Fino alla fine degli anni ‘40 il gioco d’azzardo era pressoché vietato dal nostro ordinamento[1] le cui norme erano intente a contenerne e disincentivarne la pratica.
Le poche e ben individuate forme di gioco autorizzate (Lotto, Lotterie) erano oggetto di specifiche norme poste a tutela della prescritta riserva statale[2].
Con particolare riferimento alle scommesse, l’art. 88, nella sua versione originale, stabiliva che non poteva essere concessa “licenza per l’esercizio di scommesse, fatta eccezione per le scommesse nelle corse, nelle regate, nei giuochi di palla o pallone o in altre simili gare, quando l’esercizio delle scommesse costituisce una condizione necessaria per l’utile svolgimento della gara”.
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1) Il regime di monopolio
Il primo timido (vero ed unico) tentativo volto ad introdurre e regolamentare, in termini generali, la materia del gioco d’azzardo in senso monopolistico è avvenuto con il D.lgs. 14 aprile 1948, n. 496 (Disciplina delle attività di giuoco)[3], cui ha fatto seguito il D.P.R. 18 aprile 1951, n. 581, recante le norme regolamentari per l’applicazione e l’esecuzione del D.lgs. n. 498/1928, sulla disciplina delle attività di gioco.
A seguito di detto intervento legislativo, l’ordinamento giuridico italiano ha riservato espressamente allo Stato e ad enti pubblici[4] specificatamente individuati, l’esercizio in via esclusiva delle attività di gioco con vincita in denaro. La riserva ivi indicata è stata ribadita nei successivi interventi che, di fatto, ne hanno implicitamente ampliato il campo di applicazione[5].
L’intera disciplina del gioco e delle scommesse trova, quindi, il suo caposaldo nella previsione dell’art. 1 del D.lgs. 14 aprile 1948, n. 496, in forza del quale “l’organizzazione e l’esercizio di giochi di abilità e di concorsi pronostici, per i quali si corrisponda una ricompensa di qualsiasi natura e per la cui partecipazione sia richiesto il pagamento di una posta in denaro, sono riservati allo Stato”[6].
Con tale norma viene, quindi, istituito un monopolio[7] pubblico in materia di giochi.
Il successivo art. 6 del decreto in parola riservava al CONI[8] ed all’ex UNIRE l’organizzazione e l’esercizio delle scommesse, qualora fossero state connesse con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo degli enti predetti.
La recente evoluzione normativa ha, tuttavia, sottratto ai medesimi enti la riserva che, seppur con riferimento a determinate categorie di eventi, era stata in un primo momento loro accordata. Va in particolare evidenziato come con riguardo al CONI di fatto è stata sottratta la sua competenza generale in materia di giochi collegati con eventi sportivi che si svolgono sotto la propria gestione e controllo. Gli residua la gestione degli eventi sportivi oltre che una quota dei relativi proventi. Ciò nonostante rimane, almeno formalmente, in capo all’ente l’astratta titolarità della privativa. Di converso, con riferimento all’ex UNIRE giova rilevare che la relativa disciplina è cambiata così vorticosamente che in breve tempo l’Ente è stato prima riorganizzato sotto il nome di ASSI per essere successivamente addirittura soppresso[9].
Al menzionato decreto legislativo, cui si attribuisce valenza generale, vanno aggiunte le specifiche disposizioni che disciplinano i singoli giochi e scommesse, le quali, tra le altre cose, ribadiscono, quand’anche ve ne fosse stato bisogno, la sussistenza di una espressa riserva statale con riferimento al gioco disciplinato[10].
Nell’ambito dei giochi organizzati l’unica eccezione alla riserva statuale è quella concessa a determinati enti morali senza fini di lucro. Ciò si spiega nella garanzia che offrono tali Enti contro i pericoli e i rischi propri del gioco organizzato, frutto sia della precisa individuazione dell’Ente che dell’analitica disciplina, la quale contiene limiti sia all’ammontare che alla diffusione del gioco.
La riserva di attività consente allo Stato di gestire il gioco pubblico sia direttamente che attraverso “persone fisiche o giuridiche, che diano adeguata garanzia di idoneità”[11].
Le diverse opzioni gestionali (diretta o indiretta), concesse dalla normativa di settore conferiscono al monopolio statale in tema di giochi un’apprezzabile dinamicità potendo assumere forme molto diverse tra loro in base alle scelte concretamente operate. Infatti, come rilevato dalla recente dottrina, la riserva statale di attività presenta un sorprendente dinamismo se analizzato ponendo attenzione alle modalità della sua concreta attuazione[12].
Posto che la riserva statale investe tutte le fasi in cui si articola l’attività di gioco[13], è evidente che componendo in maniera diversa la possibilità di gestire direttamente o indirettamente una o più delle fasi dell’attività di gioco se ne ricavano modelli reali altrettanto differenti.
Tuttavia, le effettive modalità di funzionamento del monopolio non sono lasciate al libero arbitrio delle Autorità bensì dipendono, da un lato, dalla complessità della specifica forma di gioco cui si applicano e, dall’altro lato, dall’obiettivo individuato dalla politica pubblica in materia di giochi che in Italia si pone precipuamente a tutela dei superiori interessi inerenti all’ordine pubblico e sociale.
A tale ultimo riguardo, occorre osservare che il nostro ordinamento pone delle limitazioni all’attività di gestione dei giochi non solo dal punto di vista della riserva a favore dello Stato, ma anche con riferimento alle modalità di esercizio di tale attività. Ottenute le necessarie concessioni, infatti, il privato non può esercitare in piena libertà l’attività imprenditoriale dei giochi, bensì deve sottostare al rispetto delle norme che il Legislatore detta in maniera stringente per proteggere e tutelare i valori costituzionali fin qui analizzati
Quindi, il “dosaggio” delle attività concretamente esternalizzate attraverso lo strumento giuridico della concessione dipende anche dalla complessità della tecnica di funzionamento della forma di gioco disciplinata[14]. Potenzialmente, si potrebbero registrare tipologie di giochi in cui il trasferimento di poteri al concessionario è così ampio che si può parlare di gestione integralmente devoluta all’operatore di gioco. Di contro, in altri casi può accadere che venga concesso all’operatore esterno di gestire solo taluni aspetti pratici connessi, per esempio, alla raccolta delle giocate ed al pagamento delle vincite[15].
In definitiva, la concreta attuazione del monopolio statale in materia di giochi pubblici può avvenire con differenti gradi di flessibilità dimodoché, adattandosi al contesto di riferimento, possa, in linea teorica, consentire il conseguimento delle finalità pubbliche di interesse generale, nel rispetto anche dei principi di coerenza e adeguatezza, di non discriminazione e di proporzionalità di matrice europea[16].
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2) Note
[1] SBORDONI S., Giochi concessi e gioco on line, Roma, 2010, p. 37, rileva che fino al ‘48 vigeva un monopolio statale “assoluto” in materia di giochi e scommesse.
[2] Con riferimento al gioco del lotto, l’art. 1, l. n. 528/1982 dispone che “l’esercizio del lotto è riservato allo Stato. Il servizio del lotto è affidato all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato che lo gestisce” anche attraverso l’affidamento a terzi tramite concessione come stabilito dall’art. 1, d.P.R. n. 303/1990.
[3] Nell’ampio e variegato panorama legislativo il provvedimento legislativo de quo costituisce tuttora la base normativa del monopolio pubblico, cui i successivi interventi regolatori fanno generalmente riferimento in ordine a qualsiasi forma di gioco. Un esempio tipico è costituito dall’espresso richiamo operato dal comma 64 dell’articolo 1 della Legge 220/10, nella parte in cui dispone che «al fine di rendere più efficaci ed efficienti l'azione per il contrasto del gioco gestito e praticato in forme, modalità e termini diversi da quelli propri del gioco lecito e sicuro, in funzione del monopolio statale in materia di giochi di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, ratificato dalla Legge 22 aprile 1953, n. 342…». Anche la giurisprudenza nelle proprie sentenze ogni qualvolta fa riferimento al monopolio in materia di giochi sembra richiama il D.lgs. n. 496/98. A tal proposito si veda la sentenza del 31 marzo 2015, n. 56 in cui la Corte Costituzionale rileva che la materia dei giochi pubblici è riservata al monopolio dello Stato, che ne può affidare a privati l’organizzazione e l’esercizio in regime di concessione di servizio, sulla base di una disciplina che trova origine negli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 (Disciplina dell’attività di giuoco).
[4] SACCHETTI L - GRIMALDI F., Fisco e contabilità per giochi pubblici e scommesse, Milano, 2009, p. 2, sottolineano come la materia sia caratterizzata da un regime di monopolio statale.
[5] La riserva espressamente indicata all’art. 1, Dlgs. 14 aprile 1948, n. 496 è stata successivamente ribadita, tra gli altri, dagli artt. 1, L. 2 agosto 1982, n. 528 (in materia di Lotto pubblico); 4, L. 13 dicembre 1989, n. 401 (in termini generali); 1, D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169 (relativamente alle scommesse relativi alle corse dei cavalli); 21, D.L. n. 78/09 (con riferimento alle lotterie), 3, L. n. 662/96 (relativamente alle scommesse relativi alle corse dei cavalli).
[6] Il dato testuale non consente a prima facie di fondare su tale norma il monopolio statale sui giochi stante l’esplicito richiamo ad una serie limitati da giochi pubblici. Infatti, la lettera della norma si riferisce esplicitamente ai giochi di abilità ed ai concorsi pronostici che, a ben vedere, costituiscono due specifiche categorie della ben più ampia classe dei giochi pubblici. Se i giochi di abilità fanno parte di quella categoria di giochi in cui risulta preminente l’abilità del giocatore rispetto alla sorte, i concorsi pronostici rappresentano solamente una species del genus scommesse. Tuttavia, ancorché la norma faccia esplicito riferimento ai soli “giochi di abilità e di concorsi pronostici”, il suo ambito di applicazione è unanimemente esteso all’intera galassia dei giochi pubblici con vincita in denaro. In particolare, l’ipotesi per cui la norma involga tutte le tipologie di gioco, senza tener conto della specifica terminologia utilizzata, sembra potersi rinvenire implicitamente dalle disposizioni che richiamano tale provvedimento. Tra le tante:
- art. 1, comma 64 della L. n. 220/10 che nell’indicare le ragioni sottese a determinate innovazioni introdotte in materia di giochi e scommesse, fa riferimento al generale monopolio statale in materia di giochi di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496;
- art. 1, comma 77 della L. n. 220/10 che nel disporre l’aggiornamento dello schema-tipo delle convenzioni accessive alle concessioni richiama indistintamente il monopolio statale in materia di giochi di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496;
- i decreti direttoriali assunti in materia di giochi nel proprio preambolo riportano pressoché costantemente la dicitura: “visto il decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, e successive modificazioni, concernente la disciplina delle attivita' di gioco”.
In tal senso depongono ulteriori considerazioni sia letterali (il concorso pronostico non è altro che una scommessa plurima ovvero su più eventi) che sistematiche. A tale ultimo proposito l’art. 3, comma 229, della L. 549/95, nel consentire che “l'organizzazione e l'esercizio delle scommesse a totalizzatore e a quota fissa riservate al CONI sulle competizioni sportive organizzate o svolte sotto il proprio controllo può essere affidata in concessione a persone fisiche, società ed altri enti che offrano adeguate garanzie”, di fatto implicitamente assimila tutte le scommesse (sia a totalizzatore che a quota fissa) ai concorsi pronostici. Ciò è evidente se si considera che le uniche attività riservate al CONI sono, ai sensi dell’art. 6 del D.lgs. n. 496/48, quelle di cui all’art. 1 del medesimo decreto legislativo ossia i giochi d’abilità e i concorsi pronostici connessi con manifestazioni sportive organizzate o svolte sotto il controllo dell’ente stesso.
In pratica, per una ampia nozione di giochi di abilità e concorsi pronostici depongono molteplici norme primarie e secondarie adottate in materia di giochi pubblici che richiamano espressamente il D.lgs. n. 496/98 ogni qual volta vogliono riferirsi al monopolio statale in tema di giochi pubblici. L’assunto trova un ulteriore supporto nelle argomentazioni utilizzate dalla giurisprudenza che si è occupata della materia. Per esempio, nella sentenza n. 56 del 2015 della Corte costituzioale, si legge che “la materia dei giochi pubblici è riservata al monopolio dello Stato, che ne può affidare a privati l’organizzazione e l’esercizio in regime di concessione di servizio, sulla base di una disciplina che trova origine negli artt. 1 e 2 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496 (Disciplina dell’attività di giuoco).” A tacer d’altro, l’improprio riferimento a soli due categorie di giochi pubblici deve probabilmente ricondursi alla difficoltà di rinvenire una nozione comune di giochi e scommesse oltreché a ragioni storiche, in cui, peraltro, i giochi realmente consentiti erano pochi. Per ulteriori approfondimenti, si consenta il rinvio a RICCARDI S., L’imposizione dei giochi e delle scommesse. Tesi di Dottorato, LUISS Guido Carli, 2013 e SACCHETTI L., GRIMALDI F., Fisco e contabilità per giochi pubblici e scommesse, op. cit., p. 2.
[7] Con il termine “monopolio” si suole indicare una situazione in base alla quale un soggetto, nell’ambito di un determinato mercato, si trova da solo a (importare o produrre e/o) vendere un certo bene o prestare un dato servizio. GIANNINI M.S., Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1977, 130, ha sottolineato l’ambiguità del termine che non ha una corrispondenza giuridica precisa. Venendo all’analisi genetica del fenomeno è di comune parere che una situazione di monopolio può realizzarsi per cause riconducibili alle contingenze economiche del mercato, indipendenti dalla volontà del soggetto che beneficia del monopolio (c.d. monopolio «necessario» o «naturale»), oppure per cause intenzionalmente provocate da un soggetto al fine di assicurarsi una posizione di privilegio, consistente nello stabilire prezzi di vendita (e conseguire profitti) più elevati di ciò che sarebbe possibile in un regime concorrenziale, ovvero, in ultimo, per una precisa volontà normativa dello Stato volta a sottrarre, per il tramite della previsione di una riserva monopolistica, una certa attività al libero gioco delle forze di mercato. La situazione di monopolio che si realizza nell’ultimo caso viene usualmente definita “monopolio legale o di diritto” mentre negli altri casi si suole parlare di “monopolio di fatto”.
[8] Secondi il Cons. St., sez. IV, 4 gennaio 2002, n. 27, in Cons. Stato, 2002, I, 10, l’art. 6 del D.lgs. 14 aprile 1948, n. 496 va interpretato nel senso che sono riservati al CONI sia l’esercizio che l’organizzazione dei giochi di abilità e di concorsi pronostici, salvo l’affidamento delle predette attività al Ministero delle Finanze qualora il CONI non intenda svolgerlo direttamente e restando impregiudicata la possibilità dello stesso di affidarla, ai sensi dell’art. 3, comma 229, L. 28/12/95, n. 549, in concessione a terzi.
[9] Con Legge 15 luglio 2011 n. 111 l'UNIRE è stato trasformato in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - ASSI - con il compito di promuovere l'incremento e il miglioramento qualitativo e quantitativo delle razze equine, gestire i libri genealogici, revisionare i meccanismi di programmazione delle corse, delle manifestazioni e dei piani e programmi allevatoriali, affidare, ai sensi del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il servizio di diffusione attraverso le reti nazionali ed interregionali delle riprese televisive delle corse, valutare le strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento, di allenamento e di addestramento, secondo parametri internazionalmente riconosciuti. Con Legge n. 135 del 7 agosto 2012, pubblicata sulla G.U. n. 189 del 14 agosto 2012, è stata disposta la soppressione dell’ASSI ed il trasferimento delle funzioni al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali ed all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
[10] In materia di Lotto si è detto che l’art. 1, l. n. 528/1982 dispone che “l’esercizio del lotto è riservato allo Stato”. La riserva statale del gioco del Bingo viene menzionata dall’art. 1, D.M. 31 gennaio 2000, n. 29. Invece, l’organizzazione e la gestione delle scommesse relative alle corse ai cavalli sono riservate al Ministero dell’economia e delle finanze e al Ministero delle politiche agricole e forestali dall’art. 3, c. 77, l. n. 662/1996.
[11] Art. 2 del D.lgs. n. 496/98.
[12] RUBECHINI P., La riserva e i titoli abilitativi, in AA.VV., Le regole dei giochi. La disciplina pubblicistica dei giochi e delle scommesse in Italia, op. cit., p. 177.
[13] La norma stabilisce espressamente che “l’organizzazione e l’esercizio” dei giochi sono riservati allo Stato.
[14] RUBECHINI P., La riserva e i titoli abilitativi, in AA.VV., Le regole dei giochi. La disciplina pubblicistica dei giochi e delle scommesse in Italia, op.cit., p. 178, osserva che, a secondo il tipo di gioco, varia il rapporto tra le competenze riservate gestite effettivamente in proprio e quelle che AAMS preferisce esternalizzare, così che la riserva statale si atteggerà diversamente in ragione dell’ambito di applicazione ludico.
[15] In ordine al concreto funzionamento della riserva statale rispetto ai singoli giochi si veda RUBECHINI P., La riserva e i titoli abilitativi, in AA.VV., Le regole dei giochi. La disciplina pubblicistica dei giochi e delle scommesse in Italia, op.cit., p. 178 e ss., che fornisce una panoramica dei modelli di attuazione adottati per ciascun gioco.
[16] RUBECHINI P., La riserva e i titoli abilitativi, in AA.VV., Le regole dei giochi. La disciplina pubblicistica dei giochi e delle scommesse in Italia, op.cit., p. 178 e ss..
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