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LA FISCALITÀ DIRETTA DEL TRUST

La fiscalità diretta del trust

La tassazione del trust puo' seguire a secondo dei casi le regole delle società commerciali o degli enti non commerciali

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L’esame della fiscalità diretta del trust parte dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria per il 2007) che ha introdotto per la prima volta una disciplina ai fini delle imposte sui redditi del trust ad opera dei commi da 74 a 76 dell’art. 1.

All’intervento normativo citato sono seguite la C.M. n. 48/E/2007 e la C.M. n. 3/E/2008, diramate dall’Agenzia delle Entrate, con cui sono stati forniti i primi chiarimenti ufficiali.

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1) Il trust tra gli enti commerciali o non commerciali

L’art. 1, comma 74 L. 296/2006 ha inserito il trust tra gli enti commerciali e non commerciali nell’ambito dei soggetti che scontano l’IRES di cui all’art. 73 del Tuir. Il legislatore, in sostanza, ha operato una soggettivizzazione fiscale del trust.

Per approfondire e continuare la lettura ti rimandiamo al libro  Fiscalità e adempimenti del trust 

In particolare, il trust è stato inserito nell’art. 73 alle lettere:

b) tra gli enti pubblici e privati diversi dalle società residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

c) tra gli enti pubblici e privati diversi dalle società residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

d) tra le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti.

Ai sensi dell’articolo 55 del Tuir, per esercizio di imprese commerciali si intende “l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva delle attività commerciali di cui all’articolo

2195 del codice civile, anche se non organizzate in forma d’impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.

Pertanto, se il trust svolge una delle attività elencate nell’articolo 2195 c.c., il carattere commerciale dell’attività stessa si afferma a prescindere dall’esistenza di un’organizzazione di impresa, mentre negli altri casi, per accertare il carattere commerciale dell’attività posta in essere, è necessario verificare la sussistenza di un’organizzazione in forma d’impresa.

Se il trust viene qualificato come commerciale, il reddito deve essere determinato secondo le regole dettate dagli articoli 81-142 del Tuir. Inoltre, in applicazione del “principio di attrazione”, qualunque sia la natura e la fonte, il reddito del trust viene determinato come reddito d’impresa, ossia come differenza tra ricavi e costi di competenza di ciascun periodo d’imposta.

Il reddito imponibile dei trust non commerciali (residenti) deve essere determinato secondo le regole dettate dagli articoli 143-150 del Tuir. In particolare, l’articolo 143 prevede che “il reddito complessivo degli enti non commerciali (…) è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi, ovunque prodotti (…) ad esclusione di quelli esenti dall’imposta e di quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva”. Tali ultimi proventi, quindi, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del trust non commerciale.

Il reddito imponibile dei trust commerciali non residenti deve essere determinato secondo le regole dettate dagli articoli 151 e 152 del Tuir.

Per approfondire e continuare la lettura ti rimandiamo al libro  Fiscalità e adempimenti del trust 

Il reddito imponibile dei trust non commerciali non residenti deve essere determinato secondo le regole dettate dagli articoli 153 e 154 del Tuir.

Per determinare la natura commerciale o non commerciale di un trust, si deve far riferimento alle disposizioni dettate per gli enti diversi dalle società, con la conseguenza che il trust è equiparato a un ente commerciale qualora svolga in via esclusiva o prevalente attività di tipo commerciale (cfr. risoluzione 425/2008).

Il legislatore ha quindi previsto quale regola generale che i redditi del trust dovranno essere tassati in capo al trust personificato che, a seconda dei casi, verrà qualificato come ente commerciale o ente non commerciale.

Si tratta di una soluzione in linea di massima conforme alle indicazioni della dottrina e della prassi degli operatori dell’epoca. Queste indicazioni, tuttavia, valgono solamente nel caso

del trust in cui i beneficiari del reddito non risultano identificabili e non saranno titolari di alcun diritto alla percezione dei redditi del trust, ovvero nel caso di trust opaco.

Diversamente, nel caso di trust trasparente, ove i beneficiari del trust sono individuati, l’ultimo periodo inserito nell’art. 73, comma 2 stabilisce che: “Nei casi in cui i beneficiari del trust siano individuati, i redditi conseguiti dal trust sono imputati in ogni caso a questi ultimi in proporzione alla quota di partecipazione individuata nell’atto di costituzione o in altri documenti successivi ovvero, in mancanza, in parti uguali”.

In sostanza, i redditi del trust sono imputati per trasparenza ai beneficiari del reddito solamente se questi sono individuati.

Il diverso regime di tassazione in capo al trust come ente opaco o per trasparenza in capo ai beneficiari non dipende dalla diversa natura del trust o da una qualche opzione esercitata

nel modello dichiarativo, bensì dal fatto che nel trust deed i beneficiari del reddito siano puntualmente individuati e siano titolari di un diritto soggettivo alla percezione del reddito stesso.

È opportuno precisare che la soggettivizzazione del trust è prevista esclusivamente ai fini fiscali e, peraltro, solamente per il comparto delle imposte dirette. Sotto il profilo civilistico non è pensabile approcciare il trust come un ente di cui il trustee è assimilabile al legale rappresentante.

A questo punto si deve operare una distinzione tra il trust opaco e trasparente o, meglio, dobbiamo chiarire quando un trust può dirsi fiscalmente opaco o fiscalmente trasparente.

Sul punto esaminiamo il contenuto della R.M. n. 425/E/2008.

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