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DETRAIBILITÀ IVA IN CASO DI OPERAZIONI FITTIZIE SOLO SE VIENE DIMOSTRATA LA BUONA FEDE

Detraibilità iva in caso di operazioni fittizie solo se viene dimostrata la buona fede

L'iva su operazioni fittizie è detraibile solo se viene dimostrata la buona fede e viene eliminato ogni rischio di perdita del gettito fiscale: a dirlo la Cassazione penale

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Detraibilità dell'Iva in caso di operazioni fittizie (somministrazione di manodopera illegittima), solo se viene dimostrata la buona fede e viene eliminato ogni rischio di perdita del gettito fiscale. In caso contrario di configura il reato di frode fiscale.

Cassazione penale – sentenza n. 33994/2022 del 15.9.2022 (Presidente: Serrao Eugenia, Relatore: Bruno Mariarosaria, Data Udienza: 26.5.2022).

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1) Fatti di causa

Il Tribunale di Ravenna ha confermato il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Ravenna a carico del legale rappresentante di due società, per il reato di frode fiscale (di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 10 marzo 2000).

Il sequestro, finalizzato alla confisca diretta e per equivalente, aveva ad oggetto le somme di denaro, beni mobili ed immobili nella disponibilità della società e del legale rappresentante.

Il procedimento penale è scaturito da indagini svolte dalla Guardia di Finanza di Ravenna nei confronti della "… Service s.r.l.", al fine di accertare l'esistenza di una attività di illecita somministrazione di manodopera da parte della … Service in favore di imprese del settore turistico e della ristorazione, dissimulata attraverso la stipula di fittizi contratti di appalto di servizi.

L'attività di prestazione di servizi, consistente in somministrazione di manodopera, è stata regolarmente fatturata alle società utilizzatrici, tra cui le due di cui al presente procedimento.

Dagli accertamenti risultava come tali società avessero annotato nella contabilità fatture emesse dalla "… Service s.r.l.", in forza delle quali, per gli anni 2013, 2014, 2015 e 2016, avevano maturato un consistente credito I.V.A.

La contestazione elevata a carico della ricorrente per il reato di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 ed il conseguente sequestro si fondavano sul fatto che le fatture, secondo quanto ritenuto nel provvedimento di sequestro, sebbene riguardassero operazioni economiche effettivamente eseguite, erano relative, in realtà, ad operazioni giuridicamente inesistenti.

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2) Motivazione della decisione. La Corte riteneva configurarsi il reato di frode fiscale.

La provvisoria contestazione elevata a carico della legale rappresentante per il reato di cui all'art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 ed il conseguente sequestro scaturiva dal fatto che le fatture, sebbene riguardassero operazioni economiche effettivamente eseguite, erano relative, in realtà, ad operazioni giuridicamente inesistenti.

Secondo lo schema contrattuale standard, la … Service non assumeva su di sé alcun rischio d'impresa, pattuendo un corrispettivo calibrato esclusivamente sul costo della manodopera, maggiorato soltanto del mark-up (apertura pratica, utilizzo software ecc.), senza remunerazione dell'assunzione del rischio d'impresa e della correlativa organizzazione, elementi essenziali del contratto di appalto.

Elemento soggettivo. La conoscenza del beneficio fiscale. Non basta la condizione di imprenditrice esperta.

Secondo la precedente sentenza di rinvio della Cassazione, pur avendo i giudici ben tratteggiato la differenza tra appalto cd. "genuino" e somministrazione di manodopera, pervenendo ad un corretto inquadramento giuridico della vicenda nel suo complesso, non si erano adeguatamente soffermati sulla posizione della ricorrente e sull'elemento soggettivo dell'ipotizzato reato.

Sotto il profilo soggettivo il Tribunale non si era specificamente confrontato con i rilievi difensivi, evocando la conoscenza del beneficio fiscale conseguito dalla ricorrente, senza precisarne gli indici sintomatici se non attraverso il generico richiamo alla sua condizione di imprenditrice esperta.

La Corte, già nel primo giudizio, reputava idoneo il sistema delle false fatturazioni alla fattispecie della frode fiscale, di cui all'art. 2 d.lgs 74/2000, in quanto la … Service, sotto la forma negoziale del contratto di appalto di servizi, ex art. 29 d.lgs n. 276 del 2003, aveva in realtà dissimulato una illecita intermediazione di manodopera, non assumendo su di sé alcun rischio di impresa e consentendo alle società utilizzatrici delle fatture emesse di abbattere indebitamente il reddito di esercizio mediante imputazione del costo del servizio, rappresentato dal costo del lavoro, e di detrarre l'I.V.A. esposta nelle fatture, usufruendo di un credito che, altrimenti, le società non avrebbero maturato.

Il cd. prestito di personale o distacco è operazione esclusa dall’imposizione IVA.

Si è quindi evidenziato come le società che utilizzavano i servizi della … Service, sotto la forma negoziale del contratto di appalto, avessero in realtà dissimulato una illecita intermediazione di manodopera, al fine di beneficiare di un diverso regime impositivo e incamerare il relativo profitto, atteso che, in materia di I.V.A., il cd. "prestito di personale" o distacco non rileva ai fini dell'imposta, per cui il datore di lavoro del dipendente distaccato (somministrato), poiché resta in essere il rapporto lavorativo, continua a corrispondere la retribuzione al proprio dipendente e a richiedere al terzo utilizzatore soltanto il rimborso della spesa sostenuta nel periodo di distacco, configurandosi in questi casi non un vero e proprio pagamento di corrispettivo, ma solo un rimborso di spese sostenute, cioè un'operazione esclusa dall'imposizione I.V.A., ai sensi dell'art. 15 del d.P.R. n. 633 del 1972.

In relazione alla posizione della ricorrente il Tribunale ha richiamato numerosi messaggi e mail inviate dalla persona di riferimento delle società amministrate dalla ricorrente e sua ex dipendente. Da tale documentazione si desume come i rapporti con la … Service avessero ad oggetto esclusivamente la somministrazione di manodopera sotto forma di appalto di servizi. Si evince inoltre chiaramente come fossero le società committenti ad indicare alla … Service i dipendenti da assumere ed a gestire il loro lavoro mediante utilizzo di attrezzature proprie.

Con l'annotazione delle fatture rilasciate dalla … Service nelle scritture contabili, le società amministrate dalla ricorrente abbattevano l'imponibile, imputando il costo del lavoro ad un costo di servizi. In uno dei messaggi scambiati con la … Service, risultano essere state date indicazioni sulla dicitura da riportare nelle stesse fatture da emettere.

Elemento soggettivo. È necessario dimostrare che l’amministratrice conosceva ed ha partecipato al meccanismo frodatorio, al fine di trarre utilità sotto il profilo fiscale.

Sul piano dell'elemento soggettivo, si è posto in evidenza come le società amministrate dalla ricorrente, sulla base degli elementi analizzati, avessero partecipato al complessivo meccanismo frodatorio imbastito dalla … Service, traendone utilità sotto il profilo fiscale.

La difesa della ricorrente sosteneva che il meccanismo messo in luce esclude la possibilità, ab origine, d'individuare in capo alla ricorrente la volontà di evadere le imposte, essendo il sistema della detrazione I.V.A. conseguenza del suo regolare versamento nei confronti della società … Service, emittente le fatture.

Secondo la Corte detta impostazione è infondata, in quanto la ricorrente ha conseguito un doppio beneficio,

  • generando costi aziendali che tali non erano, da inserire nelle dichiarazioni annuali tra gli elementi passivi, e
  • detraendo l'I.V.A. esposta nelle fatture emessa da … Service,

creando in tale modo un credito che non si sarebbe generato se le parti avessero rappresentato la realtà del rapporto intercorso tra di loro (contratto di somministrazione di manodopera). Pertanto, non è sostenibile che l'operazione in questione risulti "economicamente neutra", sia per il soggetto agente che per lo Stato.

Operazioni effettivamente eseguite, ma soggettivamente inesistenti. Implica il configurarsi del reato di frode fiscale.

Le fatture emesse da … Service ed utilizzate nelle dichiarazioni fiscali dalle società committenti erano tutte relative a operazioni che, sebbene effettivamente eseguite, erano comunque soggettivamente inesistenti.

La detrazione I.V.A. è ammessa solo in presenza di fatture provenienti dal soggetto che effettua la cessione o la prestazione, mentre non entrano nel conteggio del dare ed avere ai fini I.V.A. le fatture emesse da chi non è stato controparte nel rapporto relativo alle operazioni fatturate, a nulla rilevando che le medesime fatture costituiscano la "copertura" di prestazioni acquisite da altri soggetti, ciò in quanto l'intero meccanismo poggia sul presupposto che il tributo sia versato da chi ha eseguito prestazioni imponibili, mentre il versamento dell'I.V.A. ad un soggetto non operativo o, comunque, fittiziamente interposto genera un recupero indebito dell'imposta stessa (cfr. Sez. 3, n. 20901 del 26/06/2020, Montevecchi, Rv. 279509; Sez. 3, n. 29977 del 12/02/2019, Romano, Rv. 276289). Quindi l'esposizione nella dichiarazione di dati fittizi, anche solo soggettivamente, implica il configurarsi del reato ipotizzato.

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3) Il principio di neutralità dell’IVA e Il pericolo di perdita del gettito fiscale.

Il principio di neutralità dell’IVA e la sentenza della CGUE nella causa 712/19 (EN.SA. Srl vs. Agenzia delle entrate). Il pericolo di perdita del gettito fiscale.

La difesa invocava il principio di neutralità dell'I.V.A., secondo il quale, essendo l'I.V.A. un'imposta che colpisce i consumi, la stessa deve gravare soltanto sull'effettivo utilizzatore finale del bene o del servizio e, pertanto, non deve incidere su nessuna delle fasi di produzione o commercializzazione che precedono la fase di consumo. Ne deriva che, secondo la prospettazione difensiva, anche avallata da una recente pronuncia della Corte di Giustizia (nella causa 712/19 - Ensa srl vs Agenzia delle entrate), richiamata nel ricorso, qualora il soggetto emittente la fattura per operazioni inesistenti abbia comunque versato l'imposta allo Stato, sorgerebbe la possibilità della sua detrazione per il soggetto utilizzatore che ha pagato la fattura e corrisposto anche anticipatamente l'imposta.

In tali casi, si sostiene, sarebbe scongiurato ogni pericolo di perdita del gettito fiscale e sorgerebbe il diritto alla detrazione dell'imposta per l'utilizzatore che l'abbia anticipatamente versata. La difesa critica le argomentazioni fornite dal Tribunale nella ordinanza impugnata, che, nel rigettare la questione, ha osservato come il caso esaminato dalla Corte di Giustizia nella sentenza n. 712 del 21/9/2017, non abbia attinenza con la fattispecie concreta in esame.

4) Una operazione fittizia non può dare diritto ad alcuna detrazione dell’IVA

La questione posta è stata già affrontata dalla Corte in altra pronuncia, in cui si è condivisibilmente osservato:

“Sulla domanda pregiudiziale presentata nell'ambito di una controversia tra, da un lato, la EN.SA. Srl e, dall'altro, l'Agenzia delle Entrate - Direzione Regionale della Lombardia che verteva sull'interpretativa della c.d. direttiva iva (direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006), la Corte di Giustizia ha affermato alcuni punti fermi. 

In primo luogo, ha rilevato che l'indetraibilità dell'IVA relativa ad operazioni inesistenti emerge dall'articolo 168 di tale direttiva secondo cui «il soggetto passivo può detrarre l’IVA di cui sono gravati i beni e i servizi impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta. In altri termini, il diritto a detrarre l’IVA gravante sull'acquisto di beni o servizi a monte presuppone che le spese effettuate per acquistare questi ultimi facciano parte degli elementi costitutivi del prezzo delle operazioni tassate a valle (v., in tal senso, sentenza del 6 settembre 2012, Portugal Telecom, C-496/11, EU:C:2012:557, punto 36)» e «quando un'operazione di acquisto di un bene o di un servizio è inesistente, essa non può avere alcun collegamento con le operazioni del soggetto passivo tassato a valle. 

Di conseguenza, quando manca la realizzazione effettiva della cessione di beni o della prestazione di servizi, non può sorgere alcun diritto a detrazione (sentenza del 27 giugno 2018, SGI e Valériane, C-459/17 e C-460/17, EU:C:2018:501, punto 36)» ed è pertanto «inerente al meccanismo dell'IVA il fatto che un'operazione fittizia non possa dare diritto ad alcuna detrazione di tale imposta». 

Dall'altro lato, prosegue la Corte di Giustizia, «l'obbligo per chiunque indichi l’IVA in una fattura, di assolvere tale imposta compare espressamente all'articolo 203 della direttiva IVA. A tal riguardo, la Corte ha precisato che l’IVA indicata in una fattura è dovuta dall'emittente di tale fattura, anche in assenza di una qualsiasi operazione imponibile reale (v., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 38)» ed ha evidenziato come «le due norme summenzionate non si applicano al medesimo operatore. È l'emittente di una fattura a essere debitore dell'IVA in essa indicata, mentre l'indetraibilità dell'IVA relativa a operazioni inesistenti è opponibile al destinatario di tale fattura».

In risposta alla domanda pregiudiziale, La Corte di Giustizia ha rilevato che «anche la lotta contro la frode, l'evasione fiscale ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato dalla direttiva IVA (sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 46). Orbene, il rischio di perdita di gettito fiscale non è, in linea di principio, eliminato completamente fintantoché il destinatario di una fattura che indica un'IVA non dovuta possa utilizzarla al fine di ottenere la detrazione di tale imposta (sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 31). In quest'ottica, l'obbligo di cui all'articolo 203 di tale direttiva mira a eliminare il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dal diritto a detrazione (sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 32).

5) L’IVA indebitamente fatturata deve essere rimborsata se il contribuente dimostra la propria buona fede e non c'è pericolo di perdita di gettito

L’IVA indebitamente fatturata per operazioni fittizie deve essere rimborsata se il contribuente dimostra la propria buona fede e ha eliminato il rischio di perdita del gettito erariale.

Tuttavia, in forza del principio di proporzionalità, detto obbligo non deve eccedere quanto necessario per il raggiungimento di tale obiettivo e, segnatamente, non deve arrecare un pregiudizio eccessivo al principio di neutralità dell'IVA». 

Conclude affermando che nella situazione in cui il carattere fittizio delle operazioni ostacola la detraibilità dell'imposta, il rispetto del principio di neutralità dell'IVA è garantito dalla possibilità, che spetta agli Stati membri prevedere, di rettificare ogni imposta indebitamente fatturata, purché l'emittente della fattura dimostri la propria buona fede o abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita di gettito fiscale (sentenza del 31 gennaio 2013, Stroy trans, C-642/11, EU:C:2013:54, punto 43)». 

Ciò che rileva, «è che la direttiva IVA, letta alla luce dei principi di neutralità e di proporzionalità, impone agli Stati membri di consentire all'emittente di una fattura relativa a un'operazione inesistente di richiedere il rimborso dell'imposta, indicata su tale fattura, che egli ha dovuto assolvere, qualora abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdite di gettito fiscale»" (così, in motivazione, Sez. 3, n. 11633/22 n.m.). 

Per le suddette ragioni la Corte riteneva che non contrasta con il diritto comunitario una normativa nazionale che preveda l'indetraibilità dell'I.V.A., pur assolta dall'emittente, in presenza di fatture per operazioni inesistenti ove, come chiarito in precedenza, non sia dimostrata la buona fede in capo all'emittente e non si sia ovviato all'eliminazione di ogni rischio di perdita del gettito fiscale, circostanze, queste, non individuabili nel caso in esame.

Fonte immagine: Foto di Oliver Menyhart da Pixabay
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