Il meccanismo fiscale di tipo compensativo trova il suo fondamento normativo nel D.lgs. 9 luglio 1997, n. 241, norma con la quale il legislatore ha istituito una forma di compensazione fiscale per mezzo della quale il contribuente può elidere le proprie posizioni debitorie (erariali o previdenziali), con crediti vantati nei confronti dell’Amministrazione finanziaria o Enti previdenziali.
Obiettivo del legislatore era quello di “semplificare l’attività della riscossione […] introducendo una nuova tipologia di compensazione in ambito tributario non solo per crediti e debiti di natura tributaria omogeni, ma anche per crediti e debiti della medesima natura eterogenei”.
Questo particolare istituto fiscale può essere distinto in:
- compensazione verticale,
- compensazione orizzontale.
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1) La compensazione verticale e orizzontale
La compensazione verticale interessa un singolo tributo: con essa è compensato il debito relativo ad una data imposta con i crediti, relativi alla stessa imposta, sorti in periodi d’imposta precedenti e non chiesti a rimborso.
La compensazione orizzontale, invece, coinvolge non solo imposte diverse, ma anche i debiti per contributi previdenziali; interessa perciò creditori diversi (Stato, Inps, Inail, Enti locali ecc.).
Da un punto di vista penale, la fattispecie di reato di “Indebita compensazione” è prevista e punita dall’art. 10-quater del D.lgs. n. 74/2000.
L’attuale struttura dell’art. 10-quater è in vigore dal 22 ottobre 2015 e si differenzia dalla precedente stesura per l’inasprimento nella previsione sanzionatoria della fattispecie criminosa generata mediante l’utilizzo di crediti inesistenti.
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2) Il delitto di indebita compensazione
Il delitto di indebita compensazione si realizza adoperando in compensazione, con l’apposito modello F24, crediti tributari o previdenziali "non spettanti" o "inesistenti".
Per la distinzione codificata dall’art. 10-quater tra le locuzioni "non spettanti" o "inesistenti", è possibile rifarsi a quanto specificato dall’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione nella relazione n. III/05/2015 del 28 ottobre 2015: “È pronosticabile una non sempre agevole distinzione fra crediti “non spettanti” e crediti “inesistenti”: salvo errori, in questa seconda categoria dovrebbero potersi includere, oltre ai crediti che risultano inesistenti sin dall’origine (perché il credito utilizzato non esiste materialmente o perché, pur esistente, è già stato utilizzato una volta), anche quei crediti che non sono esistenti dal punto di vista soggettivo (cioè dei quali è riconosciuta la spettanza ad un soggetto diverso da quello che li utilizza in indebita compensazione) ovvero quelli sottoposti a condizione sospensiva; nella prima dovrebbero invece ricomprendersi, ad esempio, quei crediti utilizzati oltre il limite normativo, ovvero utilizzati in compensazione in violazione del divieto di compensazione per ruoli non pagati”.
Con riguardo alla tipologia di compensazione considerata dalla norma penale, la sanzione prevista dall’art. 10-quater del D. Lgs. n. 74/2000 sussiste sia nei casi di compensazione verticale, sia nei casi di compensazione orizzontale.
Posto che, come osservato dall’Organo supremo della giustizia, il delitto di indebita compensazione di cui all’art. 10-quater del D.lgs. n. 74/2000 richiede:
- che il mancato versamento di imposta risulti formalmente “giustificato” da un’illegittima compensazione operata tra le somme spettanti all'erario e i crediti vantati dal contribuente, in realtà non spettanti o inesistenti,
- che il reato si consumi al momento della presentazione dell'ultimo modello F24 relativo all'anno interessato e non in quello della successiva dichiarazione dei redditi, in quanto, con l'utilizzo del modello indicato, si perfeziona la condotta del contribuente, realizzandosi il mancato versamento per effetto dell'indebita compensazione di crediti in realtà non spettanti in base alla normativa fiscale,
nelle casistiche legate ai bonus fiscali nell’edilizia si potrebbero verificare situazioni nelle quali il soggetto terzo (fornitore dell’opera mediante sconto in fattura o terzo estraneo alle opere), consapevole dell’assenza dei requisiti per accedere del beneficio e delle azioni fraudolente che hanno generato i crediti inesistenti, sia divenuto titolare del credito di imposta e ne abbia fatto uso ai fini del calcolo dell’imposta netta.
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3) Sanzioni previste per indebita compensazione
Considerando che il credito di imposta, viene utilizzato direttamente nella liquidazione dell’imposta attraverso la compilazione del modello F24, nella frazione spettante per ciascuna annualità di imposta, l’imputabilità del credito in compensazione dell’imposta lorda rende applicabile il citato art. 10-quater, che al comma 2 punisce con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chi non versa le somme dovute utilizzando in compensazione “crediti inesistenti” e sotto questo aspetto non paiono esservi dubbi sul fatto che la compensazione di un credito fraudolentemente ottenuto sia riconducibile alla più grave ipotesi di cui proprio al secondo comma dell’art. 10 quater, in quanto rientrante nel concetto di “credito inesistente”.
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