Come noto, l’art. 110, comma 7 del TUIR, prevede che “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito (…)”. Il comma in commento, in sostanza, disciplina la normativa nazionale in materia di transfer pricing nei rapporti infragruppo tra soggetti italiani ed esteri.
Detta norma va coordinata con le indicazioni fornite dal D.M. 14.05.2018, dal provvedimento AE n. 360494 del 23.11.2020 e dalle circolari n. 15/E del 26.11.2021 e n. 16/E del 24.05.2022.
Questo articolo è un estratto della Circolare del Giorno 224 del 5 agosto 2022 "Transfer pricing e intervallo di libera concorrenza" disponibile anche nell'abbonamento alla circolare del giorno di Fiscoetasse Degli stessi autori segnaliamo l'e-book Transfer price - il punto a inizio 2022 |
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1) Premessa
L’art. 110, comma 7 del Tuir disciplina la normativa nazionale in materia di transfer pricing nei rapporti infragruppo tra soggetti italiani ed esteri. Il comma in questione è stato modificato dall’art. 59, comma 1 del D.L. 50/2017 per rendere maggiormente coerente la normativa nazionale in materia di transfer pricing con la disciplina internazionale elaborata in ambito OCSE, le cui linee guida sono state aggiornate da ultimo proprio a gennaio 2022.
Anche nei rapporti infragruppo, in ambito internazionale, è necessario applicare prezzi a valore di “mercato”, a nulla rilevando il fatto che si tratti di soggetti appartenenti al medesimo “gruppo”.
Il 14.05.2018 è stato approvato dal Ministro dell’economia e delle finanze il decreto inerente alle linee guida per l’applicazione delle disposizioni sul transfer pricing.
L’art. 6, comma 1 del D.M. 14.05.2018 stabilisce che:
Si considera conforme al principio di libera concorrenza l'intervallo di valori risultante dall'indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato ai sensi dell'art. 4, qualora gli stessi siano riferibili a un numero di operazioni non controllate, ognuna delle quali risulti parimenti comparabile all'operazione controllata, in esito all'analisi di cui all'art. 3 |
Ed il successivo comma 2 prevede altresì che:
Un’operazione controllata, o un insieme di operazioni controllate aggregate in base all’articolo 5, si considerano realizzati in conformità al principio di libera concorrenza, qualora il relativo indicatore finanziario sia compreso nell’intervallo di cui al comma 1 del presente articolo |
Già appena uscito il Decreto nel 2018, gli operatori del settore hanno osservato come la nuova indicazione contenuta nel D.M. andava accolta con favore perché stava a significare che qualsiasi punto dell’intervallo cui si sarebbe collocato l’indicatore finanziario sarebbe risultato idoneo a esprimere il prezzo di libera concorrenza.
La previsione è assolutamente allineata con la disciplina Ocse. In sostanza, stando alla nuova indicazione, non dovrebbe più esser consentito all’Agenzia Entrate, in ipotesi di accertamento in materia di transfer pricing, di operare – come accadeva sovente in passato – delle rettifiche dei prezzi di trasferimento al solo fine di riportare il valore della transazione controllata a un punto fisso dell’intervallo degli indicatori finanziari raccolti tra i vari comparables (ad esempio la mediana).
La conferma a tale impostazione giunge definitivamente con la circolare n. 16/E del 24.05.2022.
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2) Indicatore finanziario
L’art. 2, comma 1, lettera f) del D.M 14.05.2018 definisce l’indicatore finanziario come
il prezzo, il rapporto tra il margine di profitto, lordo o netto, e un'appropriata base di commisurazione a seconda delle circostanze del caso (ivi inclusi i costi, i ricavi delle vendite e le attività), nonché la percentuale di ripartizione di utili o perdite |
L’indicatore finanziario potrebbe essere anche un indice di bilancio: ad esempio, per studiare un distributore, dove il capitale investito può avere una rilevanza relativa, si può valutare di utilizzare il ROS (Return on sale) – pari al rapporto tra il reddito operativo e le vendite. Se, al contrario, si dovesse dare particolare importanza al capitale investito, si può valutare di utilizzare il ROI (Return on investment) – pari al rapporto tra il reddito operativo ed il capitale investito.
Generalmente il ROE (Return on equity) – pari al rapporto tra l’utile netto ed il capitale investito – non costituisce un indicatore finanziario particolarmente significativo in quanto comprensivo di tutte le componenti reddituali dell’azienda, quindi anche di quelle:
- finanziarie,
- straordinarie,
- fiscali.
L’art. 3 del D.M. 14.05.2018 definisce la comparabilità tra operazioni come l’assenza di differenze significative tali da incidere in maniera rilevante sull'indicatore finanziario utilizzabile in applicazione del metodo più appropriato.
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3) La scelta dei comparables e gli step del par. 5 della Circolare 16/E/2022
La circolare 16/E/2022 riporta, al paragrafo 5), un elenco di passaggi necessitati per determinare “l’intervallo di libera concorrenza” tra la scelta di comparables, la scelta dell’indica finanziario ed il calcolo dell’intervallo.
Il primo passo, secondo l’Agenzia, attiene all’individuazione di un campione di comparables. Si tratta, in sostanza, di raccogliere un insieme di “aziende” che possono essere considerate “comparabili” rispetto alla società oggetto di analisi. Il campione di comparables può essere creato secondo due approcci:
- l’approccio deduttivo;
- l’approccio additivo.
L'approccio "deduttivo" si sostanzia nella interrogazione di banche dati pubbliche al fine di ottenere un ragionevole numero di potenziali comparabili, ad esempio utilizzando come “chiave” di ricerca il codice attività: il passaggio successivo è rappresentato dallo studio del campione al fine di escludere i soggetti che, ad una analisi più puntuale, non possono essere definiti comparabili.
Diversamente, con il metodo additivo il contribuente individua personalmente una serie di potenziali comparabili da analizzare.
Una volta individuato il “campione”, secondo l’Agenzia si deve valutare se lo stesso risulti caratterizzato da un omogeneo grado di comparabilità e:
- se la risposta è negativa è necessario depurare i soggetti non considerati comparabili, ed altresì comprimere l’intervallo anche attraverso l’applicazione di strumenti statistici;
- se, invece, la risposta è positiva si calcolano gli indicatori finanziari dei vari soggetti comprabili e si ottiene un intervallo. Tutti i valori dell’intervallo non compresso (full range) o dell’intervallo ristretto rappresentano valori conformi al principio di libera concorrenza.
A questo punto occorre valutare se l’indicatore finanziario dell’azienda analizzata ricade all’interno dell’intervallo. In tal caso:
- se la risposta è affermativa l’analisi si ferma, ciò sta a significare che i prezzi applicati infragruppo rispettano i valori di mercato.
- se la risposta è negativa, (ovvero in caso di mancata inclusione nell’intervallo), l’impresa analizzata dovrà fornire idonee giustificazioni.
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