L’art. 1129, comma 11, c.c., prevede che l'amministratore possa essere revocato in ogni tempo dall'assemblea, con la maggioranza prevista per la sua nomina oppure con le modalità previste dal regolamento di condominio.
Alla luce di quanto sopra si può affermare che i condomini possono sempre decidere di revocare l'amministratore nominato, anche a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo alla base dell'interruzione del rapporto.
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1) Il risarcimento danni all'amministratore per la revoca anticipata
Secondo la giurisprudenza del tutto prevalente, anche in base all'indicazione normativa dettata nel penultimo comma dell'art. 1129 c.c. (introdotto dalla legge n. 220 del 2012), al contratto di amministrazione di condominio, al di là dello statuto dei poteri e degli obblighi esplicitamente dettato negli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c., può trovare residuale applicazione la disciplina in tema di contratto di mandato; secondo la stessa tesi quindi il contratto tipico di amministrazione di condominio, il cui contenuto è essenzialmente dettato negli artt. 1129, 1130 e 1131 c.c., non costituisce prestazione d’opera intellettuale, e non è perciò soggetto alle norme che il codice civile prevede per il relativo contratto.
Di conseguenza per gli stessi giudici supremi l’assemblea ex articolo 1129 c.c. può revocare il rapporto fiduciario sempre, anche prima della scadenza, ma trattandosi di un mandato oneroso all’amministratore va corrisposto il risarcimento danni ex articolo 1725 c.c., salvo che a fondamento della revoca vi sia stata una giusta causa indicativamente ravvisabile tra quelle che giustificano la revoca giudiziale dello stesso incarico.
Quindi, all’amministratore revocato, spetta, in sede di cognizione ordinaria:
- la tutela risarcitoria (cioè la minore somma da liquidare in proporzione al tempo di effettiva esecuzione del mandato), nonché
- il risarcimento dei crediti ex artt. 1719 e 1720 c.c.
Ciò naturalmente se non esiste una giusta causa a fondamento dell’anticipata estinzione del rapporto per revoca.
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2) Il risarcimento dei danni eventuali ai condomini
Bisogna precisare che, a fronte della pretesa creditoria da parte del l’ex amministratore, i condomini possono benissimo, in via riconvenzionale, richiedere la condanna di controparte al risarcimento dei danni prodotti, con eventuale compensazione fra i crediti reciprocamente vantati dalle parti.
Così, recentemente è stata ritenuta fondata la domanda riconvenzionale avanzata dal condominio contro l'amministratore, in relazione all'emissione di assegni dal carnet condominiale, in data successiva alla revoca dell'incarico (Trib. Roma 24 gennaio 2023 n. 1105).
Infatti in tal caso, l’assenza di idonei elementi giustificativi delle dette emissioni di assegni porta alla configurabilità di un danno, per il condominio, pari alla cifra complessiva dei titoli in questione. In caso di revoca anticipata, perciò, la collettività condominiale deve pagare all'amministratore la differenza tra quanto dovuto a titolo di compenso e la somma riconosciuta a titolo di risarcimento.
3) La restituzione delle somme anticipate
Il credito dell'amministratore per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini. Pertanto, è l'amministratore che deve offrire la prova degli esborsi effettuati, trattandosi del mandatario che agisce in giudizio per il recupero delle spese e delle anticipazioni sopportate per l'esecuzione dell'incarico.
In altre parole l'amministratore ha anche l'onere di precisare quali pagamenti abbia effettuato e di dimostrare l'inerenza di essi ad obbligazioni da lui legittimamente contratte nell'interesse del condominio e nei limiti dei suoi poteri o su autorizzazione dell'assemblea (eventualmente, mediante approvazione del conto preventivo in cui la relativa spesa figuri), ovvero di propria iniziativa, ma ottenendo la ratifica dell'assemblea (Trib. Torino 18 gennaio 2021, n. 235).
La delibera assembleare che approva il rendiconto consuntivo emesso dall'amministratore ha valore di riconoscimento di debito solo in relazione alle poste passive specificamente indicate. Pertanto, ove il rendiconto evidenzi un disavanzo tra le entrate e le uscite, l'approvazione dello stesso non consente di ritenere dimostrato, in via di prova deduttiva, che la differenza sia stata versata dall'amministratore con denaro proprio, poiché la ricognizione di debito richiede un atto di volizione, da parte dell'assemblea, su un oggetto specifico posto all'esame dell'organo collegiale (Cass. civ., sez. II,14 febbraio 2017, n. 3892).
In ogni caso la circostanza che l’assemblea di condominio abbia anche conferito mandato al nuovo amministratore di revisionare la contabilità redatta dal precedente amministratore non può in alcun modo essere interpretata alla stregua di un mandato a riconoscere l’altrui credito ma solo di valutare la correttezza dell’operato del precedente mandatario da sottoporre all’esame dell’assemblea.