Il rapporto tra regime degli impatriati vs distacco è stato oggetto di diversi orientamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza. Vediamo di seguito perché.
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1) Impatriati: quando si configura il distacco?
Il distacco si configura quando il datore di lavoro, per soddisfare un proprio specifico interesse, pone temporaneamente il dipendente a disposizione di un altro soggetto per l'esecuzione di una ben determinata attività lavorativa, senza che ciò dia luogo né all'estinzione dell'originario rapporto di lavoro, né al sorgere di un nuovo rapporto di lavoro con colui che utilizza la prestazione. Si tratta di un rapporto giuridico trilaterale che intercorre tra tre soggetti:
- il datore di lavoro distaccante;
- l'azienda distaccataria;
- il lavoratore.
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2) Impatriati: chi può accedere al regime
Il regime degli impatriati si applica a condizione che:
- i lavoratori non siano stati residenti in Italia nei due periodi d'imposta precedenti il predetto trasferimento;
- si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni;
- l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano.
I cittadini italiani non iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali di cui al presente articolo purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi per il periodo di cui alla lettera a) supra.
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3) Impatriati e problematiche di compatibilità con il regime
La possibilità di estendere il regime degli impatriati ai lavoratori distaccati dall’Italia all’estero, una volta rientrati in Italia, è stata oggetto di posizioni diverse da parte di prassi e giurisprudenza.
Un orientamento più risalente aveva negato l’accesso al regime per i soggetti che fossero rientrati in Italia dopo essere stati in distacco all'estero ed aver acquisito la residenza nel Paese estero.
Tale fattispecie, infatti, non avrebbe soddisfatto la ratio della norma – i.e., incentivare i contribuenti a trasferire la propria residenza fiscale nel territorio dello Stato – in quanto il ri-trasferimento della residenza in Italia si poneva in continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro.
Un orientamento più recente dell’Agenzia delle Entrate e della giurisprudenza, ha riconosciuto al lavoratore distaccato all’estero e rientrato in Italia la possibilità di accedere al regime in questione.
Questo orientamento valorizza l'assenza nel testo normativo di prescrizioni che precluderebbero l'accesso al regime degli impatriati da parte di lavoratori distaccati all'estero.
Ciò purché il rientro dopo il distacco non fosse stato in continuità con la precedente posizione lavorativa, come, ad es., nel caso:
- di ripetute proroghe del distacco che determinino un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
- di acquisizione di ruoli aziendali differenti rispetto a quelli svolti nella fase ante distacco in relazione alle competenze ed esperienze professionali maturate all'estero;
- di mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione e del titolo del rapporto;
- di clausole contrattuale che non creano alcuna continuità con il precedente rapporto di lavoro, ravvisabile nel caso di riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo, il riconoscimento dell'anzianità dalla data della prima assunzione, l'assenza del periodo di prova.
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