. F24. 2. Nel periodo di sospensione non è effettuato l’addebito su conto indicato nel file telematico dell’eventuale saldo positivo del mod. F24 e può essere richiesto l’annullamento della delega secondo le procedure telematiche previste. 3. Se dalla verifica non risulta la correttezza, al contribuente è comminato lo scarto indicandone la motivazione e tutti i pagamenti e le compensazioni contenuti nel modello si considerano non eseguiti. In assenza della comunicazione di scarto entro il periodo di sospensione, l’operazione si considera effettuata nella data indicata nel file telematico che è stato inviato. 4. Se risulta la corretta utilizzazione del credito, fermi restando i successivi ordinari controlli sui crediti compensati, la delega di pagamento si considera effettuata alla data indicata nel file telematico che è stato indicato per cui:
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3) Sospensione deleghe e rischio fiscale: mancata esecuzione della delega
Se dal controllo risulta che i crediti, in tutto o in parte, non sono utilizzabili in compensazione, l’Agenzia delle entrate, entro il termine di 30 giorni dalla presentazione del mod. F24, comunica telematicamente al soggetto che ha trasmesso la delega (art. 37, comma 49-ter del d.l. 4.7.2006, n. 223):
- la mancata esecuzione della delega, con la relativa motivazione;
- la sanzione irrogata pari al 5% dell’importo, per importi fino a 5.000 euro e pari a 250 euro, per importi superiori a 5.000 euro, per ciascuna delega non eseguita; non si applica l’art. 12 del d.l.gs. 18.12.1997, n. 472, in materia di concorso di violazioni e continuazione.
Fermo retando le norme in materia di controlli, per la riscossione di crediti che sono stati indebitamente utilizzati in tutto o in parte anche in compensazione sussiste la differenza del temine decadenziale per la notifica dell’atto impositivo cioè:
- se il credito è “non spettante” l’atto impositivo deve essere notificato entro il 31.12. del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione è stata presentata (art. 43 del d.p.r. 29.9.1973, n. 600, per le imposte sui redditi e art. 57 del d.p.r. 26.10.1972, n. 633 per l’IVA);
- se il credito è “inesistente” l’atto impositivo deve essere notificato entro il 31.12. dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo (art. 27, comma 16, del d.l. 29.11.2008, n. 185).
L’atto di recupero del credito d’imposta, appositamente notificato completo anche con gli interessi e la sanzione, indica il termine concesso per il pagamento, comunque non inferiore a 60 giorni. Se l’interessato non esegue il pagamento, anche se l’atto non è definitivo, le somme dovute, sono iscritte in ruolo straordinario ai sensi dell’art. 15-ter del d.p.r. 29.9.1973, n. 602, per cui la cartella di pagamento deve essere notificata entro il 31.12 del secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, come previsto dal successivo art. 25, primo comma, lett. c).
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4) Sospensione deleghe e rischio fiscale: debiti previdenziali e assistenziali
L’art. 10-quater del d.lgs. 10.3.2000, n. 74, focalizza l’attenzione sul fatto che non sono state versate “le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. 9.7.1997, n. 241”, crediti non spettanti (comma 1) e crediti inesistenti (comma 2).
La formula “somme dovute” correlata al citato art. 17 può avere per oggetto non solo i tributi ma anche tutte le entrate che fanno riferimento a tale norma, comprese quelle di natura non tributaria, inclusi i contributi previdenziali e assistenziali.
La norma ha un contenuto ben differente dall’art. 31 del d.l. 31.5.2010, n. 78, che, in materia di preclusione all’autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi, vieta la compensazione dei crediti di cui al citato art. 17 “relativi alle imposte erariali” fino concorrenza dell’importo dei debiti di ammontare superiore a 1.500 euro”, secondo i lineamenti di attuazione indicati nel d.d. 10.2.2011.
La Corte di cassazione (sentenza 11.9.2022, n. 33893) ha affermato che la norma punisce “tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto aver luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito. Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette e dell’IVA, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta … La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario”.
In definitiva, l’omesso versamento ha per oggetto anche i contributi previdenziali e assistenziali dovuti all’Inps, i premi dovuti all’INAIL, le somme dovute allo Stato, alle regioni, alle province e ai comuni nonché le altre somme dovute. Inoltre, il delitto di compensazione indebita può essere constatato sia per la c.d. “compensazione verticale”, cioè crediti e debiti della stessa natura (ad es., credito IVA dell’anno precedente compensato con l’IVA dovuta nell’anno seguente, ecc.), sia per la c.d. “compensazione orizzontale”, cioè crediti compensati con debiti (ad es., IRPEF con IVA e/o contributi previdenziali dovuti all’INPS, ecc.), quando l’operato è stato supportato con documenti falsi finalizzati ad utilizzare un credito inesistente o non spettante.
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5) Sospensione deleghe e rischi fiscali: crediti subordinati alla verifica non fiscale
La sentenza della Corte di cassazione 15.7.2022, n. 32830, è interessante poiché l’oggetto è rappresentato da un credito d’imposta relativo ad investimenti per il quale l’esistenza era condizionata al parere del Ministero dello sviluppo economico, ai sensi dell’art. 3, del d.l. 23.12.2013, n. 145, e dell’art. 8 del d.m. 27.5.2015, sulla presenza dell’effettività del beneficio correlata alla veridicità della documentazione.
Tali norme “si limitano a prevedere i controlli da effettuare in sede amministrativa ai fini della verifica della effettività dei crediti d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, ma non stabiliscono alcuna “riserva di accertamento” amministrativo pregiudiziale rispetto alle valutazioni del giudice penale. D’altro canto, il sistema procedurale penale, in particolare del combinato disposto dagli artt. 2, 3 e 479 c.p.p., esclude limiti o vincoli ai poteri decisori del giudice penale, anche in relazione alle questioni pregiudiziali e, salvo specifiche eccezioni, persino se in relazione ad esse sia pendente un giudizio civile o amministrativo”.
Secondo la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Chieti (sentenza 12.12.2022, n 454), qualora debba prevalere la natura tecnica della verifica per il credito d’imposta di cui all’art. 3 del d.l. 23.12.2013, n. 145, l’Agenzia delle entrate ha la facoltà di chiedere il parere al Ministero dello sviluppo economico ai sensi dell’art. 8 del d.m. 27.5.2015, che agisce in qualità di consulente tecnico. Se l’accertamento non ha tale supporto, l’atto impositivo è illegittimo.
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6)Sospensione deleghe e rischio fiscale: la diversa rilevanza penale dei crediti indebiti
Secondo la Corte di cassazione (sentenza 9.9.2015, n. 36393) è “non spettante, ai fini del reato di cui all’art. 10-quater, quel credito che, seppur certo nella sua esistenza e nel suo ammontare, sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile o non più utilizzabile in operazioni finanziarie di compensazione” per cui trova applicazione l’art. 13 dl d.lgs. 18.12.1997 n. 471.
La nozione di "credito inesistente”, è rilevante penalmente in quanto mancano gli elementi costitutivi e soggettivi, mentre la nozione di “credito non spettante” sussiste in relazione al concetto di mera non spettanza soggettiva … ovvero alla pendenza di una condizione al cui azzeramento sia subordinata l’esistenza del credito” o non utilizzabile o non più utilizzabile.
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