Il datore di lavoro che desidera erogare il servizio dei pasti ai lavoratori è libero nella scelta della tipologia dell'offerta, potendo optare, all'interno del proprio sistema di welfare aziendale:
- per l'erogazione di buoni pasto o "ticket restaurant" (sia in formato cartaceo che elettronico);
- per il riconoscimento di un'indennità sostitutiva;
- oppure per la somministrazione del vitto tramite l'organizzazione di una mensa interna (o anche tramite terzi).
Vediamo il trattamento fiscale dei buoni pasto e le indicazioni fornite nel merito, nel corso del tempo, da parte dell’Agenzia delle Entrate.
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Per approfondire vedi la Circolare del Giorno 126 -2022 La disciplina fiscale dei buoni pasto disponibile anche nell'abbonamento alla Circolare del Giorno di Fiscoetasse |
1) Buoni pasto: disciplina generale
I datori di lavoro possono somministrare pasti a favore dei dipendenti attraverso una mensa o mediante servizi sostitutivi.
La fornitura dei buoni pasto rappresenta infatti un servizio sostitutivo di mensa, di importo corrispondente al valore facciale del buono pasto.
BUONI PASTO | |
DEFINIZIONE | Documenti, emessi in forma cartacea o elettronica, che danno al possessore il diritto di ottenere, dagli esercizi convenzionati con la società di emissione dei buoni stessi, la somministrazione di alimenti e bevande e la cessione di prodotti di gastronomia pronti per il consumo, escludendo ogni prestazione in denaro |
CARATTERISTICHE | Non risultano:
Sono equiparabili a compensi in denaro e non in natura |
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2) Buoni pasto: definizione
L’articolo 2, comma 1, lett. c), D.M. 122/2017 definisce il buono pasto come:
“il documento di legittimazione, anche in forma elettronica (…) che attribuisce, al titolare, ai sensi dell’articolo 2002 del codice civile, il diritto ad ottenere il servizio sostitutivo di mensa per un importo pari al valore facciale del buono e, all’esercizio convenzionato, il mezzo per provare l’avvenuta prestazione nei confronti delle società di emissione”. |
L’articolo 4 dello stesso decreto dispone poi che i buoni pasto:
- consentono al “titolare” di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono (ossia il valore della prestazione indicato sul buono, IVA inclusa);
- consentono all’esercizio convenzionato di provare documentalmente l’avvenuta prestazione nei confronti delle società emittente i buoni;
- sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato (a tempo pieno o parziale), anche qualora l’orario di lavoro non preveda una pausa per il pasto, nonché dai soggetti che “hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”;
- non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di 8 buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare;
- sono utilizzabili esclusivamente per l’intero valore facciale.
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3) Trattamento fiscale dei buoni pasto
Fiscalmente i buoni pasto, essendo veri e propri compensi (in natura) corrisposti al lavoratore dipendente, devono essere in generale sottoposti a tassazione ai fini dell’Irpef in capo al dipendente.
Tuttavia, i buoni pasto concessi alla generalità/categorie omogenee di dipendenti non generano, in capo a loro, reddito imponibile (e di conseguenza contributivo) entro il limite massimo di:
- € 4 se in formato cartaceo,
- € 8 se in formato elettronico.
Per quanto attiene la natura reddituale della consegna del buono , la R.M. 26/2010 ha ritenuto che si tratta di importo assimilato ad un compenso “in denaro” (non in natura), motivo per cui non trova applicazione la non imponibilità fino al limite di € 258 annui dell’eccedenza rispetto al limite di esenzione specifica fino ad € 4 / 8.
Per questo motivo solo l’eventuale maggiore valore sarà assoggettato a tassazione.
Esempio Un lavoratore ha ricevuto
Per il lavoratore soltanto € 2 (giornalieri) sconteranno la tassazione in busta paga ai fini Irpef |
Invece per il datore di lavoro tali spese, analogamente a quelle relative ad una convenzione con un esercizio pubblico, rappresentano il costo per l’acquisizione di un servizio complesso non riducibile alla semplice somministrazione di alimenti e bevande.
L’acquisto dei buoni pasto è completamente deducibile e, dunque, non sconta il limite del 75% fissato per le spese di vitto e alloggio.
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4) Cumulabilità del buono pasto
In relazione alla cumulabilità dei buoni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il divieto di cumulo oltre il limite di 8 buoni pasto non rileva sotto il profilo fiscale, non incidendo, ai fini Irpef, sui limiti di esenzione dal reddito di lavoro dipendente. Pertanto, la non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente (ed assimilato) dei ticket opera, nei limiti di 4/8 € giornalieri, a prescindere dal numero di buoni utilizzati.
Il datore di lavoro è tenuto di conseguenza a verificare i limiti di esenzione, valutando esclusivamente il valore nominale dei buoni erogati.
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5) Buono pasto e indennità sostitutiva la non imponibilità in capo al dipendente
Fiscalmente, l’art. 51, co. 2, lett. c) del Tuir prevede la totale esclusione dalla base imponibile Irpef per le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro:
- presso la propria azienda;
- in quelle inter-aziendali;
- effettuate in mense aziendali organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi. Rientrano in tale accezione anche i casi di convenzioni stipulate con ristoranti e la fornitura di cestini preconfezionati contenenti il pasto dei dipendenti.
ATTENZIONE l’indennità sostitutiva di mensa è considerata a tutti gli effetti parte integrante della retribuzione, pertanto viene inserita in busta paga, moltiplicata per i giorni in cui il lavoratore è stato presente in azienda ed è esente fino alla soglia di 5,29 euro.
Fornire buoni pasto/ticket spendibili in esercizi pubblici convenzionati è una fattispecie assimilata a quelle precedenti. In questi casi, quindi, l’irrilevanza fiscale del benefit erogato coincide con il valore nominale dello stesso – non esiste cioè un limite – come avviene invece per le prestazioni sostitutive) e quindi il sostituto d’imposta non opera alcuna ritenuta fiscale o trattenuta contributiva.
Art. 51 c. 2 Tuir “Non concorrono a formare il reddito (di lavoro dipendente) (omissis) lett. c) le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di € 5,29, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ed altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione“ |
Con riferimento alla fattispecie del “buono pasto” – in relazione ai quali, ai fini dell’esclusione, si deve fare riferimento al valore nominale del buono – è stato chiarito che negli stessi deve essere individuabile un collegamento tra i tagliandi ed il tipo di prestazione cui danno diritto. Inoltre:
- i tagliandi devono recare sul retro la precisazione che non possono essere
- cedibili,
- cumulabili,
- commerciabili,
- convertibili in denaro;
- i buoni devono consentire esclusivamente l’espletamento della prestazione sostitutiva nei confronti dei dipendenti che ne hanno diritto, ed essere debitamente datati e sottoscritti.
Part- time | L’esenzione fino all’importo giornaliero di € 4/8 opera anche in presenza di personale assunto a tempo parziale anche quando l’orario lavorativo non prevede il diritto alla pausa pranzo |
Categorie omogenee | Non va fatto riferimento al codice civile (dirigenti, operai, eccetera), ma tutti i dipendenti di un certo tipo (es: lavoratori di una certa qualifica o un certo livello). Ove le prestazioni non riguardino almeno una categoria omogenea di dipendenti, l’importo va considerato compenso (in natura o denaro) assoggettato a tassazione |
Modalità diverse di somministrazione | Il datore di lavoro può scegliere modalità diverse di somministrazione dei pasti ai dipendenti, potendo adottare più sistemi contemporaneamente (ad esempio istituendo il servizio di mensa per una categoria di dipendenti o implementando il sistema dei c.d. “ticket restaurant” per un’altra categoria e provvedere all’erogazione di una indennità sostitutiva per un’altra ancora – magari per chi non possa usufruire del servizio mensa). Non è invece possibile che lo stesso dipendente, con riferimento alla medesima giornata di lavoro, possa avvalersi di più prestazioni: per esempio avvalersi del servizio mensa ed utilizzare anche il buono pasto beneficiando della franchigia di euro 4/8 di esclusione dal reddito |
Alla luce di quanto chiarito, va ricordato che qualora il contribuente si rechi in trasferta la fornitura del buono pasto in aggiunta al rimborso del vitto, determina la riduzione della franchigia di imposta relativa all’indennità di trasferta, e comporta l’integrale tassazione del predetto ticket.