Nella ricorrente realtà condominiale si affiancano spesso, all'assemblea ed all'amministratore, altri organismi temporanei come una “commissione lavori” o un “revisore dei conti” capace di verificare la contabilità del condominio.
Di particolare importanza è il consiglio di condominio, normalmente previsto nei regolamenti di condominio. Una decisione di merito ha precisato che "la nomina dei consiglieri di un condominio complesso, ancorché non prevista dal regolamento, deve considerarsi perfettamente legittima, trattandosi di un organo consultivo, la cui istituzione produce indubbia utilità ai fini della corretta gestione del condominio e non comporta oneri di sorta, attesa la gratuità dell'incarico. Secondo la stessa pronuncia l'istituzione di tale organo, pertanto, rappresenta esercizio legittimo della discrezionalità dell'assemblea condominiale, insuscettibile di censura se sorretta dalla maggioranza dei consensi (Trib. Milano 6 aprile 1992).
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1) Consiglieri di condominio: situazione ante riforma del condominio
L’art. 16 del R.D. 54/1934 (poi convertito nella legge 10/1935) contemplava, nei caseggiati con numerosi abitanti, l’esistenza di un consiglio di condominio, composto da non meno di due membri scelti tra i condomini, con compiti vari: detto consiglio veniva definito come “l’organo consultivo dell’amministratore, ne controlla l’operato riferendone all’assemblea ed ha la precipua funzione di conciliare le vertenze tra i condomini”.
Lo stesso articolo 16 R.D. 54/1934 prevedeva che i regolamenti di condominio potessero affidare al consiglio di condominio altre attribuzioni tra quelle riservate all’amministratore, anche se al medesimo consiglio non potevano essere attribuite funzioni di amministrazione attiva.
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2) Consiglieri di condominio: il codice civile del 1942 e la riforma del condominio
Il codice civile del 1942 ha ignorato i consiglieri che pur sono contemplati in quasi tutti i regolamenti condominiali. L’art. 11, comma 1, della legge 11 dicembre 2012, n. 220 (c.d. Riforma del Condominio) ha introdotto l’articolo 1130 bis nel quale si precisa, tra l’altro, che l'assemblea può anche nominare, oltre all'amministratore, un consiglio di condominio composto da almeno tre condomini negli edifici di almeno dodici unità immobiliari. Il consiglio ha funzioni consultive e di controllo. La modifica legislativa del 2012 ha recepito la prassi giurisprudenziale precedente (e la situazione di fatto dei regolamenti), prevedendo un limite minimo numerico delle unità immobiliari da considerare al fine di istituire il consiglio di condominio, circoscrivendo anche il perimetro nel quale lo stesso può operare.
La norma però è decisamente scarna, demandando alla discrezionalità dell'assemblea l'onere di regolamentare anche le sue funzioni. In ogni caso, considerato il ruolo di semplice "affiancamento" per l'amministratore, per convocare il consiglio è possibile ricorrere a soluzioni informali (per esempio, il consiglio potrebbe – senza determinare invalidità – esser convocato informalmente e nello stesso modo pronunciarsi), mentre, salvo diverse indicazioni del regolamento, non è richiesta la verbalizzazione delle riflessioni conclusive del consiglio (un verbale sembra però quanto meno opportuno).
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3) Consiglieri di condominio: scelta dei componenti
I consiglieri vengono normalmente scelti all'interno della compagine dei partecipanti al condominio; la norma sopra detta non prevede requisiti specifici; tuttavia per ragioni di opportunità dovrebbero essere nominati persone dotate di quei minimi requisiti di conoscenza che consentano loro di esprimersi con cognizione di causa sulle varie problematiche per le quali il consiglio è stato chiamato ad intervenire; del resto, stante dette limitate funzioni e la specifica finalità di solo ausilio alla gestione, potrebbe non essere in contrasto con alcuna norma o principio il fatto che uno o più componenti non siano "condomini" ma tecnici esterni.
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4) Consiglieri di condominio: limiti decisionali dei consiglieri
È importante sottolineare che al consiglio di condominio non può essere demandata alcuna funzione decisionale, nemmeno parziale, in considerazione del fatto che un eventuale affidamento di poteri decisori determina una vera e propria alterazione dei quorum decisionali previsti per i pronunciamenti dell'assemblea.
Quindi se è ben vero che l'assemblea condominiale può deliberare qualunque provvedimento purché non estraneo ai fini del condominio, e perciò può deliberare di nominare una commissione di condomini con l'incarico di esaminare i preventivi e le relative spese per valutare quali di essi sia meglio rispondente alle esigenze del condominio (con la conseguenza che una tal delibera, in sè, è del tutto legittima), è altresì vero, però, che la scelta ed il riparto effettuati dalla commissione perché siano vincolanti per tutti i condomini (anche cioè per i dissenzienti) vanno riportati in assemblea per l'approvazione con le maggioranze prescritte, non essendo delegabili ai singoli condomini, anche riuniti in un gruppo, le funzioni dell'assemblea. Così, ad esempio, dopo l'approvazione dei lavori, l'assemblea non può affidare ai consiglieri una serie di poteri, quale, quello di convalidare lo spessore del cappotto termico; stabilire il valore finale dell'appalto e la ripartizione tra i condomini; stabilire il colore della facciata dell'edificio; modificare il valore dell'appalto.
Si tratterebbe infatti di delibera nulla per la sola circostanza che nella stessa non è previsto l'obbligo di una successiva delibera alla quale affidare le decisioni sulle questioni demandate alla valutazione dei consiglieri.
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