Il 1° luglio 2022 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il D. Lgs 83/2022 (“Decreto 83/2022”) recante le modifiche[1] al Codice della Crisi e dell’insolvenza in attuazione alla direttiva (UE) 1023/2019 in tema di ristrutturazioni ed insolvenza, c.d. “Direttiva Insolevncy” (il cui termine ultimo è fissato per il 17 luglio 2022).
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Si ricorda che, il decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 – recante ulteriori misure urgenti per l’attuazione del PNRR – ha rinviato l’entrata in vigore del Codice della crisi, in ultimo al 15 luglio 2022 (in ragione del completamento della disciplina evitando questioni intertemporali nell’applicazione delle norme).
Il legislatore italiano è intervenuto di fatto aderendo:
- ai principi europei, per:
- favorire l’emersione tempestiva della crisi attraverso strumenti di allerta che incentivino l’imprenditore ad attivarsi volontariamente per il superamento della situazione di difficoltà;
- valorizzare l’autonomia privata delle parti con la previsione di strumenti stragiudiziali e con la limitazione dei poteri di intervento dell’autorità giudiziaria;
- porre al centro della tutela la “risanabilità dell’impresa”, quale valore giuridico, da preservare attraverso procedure di ristrutturazione efficienti che favoriscano la continuità aziendale;
- agli obiettivi del PNRR a favore della riduzione dei tempi della giustizia;
- con una logica preventiva, il nuovo istituto della composizione negoziata della crisi e,
- con una logica di supporto alla ripartenza, il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio.
Le novità di maggior rilievo introdotte dal decreto analizzati nel prosieguo s’incentrano su:
a. la nozione di crisi che si rispecchia negli assetti organizzativi dell’impresa;
b. l’individuazione degli indicatori che colmano il vuoto dell’art. 2086 c.c.;
c. gli strumenti per la ristrutturazione.
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1) Focus sulla nozione di crisi e sugli adeguati assetti
Il Decreto 83/2022 (ri)definisce la crisi d’impresa: “lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza, che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei dodici mesi successivi, anziché nei sei mesi successivi previsti dall’originaria versione del Codice della crisi[2]”. Tale modifica di fatto amplia l’orizzonte temporale di riferimento della crisi allineandosi alla nozione aziendalistica di perdita della continuità aziendale.
Contestualmente, il Decreto abroga tutti gli indici e gli indicatori di crisi che costituivano il presupposto per l’attivazione delle procedure di allerta e composizione assistita e rafforza il dovere dell’imprenditore di istituire assetti organizzativi adeguati anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa (articolo 2086 del Codice civile), colmando il vuoto della norma sui criteri attuativi degli adeguati assetti. In particolare, prevede che gli assetti organizzativi per essere ritenuti adeguati debbano essere strutturati in modo da consentire di[3]:
- rilevare gli squilibri di carattere patrimoniale, economico- finanziario;
- verificare la non sostenibilità dei debiti e della continuità aziendale per i dodici mesi successivi;
- ricavare le informazioni necessarie per eseguire il test pratico per l’accesso alla composizione negoziata della crisi
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2) I segnali di allarme e le azioni tempestive degli organi sociali nella pre-crisi
A completare il punto precedente, l’articolo 4 del Decreto 83/2022 integra la definizione di segnali di allarme al verificarsi dei quali scattano gli obblighi di attivazione tempestiva degli organi sociali per il superamento della crisi proponendo un’elencazione tassativa.
In particolare:
- i debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni;
- i debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti;
- le esposizioni verso banche e intermediari scadute da più di 60 giorni che rappresentino almeno il 5% delle esposizioni;
- i ritardi nei pagamenti che determinano l’attivazione degli obblighi di segnalazione dei creditori pubblici qualificati.
A ben vedere, il complesso di tali disposizioni completa il disegno originario sotteso alle modifiche del Codice civile introdotte dal Codice della crisi in vigore dal marzo del 2019 (articolo 2086 c.c.), rafforzando ulteriormente la rilevanza la nozione di organizzazione aziendale quale strumento principe per la realizzazione dell’obiettivo dell’emersione tempestiva della crisi.
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3) Parametri più rigorosi per gli amministratori e gli organi di controllo
Sotto tale profilo, il maggior rigore della norma, si legge nell’integrazione di parametri più rigorosi rispetto a quelli previsti nella versione originaria del Codice nel contesto degli strumenti di allerta e composizione assistita della crisi, che gravano sulla responsabilità degli amministratori e dell’organo di controllo della società con maggiori e più stringenti doveri di monitoraggio della situazione economico, patrimoniale e finanziaria dell’impresa nel corso della vita sociale.
Sul punto Assonime, nell’audizione di maggio 2022, ha giustamente evidenziato che, “tale approccio è condivisibile purché sia attuato in linea con i principi europei – come strumento volontario di ausilio all’impresa, e dove gli strumenti per la ristrutturazione più flessibili e maggiormente accessibili”. Vale a dire che, l’intervento sul sistema di allerta non deve far perdere di vista la formulazione originaria del Codice, evidenziando addirittura estratti onerosi e punitivi (basti pensare alle recenti vicende legate agli avvisi bonari dell’Agenzia delle Entrate), che devono intendersi distanti dalla filosofia europea degli early warning tools.
Solo in tale accezione la combinazione delle regole sugli assetti organizzativi dell’impresa con la previsione di procedure giudiziali e stragiudiziali efficienti, può dare luogo a un circuito virtuoso in cui quanto prima è possibile cogliere i segnali di crisi, tanto più sarà possibile intervenire tempestivamente in modo da salvaguardare non solo l’interesse dell’impresa, ma anche quello dei creditori e degli altri stakeholders.
L’attuazione di tali misure dovrebbe contribuire, a sostenere il cambiamento culturale (promosso sin dalle prime riforme del 2005- 2006), volto a rendere la crisi un momento fisiologico della vita dell’impresa, un rischio da presidiare e da integrare, al pari degli altri, nel più ampio sistema di controllo e gestione dei rischi, vero perno della gestione e delle strategie dell’impresa[1].
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4) Conclusioni
A parere di chi scrive, il novellato impianto della crisi d’impresa pesa sull’amministratore/imprenditore facendo emergere la c.d. “responsabilità risarcitoria” nel caso di non ottemperanza all’obbligo di istituzione degli adeguati assetti.
In sostanza, senza un adeguato assetto organizzativo, l’attività svolta dell’impresa collettiva è da considerarsi illecita ai sensi dell’articolo 2086 c.c. al pari di un’attività condotta con patrimonio netto negativo. Ciò si evince dal sistema del CCII che mette in correlazione l’inadeguata implementazione degli assetti organizzativi alla responsabilità dell’imprenditore incapace di attivarsi (già nella fase pre-crisi) tempestivamente per l’intercettamento ed il superamento dello squilibrio.
5) NOTE
[1] Il 17 marzo 2022 è stato approvato lo schema di decreto legislativo recante modifiche al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della direttiva (Ue) 2019/1023 c.d. “direttiva Insolvency, si veda Peta M. “Crisi d'impresa: gli adeguati assetti per la tempestiva rilevazione”, Fisco e Tasse, Maggioli, 25 marzo 2022
[2] Cfr. art, 1, comma 1, lettera a) Decreto 83/2022.
[3] Cfr. art. 3, lettera a), b) c) Decreto 83/2022
[4] Si veda Assonime “Proposte di modifica del Codice della crisi d’impresa e di insolvenza”, Roma 23 maggio 2022