In Gazzetta ufficiale del 29 luglio 2022 numero 176, ha trovato spazio il Decreto legislativo 27 giugno 2022 numero 104 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea”.
La norma, in vigore dal 13 agosto 2022, si pone principalmente l’obiettivo di ampliare, seguendo il dettato della normativa europea, il corredo informativo da rendere al lavoratore, già previsto dal Decreto legislativo 26 maggio 1997 numero 152.
E' STATA PUBBLICATA IL 20.9.22 UNA CIRCOLARE MINISTERIALE leggi i dettagli in Obbligo trasparenza i chiarimenti ai datori di lavoro
I filoni principali attorno ai quali si sviluppa la riforma (denominata “Decreto Trasparenza”) riguardano:
- • Estensione delle informazioni da fornire ai lavoratori, compresi quanti svolgono la prestazione all’estero;
- • Ampliamento della sfera di applicazione soggettiva della disciplina;
- • Attenzione all’impatto delle nuove tecnologie sui rapporti di lavoro, in particolare degli strumenti di controllo a distanza ed in generale di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati;
- • Introduzione di disposizioni legislative specifiche per le prestazioni di lavoro occasionale, lavoro intermittente e somministrazione di lavoro;
- • Modificazione in peius delle sanzioni in caso di omesso, ritardato, incompleto o inesatto adempimento degli obblighi da parte del datore di lavoro – committente.
La seconda parte del Decreto legislativo numero 104/2022 si occupa invece di riconoscere una serie di nuovi diritti materiali, al fine di garantire una maggiore tutela alle condizioni di lavoro. Ci si concentra in particolare su:
Diritto ad una ragionevole durata del periodo di prova |
Diritto al cumulo di impieghi; |
Diritto alla prevedibilità minima del lavoro; |
Diritto di precedenza all’assunzione; |
Formazione obbligatoria. |
Il testo di legge si conclude poi con alcuni meccanismi di:
- Risoluzione rapida delle controversie;
- Protezione da trattamento o conseguenze sfavorevoli;
- Protezione contro il licenziamento o contro il recesso del committente ed onere della prova.
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1) Periodo di prova pre Decreto Trasparenza
Come detto, la seconda parte del Decreto Trasparenza si concentra su una serie di prescrizioni minime da garantire al lavoratore. In particolare, l’articolo 7 del Decreto Trasparenza si occupa dell’istituto del periodo di prova, già presente nel nostro ordinamento e disciplinato dall’articolo 2096 del Codice civile.
Prima di affrontare quanto previsto dal Decreto legislativo numero 104/2022 è opportuno anticipare che, in ogni tipologia di contratto di lavoro, le parti (datore di lavoro e dipendente) possono contemplare un periodo di tempo, nel corso del quale si valuta la reciproca convivenza.
FORMA SCRITTA
A norma del Codice civile (articolo 2096) il periodo di prova “deve risultare da atto scritto” e, in mancanza di una specifica disposizione legislativa, la giurisprudenza di Cassazione ha precisato che il patto debba essere siglato contestualmente alla stipula del contratto di assunzione e prima dell’esecuzione del rapporto (sentenze del 14 ottobre 1999 numero 11597 e del 3 giugno 2002 numero 8038).
Il patto:
• Stipulato in un momento successivo;
• Non sottoscritto da entrambe le parti;
è nullo e va considerato come non apposto.
Nella clausola con cui si prevede il periodo di prova devono essere indicate, con precisione, le mansioni affidate al lavoratore “atteso che, da una parte, la possibilità per il lavoratore di impegnarsi secondo un programma ben definito in ordine al quale poter dimostrare le proprie attitudini, e, dall’altra, la facoltà del datore di lavoro di esprimere la propria valutazione sull’esito della prova,...in relazione a compiti esattamente identificati sin dall’inizio” (Cassazione sentenza del 10 ottobre 2006 numero 21698).
L’omessa specifica indicazione delle mansioni è motivo di nullità del patto, con automatica conversione dell’assunzione in definitiva sin dall’inizio.
Sotto questo aspetto è possibile fare riferimento alla classificazione operata dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato (CCNL)
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2) Periodo di prova durata, calcolo, retribuzione
DURATA MASSIMA
La durata massima del periodo di prova è definita dai contratti collettivi.
Di norma, la durata della prova è direttamente proporzionale alla complessità dell’attività richiesta, nonché all’esperienza e alle competenze necessarie.
Nel definire il periodo di prova i CCNL hanno come limite quanto fissato dalla legge:
• Sei mesi per tutti i lavoratori (articolo 10 della Legge numero 604/1966);
• Tre mesi per gli impiegati non aventi funzioni direttive (articolo 4 Regio decreto-legge numero 1825/1924).
In ogni caso, il contratto individuale, nel rispetto del limite legale, con riferimento a quanto previsto dal CCNL, può:
• Ridurre il periodo di prova;
• Aumentarne la durata, nel solo caso in cui la complessità delle mansioni affidate al lavoratore renda necessario, nell’interesse di entrambe le parti, un periodo di tempo più lungo (sentenza Cassazione 19 giugno 2000 numero 8295).
La contrattazione collettiva si preoccupa di definire la durata del periodo di prova in giorni di effettivo lavoro o di calendario.
In assenza la Cassazione ha precisato che, se il periodo è stabilito in mesi:
• Il calcolo dev’essere effettuato secondo il calendario comune, considerando anche i giorni di sospensione
• In alternativa, occorre considerare l’attività effettivamente svolta, senza tener conto dei periodi di malattia, infortunio, gravidanza e puerperio, permessi, sciopero e ferie, eccezion fatta per riposi settimanali e festività.
Al contrario, nel caso in cui la prova sia definita in giorni, si fa riferimento ai soli periodi di effettivo lavoro.
RETRIBUZIONE, DIRITTI E OBBLIGHI
Nel corso del periodo di prova le parti mantengono gli obblighi e i diritti ordinariamente previsti. Il trattamento economico e normativo dev’essere peraltro identico a quello riconosciuto ai lavoratori non in prova, con maturazione di trattamenti quali ferie, Tfr, mensilità aggiuntive ed anzianità di servizio. (...)
RECESSO
Durante o al termine del periodo di prova, entrambe le parti sono libere di recedere dal contratto, senza obbligo di:
• Motivazione;
• Rispettare un periodo di preavviso;
• Corrispondere un’indennità sostitutiva del preavviso.
ATTENZIONE : Nel caso in cui, le parti abbiano stabilito una durata minima del periodo di prova, il recesso può avvenire solo dopo la scadenza.
Per comunicare l’interruzione del rapporto non è obbligatoria la forma scritta.
Il recesso del datore di lavoro è considerato illegittimo se:
1) La prova non è stata concretamente consentita
2) Il licenziamento è riconducibile ad un motivo illecito o estraneo al rapporto
Al dipendente è fatto carico di dimostrare l’esistenza di almeno una delle situazioni di annullamento citate.
A fronte del recesso illegittimo, il lavoratore ha diritto a terminare il periodo di prova o, al contrario, ottenere il risarcimento del danno.
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3) Periodo di prova 2022 dopo il decreto Trasparenza
Una volta analizzato quanto prevede l’ordinamento italiano sul periodo di prova, comprendiamo che alcune disposizioni previste dal Decreto Trasparenza erano già contemplate dalla normativa e / o dalla giurisprudenza consolidata di Cassazione.
L’articolo 7 comma 1 del Decreto legislativo numero 104/2022 prevede infatti che il periodo di prova “non può essere superiore a sei mesi”, salva la “durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi”.
Nel rapporto di lavoro a termine, la prova è stabilita “in misura proporzionale alla durata del contratto ed alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego” (articolo 7 comma 2). Nessun nuovo periodo di prova può essere contemplato in caso di rinnovo contrattuale per lo svolgimento delle stesse mansioni.
Il verificarsi di eventi quali malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori, comporta l’estensione della prova “in misura corrispondente alla durata dell’assenza” (articolo 7 comma 3).
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