La divisione ereditaria in presenza di nascituri è una situazione che può apparire rara a verificarsi, ma che così rara non è.
Alla questione il codice civile dedica l'oscuro art. 715, la cui interpretazione impegna da sempre la dottrina civilistica.
L'articolo si propone, con dote di sintesi, di fare luce sul tema, offrendone una lettura piana e lineare, nella consapevolezza che molte e diverse sono le posizioni espresse dalla dottrina intorno al significato dell'art. 715 c.c..
1) ll diritto di divisione
Gli artt. 713 c. 1 e 1111 c. 1 c.c. riconoscono a ciascun soggetto che partecipi a una comunione di diritti (c.d. condividente o comunista) il diritto potestativo imprescrittibile di chiederne lo scioglimento (c.d. diritto di divisione).
Dette disposizioni riflettono il tradizionale disfavore del legislatore per le contitolarità di diritti (communio mater discordiarum); e ciò, tanto per le comunioni incidentali (arg. ex art. 713 c. 1 c.c.), quanto per le comunioni volontarie (arg. ex art. 1111 c. 1 c.c.).
2) La sospensione legale del diritto di divisione in presenza di nascituri vocati all'eredità
Quando però – data una comunione ereditaria – sussista incertezza sulla qualità di erede di uno o più condividenti, al fine di scongiurare il «rischio di dover addivenire in prosieguo ad una nuova divisione nel caso in cui (…) la composizione delle porzioni ereditarie abbia a risultare diversa da quella posta a base della divisione in precedenza effettuata» (P. Forchielli, Della divisione. Art. 713-768, in Commentario del codice civile a cura di A. Scialoja e G. Branca, Bologna-Roma, 1970, 61), la legge statuisce, in una serie di casi, la sospensione legale del diritto di domandare la divisione.
Tra questi, v'ha quello – ex art. 715 c.c. – in cui chiamati all'eredità siano nascituri concepiti ovvero non ancora concepiti (epperò, a' sensi dell'art. 462 c. 3 c.c., figli di una persona vivente al momento di apertura della successione: c.dd. concepturi).
Onde, se tra i chiamati alla successione vi sia un nascituro, la divisione non può avere luogo prima della nascita del medesimo (cfr. art. 715 c. 1 primo periodo c.c. e art. 1 c. 2 c.c.).
3) Le norme recate dall'art. 715 c.c.
Sennonché, la regola non è assoluta, dacché i capoversi dell'art. 715 c.c., in deroga alla previsione generale di cui al primo comma, dispongono che alla divisione possa eccezionalmente addivenirsi anche prima della nascita del vocato.
L'art. 715 cpv. 1-3 c.c. distingue l'ipotesi in cui il nascituro, concepito o non concepito, sia vocato in quota di eredità determinata (cpv. 1 e 2) da quella in cui il nascituro non concepito sia vocato in quota di eredità non (attualmente) determinata (ult. cpv.), non essendo, ad es., ancora dato sapere quanti saranno, complessivamente, i coeredi; e per ambo le ipotesi prevede che il giudice possa, discrezionalmente, autorizzare la divisione, fissando le opportune cautele (artt. 715 cpv. 1 e 3 c.c.), cioè cauzioni o altre garanzie (cfr. A. Palazzo, Le successioni, **, in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica e P. Zatti, Milano, 2a ed., Milano, 2000, 979).
A chiarificazione di dette regole valgano gli esempi in appresso svolti.
Il primo caso (art. 715 cc. 1-3 c.c.) è quello di Tizione che istituisce eredi, in parti uguali, Primo, Secondo e il primogenito concepturus o il nascituro concepito di Terzo; oppure – concettualmente è uguale – il caso del testamento con cui Tizione istituisce eredi, nella quota di 1/3 ciascuno, Primo e Secondo, ed eredi della quota residua, pari a un terzo, i figli concepturi di Terzo, quanti che saranno.
In tale ipotesi, si avrà una divisione (contrattuale oppure giudiziale) in tre parti. Alla divisione partecipano, sicuramente, i coeredi-accettanti e gli amministratori dei beni ereditari del nascituro (cfr. artt. 642 e 643 c.c.), i quali dovranno acconsentire alla divisione. Non devono, invece, partecipare i genitori del nascituro in quanto tali (cioè, appunto, in quanto genitori e legali “rappresentanti” del nascituro, dal momento che il concetto di rappresentanza è logicamente irriferibile a chi non disponga ancora della capacità di diritto: art. 1 c.c.). Essi intervengono, se del caso, nella veste di amministratori dell'eredità prima dell'acquisto del nascituro (artt. 642-643 c.c.). Per modo che, se amministratore dell'eredità sia un c.d. chiamato ulteriore (artt. 643 c. 1 e 642 cc. 1-2 c.c.), i genitori del concepturus non devono prestare il proprio consenso, ma possono, al più, essere sentiti dall'autorità giudiziaria. In ogni caso, sarà necessaria (art. 715 c. 2 c.c.) l'autorizzazione del Tribunale (ex art. 782 c.p.c., richiamato dall'art. 644 c.c.: A. Palazzo, op. cit., 979). In sede divisionale, al nascituro è assegnata, per il caso della sua nascita (art. 1 c. 2 c.c.), una porzione di beni determinati, che, frattanto, saranno amministrati ai sensi degli artt. 642-643 c.c. (A. Palazzo, op. cit., 979).
Il secondo caso è quello di Tizione che ha nominato eredi in parti uguali i figli nati e concepturi di Caio (in guisa che, per ogni figlio sopravvenuto di Caio, la quota di eredità dei figli nati si riduce proporzionalmente, l'eredità dovendo alfine frazionarsi in tante quote uguali quanti saranno i figli di Caio). Costui, alla morte di Tizione, ha due figli maggiorenni, Caietto e Caiettino, ma, ancora giovane, può ancora procreare. I due figli di Caio intendono dividersi l'eredità di Tizione.
Il giudice, con un proprio provvedimento (e non i condividenti giusta autorizzazione), può attribuire loro (cioè a Caietto e Caiettino) tutti i (o parte dei) beni ereditari, disponendo le opportune cautele. Nella fattispecie – si ritiene (A. Palazzo, op. cit., 980) – si ha un provvedimento giudiziale di esclusione del nascituro non concepito dalla comunione, perché il giudice nulla attribuisce ai concepturi, potendo assegnare tutti i beni ai soli coeredi esistenti (cfr. SS.UU. Cass. 10027/2012).
Il provvedimento di esclusione del concepturus dalla divisione, a seconda delle circostanze, può essere emesso in sede volontaria o in sede contenziosa (A. Palazzo, op. cit., 980). La competenza del giudice in sede volontaria va determinata a norma dell'art. 747 c.p.c. (Cass. 2684/1968).
Nel giudizio divisorio, il nascituro non è (nemmeno in senso traslato) “rappresentato” dall'amministratore dei beni ereditari ex artt. 642 ss. c.c., bensì dai genitori, in quanto non si ha, qui, un atto di disposizione di beni ereditari (destinati al nascituro per il caso della sua venuta a esistenza), ma un atto che, come detto, esclude il nascituro dalla comunione ereditaria (A. Palazzo, op. cit., 980). Conseguentemente, il ricorso di volontaria giurisdizione (va da sé, quando il procedimento giudiziale abbia carattere volontario) sarà presentato dai genitori giusta autorizzazione ex art. 320 c.c. (cfr. L. Genghini, La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della famiglia, 2a ed., Milano, 2020, 1189).