Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (MLPS) con la Nota n. 10376, del 20 settembre, è intervenuto su alcuni dubbi interpretativi ai fini dell’iscrizione al RUNTS del “ramo ETS” dell’ ente religioso civilmente riconosciuto (leggi anche l'ebook Gli enti religiosi nel Terzo settore: aspetti civilistici, contabili e fiscali).
In particolare, gli enti religiosi che adottano un regolamento, limitatamente alle attività assoggettate al regime del Codice del Terzo Settore, che prevedono la costituzione di un ramo per il complesso dei beni destinati al loro svolgimento, dovranno fare assumere al ramo medesimo la stessa denominazione dell'Ente religioso, accompagnata dall'acronimo ETS. Ciò è significativamente previsto:
- dai modelli di regolamento predisposti a cura della CEI (Conferenza episcopale italiana), e
- dal Codice del Terzo Settore, volto ad assicurare l'univocità delle informazioni rese a terzi e la piena trasparenza degli assetti degli enti assoggettati alle regole in materia di Terzo settore.
L'utilizzo di una denominazione “altra” del ramo apparentemente corrispondente a un soggetto diverso dall'ente religioso di cui trattasi, potrebbe condurre a un effetto anche involontariamente ingannevole nei confronti del pubblico. In tal senso, peraltro, si è espresso recentemente il TAR Campania –Napoli – sez. I, con la sentenza n. 3158/2023.
Nel proseguo, gli autori ripercorrono i tratti essenziali delle disposizioni del Codice del Terzo Settore con riferimento alla costituzione di un “ramo ETS” dell’ ente religioso civilmente riconosciuto ai fini dell’iscrizione al RUNTS.
Delle stesse autrici, leggi anche l'ebook: Gli enti religiosi nel terzo settore |
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1) Costituzione del “ramo ”di enti religiosi: comma 3, art. 4, CTS
Il comma 3 dell’ art. 4, CTS, prevede che, l’ente religioso può beneficiare della disciplina del Codice del Terzo Settore, limitatamente a:
- lo svolgimento di “attività di interesse generale”, ex art. 5, CTS nonché'
- delle eventuali “attività diverse” ex art. 6, CTS.
Sotto il profilo economico-aziendale ciò avviene attraverso:
- la costituzione di un “ramo ETS” (o un “ramo impresa sociale”, “ramo IS”, a seconda che l’attività svolta rientri tra quelle elencate nell’ art. 5, comma 1, CTS, e nell’art. 2, comma 1, D. Lgs n. 112/2019), o
- la trasformazione del “ramo” ONLUS preesistente in “ramo ETS”.
La costituzione del “ramo ETS” ( ai sensi dell’art. 4, comma 3, CTS o “ramo IS” ai sensi dell’art. 1, comma 3, D. Lgs. n. 112/2017) deve rispettare alcune condizioni:
- l’attività esercitata nel “ramo” deve essere adottato con un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata, che, ove non diversamente previsto, e in ogni caso nel rispetto della struttura e delle finalità di tali enti, accolga le norme del CTS (oppure quelle del D. Lgs. n. 112/2017) e sia depositato nel registro unico nazionale del terzo settore (RUNTS) e nella relativa sezione speciale del registro imprese qualora si tratti di un “ramo impresa sociale”;
- per lo svolgimento delle attività il ramo ETS/impresa sociale deve essere dotato di un proprio patrimonio o fondo di dotazione;
- il ramo è soggetto agli obblighi contabili nel rispetto delle norme di cui all’art. 13, CTS ( e art. 9, D. Lgs. n. 112/2019 per le imprese sociali);
- per lo svolgimento delle attività il ramo ETS/impresa sociale deve essere dotato di un proprio patrimonio o fondo di dotazione;
- il ramo è soggetto agli obblighi contabili nel rispetto delle norme di cui all’art. 13, CTS ( e art. 9, D. Lgs. n. 112/2019 per le imprese sociali).
Ramo Ets: condizioni per l’accesso alla disciplina del Codice del Terzo Settore
Adozione di un regolamento delle attività d’interesse generale che, «nel rispetto della struttura e della finalità di tali enti, accolga le norme» del CTS e della disciplina delle imprese sociali, secondo la sezione d’iscrizione al RUNTS | Comma 3, art. 4, CTS |
Costituzione di un « proprio patrimonio o fondo di dotazione» e quindi dei beni e delle risorse a sostegno dello svolgimento dell’attività d’interesse generale | Comma 3, art. 4, CTS |
La denominazione deve contenere quella dell’ente religioso accompagnata dall’acronimo “ETS (o “IS”) | Art. 1, Conferenza episcopale italiana Terzo settore: modelli di regolamento |
Tenuta di scritture contabili ai sensi dell’art. 13, CTS | Comma 3, art. 4, CTS |
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2) Ramo ETS dell’ente ecclesiastico. Profili tributari e novità previste nella Legge Delega fiscale
La “non commercialità” dell’ente di Terzo settore si fonda, come noto, su parametri collegati alla “capacità tributaria” dell’ente medesimo che viene valutata per ogni esercizio finanziario sulla base della prevalenza del reddito conseguito a seguito dell’esercizio dell’attività commerciale, senza riguardo alla qualificazione soggettiva dell’ente.
L’ art. 79 del Codice di Terzo settore considera di natura non commerciale le attività svolte a titolo gratuito o dietro versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi. Tali attività, qualora rispettino i richiamati parametri, non sono soggetti a ordinaria tassazione.
Con Decreto del Ministero del Lavoro, 19 maggio 2021, n. 107 sono stati definiti i due tratti caratterizzanti delle attività diverse:
- la strumentalità
- la secondarietà.
In particolare, le attività diverse sono considerate strumentali quando sono finalizzate a supportare, sostenere, promuovere o agevolare il perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente del Terzo settore.
La secondarietà, invece, ricorre in una delle seguenti ipotesi:
a) i ricavi da attività diverse non sono superiori al 30% delle entrate complessive dell’ente del Terzo settore;
b) i ricavi da attività diverse non sono superiori al 66% dei costi complessivi dell’ente del Terzo settore.
A tal fine, occorre tenere conto dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse generale.
Recentemente, con Legge Delega fiscale (l. n. 111/2023) si prevede l’attuazione di un regime speciale in caso di passaggio dei beni dall'attività commerciale a quella non commerciale e viceversa per effetto del mutamento della qualificazione fiscale di tali attività (art. 6, norma cit.).
La norma può essere espressamente applicata agli enti di natura non commerciale che svolgono attività commerciali (come, ad esempio, gli enti religiosi) , qualora entrino a far parte nel “terzo settore” attraverso la costituzione di un “ramo ETS”; in tal caso, al momento dell’applicazione dei nuovi criteri di cui al citato articolo 79, la qualifica fiscale dell’attività svolta potrebbe mutare da “commerciale” a “non commerciale”.
In pratica, non verrebbe modificata la natura tributaria dell’ente, ma si determinerebbe ai fini dell’IRES e dell’IVA, la produzione di effetti fiscali legati alla fuoriuscita dal regime d’impresa dei beni prima dedicati all’attività commerciale. Di conseguenza, potrebbe determinarsi l’emersione di plusvalenze imponibili e l’assoggettamento dell’operazione ad IVA, anche in mancanza di un trasferimento o di una cessione dei beni utilizzati nell’attività.
Al riguardo, il principio indicato nel richiamato art. 6, L. 111/23, è volto all’applicazione di una nuova disposizione finalizzata a mitigare gli effetti connessi proprio alla fuoriuscita dei beni dalla sfera d’impresa e al loro ingresso nella sfera “non commerciale” (delle stesse autrici, sul tema leggi anche Novità per gli Enti del Terzo settore con la delega fiscale 2023).
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