La riforma del processo tributario interviene sulla disciplina del reclamo-mediazione limitatamente alle spese processuali qualora la proposta conciliativa non sua stata accettata senza giustificato motivo.
L’innovazione normativa è frazionata in due parti incidendo sul nuovo testo del comma 8-octries dell’art. 15 del d.lgs.31.12.1992, n. 546, sia sul successivo art. 17-bis nel quale è inserito il nuovo comma 9-bis.
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1) Le spese processuali
Se la parte, senza addurre giustificato motivo, ha rifiutato la proposta di conciliazione formulata dalla controparte ovvero dal giudice subisce l’aggravio del 50% delle spese processuali. La penalizzazione, tuttavia, non è automatica poiché tale regola trova applicazione soltanto se il riconoscimento delle sue pretese risulta inferiore al contenuto della proposta che le è stata fatta.
La finalità della norma va individuata con lo scopo di deflazionare il contenzioso tributario favorendo la definizione della controversia in maniera conciliativa.
Per i ricorsi notificati prima dell’entrata in vigore della legge di riforma del processo tributario il comma 2-octies prevede che il rifiuto non giustificato della proposta formulata dalla controparte comporta soltanto l’addebito a carico della parte delle sole spese processuali.
Dal giorno successivo, invece,
- La proposta può essere formulata sia dalla parte sia dal giudice;
- Il rifiuto, sempre che il riconoscimento delle pretese della parte risulti inferiore alla proposta conciliativa ricevuta, comporta il carico dell’addebito delle spese di giudizio maggiorate del 50%.
Se è intervenuta la conciliazione, come regola generale, le spese di lite si intendono compensate. Tuttavia, le parti possono disporre diversamente inserendo esplicita ed apposita clausola nel processo verbale di conciliazione.
Le spese di lite (art. 15, comma 2-octies, periodo 1)
Prima della riforma | Dopo la riforma |
Qualora una delle parti abbia formulato una proposta conciliativa non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest’ultima le spese del processo ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. | Qualora una delle parti ovvero il giudice abbia formulato una proposta conciliativa non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest’ultima le spese del giudizio maggiorate del 50% ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata. |
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2) Quali sono le spese del giudizio?
Il comma 2-ter precisa che sono da identificare gli importi, se dovuti, a titolo di:
- contributo unificato tributario;
- onorari e diritti del difensore;
- spese generali;
- esborsi sostenuti;
- contributo previdenziale;
- imposta sul valore aggiunto.
La parte soccombente, come regola generale, è condannata a rimborsare le spese di giudizio che sono liquidate con la sentenza. Tuttavia, nel caso di soccombenza reciproca, nonché qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni, la sentenza può compensare in tutto o in parte le spese del giudizio.
Il comma 2-bis richiama il primo e il terzo comma dell’art. 96 c.p.c. per cui:
- se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna non solo al pagamento delle spese processuali ma anche al risarcimento dei danni, che liquida anche d’ufficio nella sentenza;
- quando si pronuncia sulle spese, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.
Con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari si provvede sulle spese relativamente alla relativa fase processuale. La pronuncia conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo quanto è diversamente espresso nella sentenza di merito come è previsto dall’art. 15, comma 2-quater, del d.lgs. 31.12.1992, n. 546.
Va rilevata la permanenza della singolarità di tale disposizione che prevede due sentenze posto che, a differenza del processo civile, la trattazione della sospensione degli effetti dell’atto impugnato necessariamente ha la successiva trattazione del merito.
L’aggravio del 50% delle spese processuali impone maggiore attenzione alla difesa del contribuente che abbia rifiutato la proposta di conciliazione poiché va sottolineato che:
- se il rifiuto è fatto senza motivazione, la penalizzazione è automatica qualora il ricorso sia respinto;
- se il rifiuto è suffragato adducendo un giustificato motivo, la maggiorazione non è dovuta; ma, dal punto di vista procedurale, il contribuente, oltre a costituirsi in giudizio con il deposito del ricorso-reclamo introduttivo, deve anche produrre una memoria con la quale giustifica il rifiuto della proposta ricevuta.
In qualsiasi caso, e per di più anche nell’ipotesi di soccombenza parziale, al giudice è demandato il compito di verificare l’esistenza della condizione che legittima l’aggravio del 50% delle spese processuali, cioè la presenza di validi e giustificati motivi ovvero, al contrario, ragioni infondate o pretestuose. In definitiva, il “giustificato motivo” può dare origine a non facili problematiche interpretative.
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3) Il rigetto del reclamo e il mancato accoglimento della proposta di mediazione
Il nuovo comma 9-bis dell’art. 17-bis innova l’istituto del reclamo-mediazione disciplinando il caso di soccombenza di una delle parti.
Se il ricorso-reclamo del contribuente non è accettato ovvero il contribuente non accetta la proposta di mediazione formulata dall’ente impositore, in relazione alle ragioni che sono state espresse nel ricorso introduttivo o nella fase di mediazione, la soccombenza di una delle parti comporta la sua condanna al pagamento delle spese del giudizio.
La norma focalizza l’attenzione non solo sul contribuente ma anche sull’ente impositore o, meglio, sul funzionario che immotivatamente ha rigettato il reclamo o non ha accettato la proposta di mediazione al quale può essere addebitata l’eventuale responsabilità amministrativa.
In sostanza, il reclamo e la mediazione proposta dal contribuente devono avere una valutazione finalizzata a deflazionare il contenzioso. Rimane, però, aperta la problematica qualora l’ufficio impositore si limiti soltanto a concedere unicamente l’applicazione della sanzione nella misura del 35% del minimo previsto per legge ricalcando il comma 7 dell’art. 17-bis.
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