La Legge di Bilancio 2023, ai commi 186-205, consente di definire le controversie pendenti. Vediamo insieme come perfezionare la chiusura agevolata delle liti pendenti e a cosa bisogna fare attenzione.
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1) Definizione agevolata delle controversie tributarie: procedura da seguire
La definizione agevolata delle controversie tributarie è prevista e disciplinata dall’art.1, commi 186-205, della Legge n. 197 del 29.12.2022 (Legge di Bilancio 2023).
Una volta che si rispettano tutte le condizioni previste dalla legge, per quanto riguarda le percentuali di definizione in base allo stato del giudizio, il contribuente deve osservare la seguente procedura:
- la definizione agevolata si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento degli importi dovuti entro il 30 giugno 2023, anche ratealmente; qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda (comma 194 L. cit.);
- entro il 30 giugno 2023 per ciascuna controversia autonoma è presentata una distinta domanda di definizione agevolata, esente dall’imposta di bollo, ed effettuato un distinto versamento; per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato (comma 195 L. cit.); non sono ammesse definizioni parziali dei singoli atti impugnati (Circolare Agenzia entrate n. 2/E del 27/01/2023);
- entro il 10 luglio 2023 il contribuente ha l’onere di depositare, presso l’organo giurisdizionale innanzi al quale pende la controversia, copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata (comma 197, secondo periodo, L. cit.);
- nelle controversie pendenti in ogni stato e grado, in caso di deposito di cui al n.3, il processo, con novità assoluta, è dichiarato subito estinto con:
- decreto del presidente della sezione;
- ordinanza in camera di consiglio se è stata fissata la data della decisione; le spese del processo restano a carico della parte che le ha anticipate (comma 198 L.cit.);
- l’eventuale diniego della definizione agevolata deve essere notificato entro il 31 luglio 2024 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali (comma 200, primo periodo, L. cit.);
- il diniego è impugnabile entro 60 giorni dalla notificazione del medesimo dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la controversia (comma 200, secondo periodo, L. cit.);
- il diniego della definizione da parte dell’ufficio fiscale è motivo di revocazione del provvedimento di estinzione di cui al n. 4;
- da parte del contribuente la revocazione è “chiesta” (!!) congiuntamente all’impugnazione del diniego;
il termine per impugnare il diniego della definizione e per “chiedere” (!!) la revocazione è di 60 giorni dalla notificazione di cui al n. 5 (comma 201, secondo e terzo periodo, L. cit.); in sostanza, il termine per impugnare il diniego della definizione e per “chiedere” (!!) la revocazione è di 60 giorni dalla definizione del diniego di definizione agevolata (come ulteriormente chiarito dall’Agenzia entrate con la Circolare n. 2/E del 27/01/2023).
In merito al punto 8), preme sottolineare quanto segue.
- Innanzitutto, non si comprende il particolare istituto processuale della revocazione (totalmente diverso dall’art. 395 c.p.c.), quando sarebbe stato più semplice e corretto fare riferimento all’art. 45, ultimo comma, D.Lgs. n. 546/1992, che testualmente dispone: “L’estinzione è dichiarata dal presidente della sezione con decreto o dalla commissione con sentenza”.
In tal modo, avverso il decreto è possibile il reclamo (art. 28 D.Lgs. cit.), mentre avverso la sentenza è possibile il naturale appello.
- Non si comprende perché il contribuente, congiuntamente all’impugnazione del diniego, deve necessariamente chiedere la revocazione quando, invece, il suo interesse processuale (art. 100 c.p.c.) è l’opposto, cioè chiedere la conferma (non la revocazione dell’estinzione del giudizio), perché ritiene corretta la domanda di definizione agevolata.
Infatti, il contribuente, se dovesse da subito chiedere la revocazione come previsto dalla legge, automaticamente rinuncerebbe alla definizione agevolata, contro i suoi stessi interessi processuali, e la causa, in precedenza estinta, riprenderebbe subito ex novo nel merito.
Invece, a parere dello scrivente, in attesa di una necessaria ed urgente modifica legislativa o interpretazione autentica, il contribuente, per evitare di cadere in una assurda trappola legale processuale, dovrebbe:
- impugnare nei termini il diniego della definizione agevolata;
- chiedere, al tempo stesso, la conferma (mai la revocazione) dell’estinzione del processo;
- di conseguenza, in tal modo, i giudici dovranno decidere, in primis, se la definizione agevolata è ammissibile e corretta, e, solo dopo l’esito negativo del primo giudizio, decidere il merito della causa non più estinta con il condono.
Attenzione alle trappole processuali previste dalla legge!!!!!
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