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DOGANE E ORIGINE DELLE MERCI: L'ORIGINE PREFERENZIALE

Dogane e origine delle merci: l'origine preferenziale

L’origine preferenziale delle merci: aspetti probatori e strumenti di pianificazione

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Quando si parla di origine della merce nel commercio internazionale, bisogna fin da subito soffermarsi sulla netta distinzione tra il concetto di provenienza (della merce), e il concetto di origine  (della merce) doganalmente inteso che, a sua volta, si distingue tra origine preferenziale e origine non preferenziale.

Come vedremo di seguito, se per il concetto di provenienza in ambito commerciale si fa riferimento alla provenienza geografica della merce, per il concetto di origine preferenziale e non preferenziale bisogna fare riferimento a specifiche regole e norme.

In estrema sintesi, si può dire che la merce che risponde alle regole di origine preferenziale consente all’importatore di beneficiare di agevolazioni daziarie riconosciute e disciplinate, in modo reciproco, dagli Accordi commerciali che l’UE conclude con i Paesi terzi (si rimanda all'elenco di tutti gli Accordi ad oggi conclusi dall'Ue). Diversamente, l’origine non preferenziale consente di determinare il Paese di produzione del bene (c.d. Made in), informazione utile al fine di individuare eventuali misure all’esportazione ed importazione quali divieti, contingenti, dazi antidumping e compensativi o dati sull’origine da indicare in etichetta.

La determinazione dell’origine della merce, inoltre, richiede necessariamente la conoscenza degli aspetti formali da rispettare ai fini probatori.

Infine, in tema di origine della merce, è opportuno conoscere quali sono gli strumenti messi a disposizione dal legislatore europeo, come l’Informazione Vincolante in materia di Origine (IVO), per poter pianificare al meglio specifici flussi commerciali.

1) Dogane e origine preferenziale: requisiti e regole generali

Come anticipato, la determinazione dell’origine preferenziale della merce si basa sul rispetto di particolari regole/criteri, che consento di beneficiare di riduzioni o esenzioni daziarie all’atto dell’importazione della merce nel Paese di destino.

Le norme sull’origine preferenziale, stabilite dagli accordi di libero scambio, subordinano la concessione delle preferenze tariffarie solo se vengono rispettati specifici requisiti che possono variare da accordo ad accordo.

Premesso, dunque, che la complessità per gli operatori economici di governare correttamente le regole per l’applicazione dell’origine preferenziale delle merci, è possibile delineare alcuni principi comuni relativi alle modalità e alle condizioni per l’acquisizione dell’origine preferenziale, come di seguito riportati.

  • In primo luogo, l’origine preferenziale può essere attribuita ad un determinato prodotto se ottenuto interamente nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale. In questo senso, si fa riferimento alle merci il cui processo produttivo sia stato compiuto all’interno di un solo Paese (è il caso, ad es., dei prodotti agricoli raccolti in un Paese o dei prodotti minerari estratti nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale).
  • Sufficiente lavorazione o trasformazione delle merci. Questa è l’ipotesi in cui prodotti finiti possono contenere materiali o componenti non originari. In questi casi, per acquisire l’origine nel Paese beneficiario del trattamento daziario preferenziale, i materiali e componenti utilizzati devono subire in tale Paese un livello cosiddetto “sufficiente” di lavorazione o trasformazione, stabilito per ciascun prodotto da apposite regole contenute nell’ambito degli Accordi (in caso di accordi bilaterali o multilaterali) o delle disposizioni comunitarie ( in caso di regimi tariffari preferenziali adottati autonomamente e unilateralmente dall’Unione europea che non prevedono una reciprocità di trattamento preferenziale, esempio: nell’ambito del Sistema delle Preferenze Generalizzate - SPG[1]).

Tra le principali regole che possono essere adottate nei singoli accordi ai fini di determinare l’origine preferenziale della merce si evidenzia:

  • il c.d. salto tariffario cioè la classificazione del prodotto ottenuto in una voce doganale diversa da quella in cui sono classificati i materiali non originari utilizzati (per approfondire si rimanda all’articolo dello stesso autore La classificazione doganale delle merci e il valore delle ITV);
  • l’effettuazione di lavorazioni specifiche espressamente descritte nella regola previste nell’ Accordo specifico. Talvolta negli Accordi sono previsti alternativamente due regole che l’operatore economico può scegliere di applicare in modo alternativo ai fini di determinare l’origine preferenziale della merce;
  • la c.d. regola del valore aggiunto, ovvero, la previsione di soglie percentuali di valore che non devono essere superate, riferite ai materiali non originari utilizzabili nel processo di lavorazione o trasformazione e calcolate sul prezzo “franco fabbrica” del prodotto ottenuto.

Ai fini della determinazione dell’origine preferenziale deve evidenziarsi che gli Accordi commerciali prevedono inoltre delle regole generali che impattano sull’acquisizione dell’origine preferenziale delle merci. Vediamo di seguito quali sono le principali.

  • Operazioni c.d. minime o insufficienti, che incidono solo marginalmente sul processo di fabbricazione del prodotto e che non sono in nessun caso considerate sufficienti ad attribuire l’origine preferenziale; a titolo esemplificativo e non esaustivo (in quanto è necessario fare riferimento all’elenco riportato nei singoli Accordi che individuano specificatamente le operazioni c.d. minime) si considerano operazioni minime che non impattano ai fini della determinazione dell’origine: la stiratura o la pressatura di prodotti tessili, le operazioni semplici di pittura e lucidatura, la macellazione degli animali etc.
  • Cumulo dell’origine, ovvero, l’ipotesi che consente ad un importatore o esportatore di considerare originari dell’Ue o di un Paese partner i materiali non originari importati da Paesi terzi o l’eventuale trasformazione effettuata in un Paese diverso dal Paese partner. Si segnala che la regola del cumulo può essere di tre tipi: bilaterale, diagonale e totale. 
  • Regola del no drawback contenuta in diversi Accordi commerciali conclusi dall’Ue che prevede il divieto per le parti contraenti di beneficiare di restituzioni o esenzioni di dazi per materiali non originari, utilizzati per la fabbricazione dei prodotti. Le materie prime originarie di Paesi terzi, impiegate nella lavorazione di un prodotto che andrà ad acquisire l’origine preferenziale, non potrà usufruire dell’istituto del perfezionamento attivo[2], in quanto godrebbe dell’esenzione o del rimborso dei dazi. 
  • Infine, la regola del trasporto diretto, anch’essa prevista nella maggior parte degli Accordi commerciali, che prevede la possibilità di applicare i benefici tariffari preferenziali all’atto dell’importazione solo se le merci non sono state oggetto di sostituzione, parziale o totale, durante l’attraversamento dei diversi territori lungo il tragitto percorso dal Paese di origine fino a quello di destinazione.

[1] Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG) destinate a favorire l’accesso dei Paesi in via di sviluppo nel mercato interno dell’Unione europea.

[2] Il regime di perfezionamento attivo ha lo scopo di incoraggiare e agevolare l'attività delle industrie di esportazione comunitarie, consentendo di importare senza pagare alcun dazio, né subire l’effetto di alcuna misura di politica commerciale, le merci destinate ad essere perfezionate nella Comunità e quindi riesportate al di fuori di essa, sotto forma di prodotti compensatori.

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2) Dogane: aspetti probatori dell’origine preferenziale

Sotto il profilo degli aspetti probatori dell’origine preferenziale delle merci deve rilevarsi che, per poter attestare lo status di merce originaria di un Paese beneficiario del trattamento preferenziale di fronte alle Autorità doganali del Paese importatore, è necessario fornire apposite prove di origine.

Di seguito vediamo quali sono i documenti o le forme per potere attestare che le merci oggetto di importazione soddisfano i requisiti imposti dalla normativa di riferimento rispetto al flusso di interesse.

Con riferimento al flusso di interesse bisogna conoscere (in considerazione di quanto può essere previsto nello specifico Accordo), qual è il documento o la modalità per provare che la merce che si sta importando rispetti le regole di origine previste nell’Accordo di riferimento.

  • Certificato EUR 1 è il certificato di circolazione usato per la maggior parte degli accordi di libero scambio conclusi dall’Ue con Paesi terzi, che attesta l’origine preferenziale delle merci. Affinché venga riconosciuto il beneficio tariffario, tale certificato deve scortare la merce che viene importata in Ue o che viene esportata fuori dall’Ue  verso un Paese accordista. Con tale certificato viene ad attestarsi che la merce (importata o esportata) risponda alle regole di origine previste dall’Accordo di riferimento. Tale certificato viene rilasciato dalle autorità doganali del Paese di esportazione su richiesta dell’interessato secondo apposito formulario previsto sempre nell’Accordo di interesse. Le autorità, competenti a rilasciare il certificato, hanno la facoltà di richiedere qualsiasi prova o procedere a qualsiasi controllo della contabilità dell’esportatore per accertare il carattere originario.
  • Certificato EUR-MED è il certificato di origine che scorta le merci che godono del trattamento preferenziale in virtù delle regole sul cumulo paneuromediterraneo.
  • Certificato Form A, di fatto ormai dismesso, è il certificato che attesta l’origine preferenziale delle merci provenienti dai Paesi in via di sviluppo che di fatto godono del trattamento preferenziale, garantito dall’Unione europea, in considerazione del sistema delle preferenze generalizzate (SPG). A partire dal 2017 è stata avviata (e ormai completata) la progressiva applicazione del sistema Rex (Registered Exporter System) ai fini di certificare l’origine della merce proveniente da o esportati verso i Paesi c.d. SPG.

È possibile attestare l’origine preferenziale della merce anche in modo diverso rispetto alla presentazione di certificati (come abbiamo visto sopra). In particolare, con riguardo a specifici Accordi stipulati dalla Ue (es. Accordo Ue – Korea del sud) è prevista in modo obbligatorio o in modo alternativo (nel caso del menzionato Accordo per esempio è obbligatorio) una modalità diversa di attestazione dell’origine preferenziale, ovvero: 

  • per mezzo del c.d. Esportatore autorizzato (EA). Gli esportatori possono attestare l’origine preferenziale del prodotto mediante dichiarazione su fattura. La dichiarazione su fattura può essere apposta e sostituire pertanto il certificato EUR 1 da qualsiasi operatore economico, ma solo per le esportazioni di valore inferiore a 6.000 euro, mentre per le esportazioni di valore superiore può essere apposta solo dagli esportatori autorizzati. Lo status di esportatore autorizzato permette all’operatore di poter attestare l’origine preferenziale direttamente sulla fattura indipendentemente dal valore della merce esportata. Come ottenere lo status di esportatore autorizzato? L’istanza va presentata all’autorità doganale del luogo nel quale l’esportatore è stabilito e nel quale conserva le scritture contenenti le prove di origine della merce. Presentata l’istanza le autorità competenti effettueranno una verifica presso l’azienda per accertarsi che l’istante risponda ai principali requisiti: (i) effettui esportazioni a carattere regolare (ii) l’operatore economico di riferimento dell’azienda conosca la normativa relativa all’origine preferenziale. Ottenuta l’autorizzazione (e il relativo numero di riferimento) l’esportatore autorizzato dovrà attestare l’origine della merce su fattura o su qualsiasi altro documento commerciale e sottoscriverlo co firma autografa.
  • Il Sistema degli Esportatori Registrati (REX) è utilizzato per certificare l’origine delle merci nell’ambito del Sistema delle Preferenze generalizzate (SPG) e nel quadro di alcuni accordi commerciali preferenziali (come ad esempio Accordo Ue-Giappone o Ue – Canada). L’origine delle merci è dichiarata dagli stessi operatori economici mediante le cosiddette dichiarazioni di origine. Per poter rilasciare un’attestazione di origine, un operatore economico deve essere registrato in una banca dati Ue dalle sue autorità competenti, in tal modo l’operatore economico diventa un “esportatore registrato”.

Con rifermento agli aspetti probatori dell’origine preferenziale della merce, occorre precisare che, in caso di controlli, l’operatore economico che ha dichiarato l’origine preferenziale della merce, dovrà:

  • Per la merce prodotta dallo stesso operatore economico, produrre qualsiasi documento che possa provare l’origine preferenziale come schede di lavorazione, distinte base ecc.
  • Per la merce acquistata da terzi, l’operatore economico può dimostrare l’origine preferenziale comunitaria del bene esportato mediante una dichiarazione del fornitore/produttore comunitario, mediante la quale viene provata l’origine preferenziale della merce acquistata. La suddetta dichiarazione può essere rilasciata con riguardo alla singola fornitura o “lungo termine” con un periodo di validità di 24 mesi dalla data di compilazione.
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3) Dogane: informazioni vincolanti in materia di origine (IVO)

Le Informazioni Vincolanti in materia di Origine sono delle decisioni amministrative, di rilevanza comunitarie, sull’applicazione della normativa doganale, per mezzo delle quali, su richiesta degli operatori economici interessati, le Autorità doganali degli Stati membri attribuiscono la corretta origine ad una determinata merce.

L’IVO ha piena efficacia giuridica su tutto il territorio comunitario e vincola tutte le Autorità doganali dell’Unione a riconoscere al titolare dell’IVO l’origine indicata nel provvedimento per quella determinata merce.

L’IVO deve riferirsi ad un solo tipo di merce e ad un’operazione commerciale di import o export realmente prospettata. 

L’ IVO ha validità per tre anni con decorrenza dalla data della sua comunicazione, tuttavia può essere annullata o perdere validità. Questa ipotesi si verifica se durante il periodo di validità di una decisione vengono a mancare o si siano modificati i presupposti normativi che ne avevano legittimato il rilascio. Nel caso in cui una decisione IVO cessi di avere efficacia, l’operatore può chiedere una proroga ed ottenerne l’uso esteso che può durare al massimo sei mesi.

L’IVO è dunque un valido strumento di pianificazione doganale in quanto è in grado di assicurare la corretta origine della merce oggetto di un’operazione commerciale di import o export impattando in tal modo sui relativi dazi da applicare.

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Fonte immagine: Foto di Gordon Johnson da Pixabay
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