La riforma che ha interessato nell’anno in corso il processo tributario, con la Legge 130/2022 in vigore dal 16.09.2022, ha comportato la revisione e l’innovazione della disciplina delle prove, introducendo per la prima volta la prova testimoniale oltre che aggravando il relativo onere posto a carico dell’amministrazione finanziaria. Esaminiamo la problematica considerando sia la normativa previgente che le novità intervenute.
Questo articolo è un estratto dalla Circolare del giorno n.299 del 24 novembre 2022 Nuovo processo tributario: novità per l'onere della prova disponibile anche nell'abbonamento alla Circolare del giorno di Fisco e Tasse |
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1) Contenuto degli atti: la motivazione a supporto della pretesa del Fisco
Il processo tributario prende le mosse da una situazione “presupposta” nella quale – in ambito amministrativo – viene contestato (attraverso il ricorso) un atto già contenente una spiegazione articolata, in grado di supportare la pretesa del Fisco: ad esempio un avviso di accertamento, provvedimento amministrativo necessariamente dotato di motivazione.
Con la sentenza n. 14200 del 27.10.2000 la Cassazione – ripercorrendo un indirizzo consolidato in sede di giudizio di legittimità - ha ribadito che l'avviso di accertamento ha carattere di provocatio ad opponendum: esso quindi soddisfa l'obbligo della motivazione tutte le volte che il suo contenuto consenta al contribuente di conoscere la pretesa tributaria ad esso sottesa nei suoi elementi essenziali, e, quindi, di contestarne efficacemente l'an ed il quantum, e la censura deve ritenersi infondata quando il contribuente ha svolto le sue difese di merito contro gli elementi indicati nell’atto impositivo.
Secondo l’indirizzo della Cassazione, l’atto di accertamento/rettifica non deve indicare nella motivazione gli elementi probatori, essendo sufficiente che questi vengano forniti in sede processuale.
Nell’impianto del processo tributario anteriore alle ultime modifiche normative, non trovano posto né il giuramento, né la prova testimoniale.
Le dichiarazioni di terzi contenute nei processi verbali di constatazione (cui fanno riferimento – per relationem – le motivazioni di molti accertamenti fiscali) costituiscono semplici indizi. L’accertamento quindi, per potersi ritenere validamente motivato, non potrà fondarsi solamente su di esse.
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2) Nuovo processo tributario: la prova testimoniale
In seguito alle novità apportate dalla L. n. 130/2022, il co. 4 dell’art. 7 ammette ora esplicitamente la prova testimoniale. Pertanto, è previsto che:
- se lo ritiene necessario, la corte di giustizia tributaria possa ammettere la prova testimoniale;
- a tale fine non è necessario l’accordo delle parti.
La prova testimoniale, che viene esclusa solo in presenza di verbali e altri atti che fanno fede fino a querela di falso, segue quindi nel nuovo contenzioso tributario le forme previste dall’art. 257-bis c.p.c.
La testimonianza non è ammessa per i fatti dedotti nei processi verbali di constatazione. A tale riguardo va precisato che il pvc assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati.
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3) Riforma del processo tributario 2022: obblighi più stringenti per l’amministrazione
Il nuovo comma 5-bis dell’art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, anch’esso introdotto dalla riforma del 2022, stabilisce che:
- l'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato;
- il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio;
- spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non derivi dal pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.
A questo innovato quadro normativo, che rende più pregnante l’obbligo da parte dell’amministrazione finanziaria di fornire in giudizio le prove dei fatti contestati al contribuente, si aggiungono le disposizioni generali in materia di prove, applicabili anche nel giudizio tributario.
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4) Processo tributario 2022: modello di testimonianza
Per poter produrre la prova testimoniale nel giudizio, la parte che ne ha richiesto l’assunzione deve predisporre il “modello di testimonianza”. Tale modello è previsto dall’art. 103-bis disp. att. cpc e richiede una serie di specifiche indicazioni. Il testimone deve rispondere per iscritto a ognuno dei quesiti che gli sono stati posti, precisando “quali sono quelli cui non è in grado di rispondere”[1].
Se il testimone non invia o non consegna le risposte scritte nel termine stabilito, il giudice può condannarlo alla pena pecuniaria da 100 a 1000 euro o, in caso di ulteriore inerzia, da 200 a 2000 euro[2].
[1] art. 257-bis, co. 3, cpc.
[2] di cui all’art. 255, co. 1.
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