L’art. 110, comma 7, del TUIR, prevede che “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l'impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l'impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili, se ne deriva un aumento del reddito (…)”. Il comma in commento, in sostanza, disciplina la normativa nazionale in materia di transfer pricing nei rapporti infragruppo tra soggetti italiani ed esteri.
La normativa è stata oggetto di importanti revisioni negli ultimi anni, dapprima con modifiche normative – avvenute ad opera dell’art. 59, comma 1 del D.L. 50/2017 – poi con atti eprovvedimenti attuativi – tra cui il D.M. 14.05.2018 e il provvedimento Agenzia delle Entrate n. 360494 del 23.11.2020 – e, da ultimo, con chiarimenti riportati da documenti di prassi – come la circolare n. 15/E del 26.11.2021
Degli stessi autori l'e-book Transfer pricing: il punto a inizio 2022 Questo articolo è un estratto delle circolari del giorno 71/2022 e 73/2022 sul Transfer pricing disponibili anche nell'abbonamento alla circolare del Giorno di Fiscoetasse |
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Degli stessi autori l'e-book Transfer pricing: il punto a inizio 2022
Questo articolo è un estratto delle circolari del giorno 71/2022 e 73/2022 sul Transfer pricing disponibili anche nell'abbonamento alla circolare del Giorno di Fiscoetasse
1) Transfer pricing: la normativa in sintesi e le linee guida domestiche
L’art. 110, comma 7 del Tuir disciplina la normativa nazionale in materia di transfer pricing nei rapporti infragruppo tra soggetti italiani ed esteri.
Il testo attualmente in vigore è il risultato delle ultime modifiche, avvenute ad opera dell’art. 59, comma 1 del D.L. 50/2017: la nuova versione del comma 7 dell’art. 110, modificata dal decreto citato, si è resa necessaria per rendere maggiormente coerente la normativa nazionale in materia di transfer pricing con la disciplina internazionale elaborata in ambito OCSE.
In sostanza, i rapporti infragruppo in ambito internazionale devono prevedere l’applicazione di prezzi a valore di “mercato”, proprio in considerazione del fatto che i soggetti appartenenti al medesimo “gruppo” possono anche inconsapevolmente “manipolare” i prezzi delle loro transazioni per allocare materia imponibile in Paesi a fiscalità più vantaggiosa.
Lo stesso comma 7 rinviava ad un successivo decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze ai fini dell’elaborazione, sulla base delle migliori pratiche internazionali, di linee guida per l'applicazione del comma stesso.
Il 14.05.2018 è stato approvato in via definitiva, da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze, il decreto inerente alle linee guida per l’applicazione delle disposizioni sul transfer pricing. Riportiamo in tabella i titoli degli articoli del decreto.
D.M. 14.05.2018 | |
Art. 1 | Ambito di applicazione |
Art. 2 | Definizioni |
Art. 3 | Nozione di comparabilità |
Art. 4 | Metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento |
Art. 5 | Aggregazione delle operazioni |
Art. 6 | Intervallo di valori conformi al principio di libera concorrenza |
Art. 7 | Servizi a basso valore aggiunto |
Art. 8 | Documentazione |
Art. 9 | Ulteriori disposizioni applicative |
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2) Il nuovo concetto dei “servizi a basso valore aggiunto”
Senza dilungarci eccessivamente nell’analisi degli articoli del decreto, segnaliamo di seguito i principali elementi di novità rispetto al passato.
Primo fra tutti il “nuovo” concetto di “servizi a basso valore aggiunto” mutuato dalla disciplina OCSE.
Con l’art. 7, infatti, il decreto ha adeguato la normativa italiana alle indicazioni OCSE in relazione al ricarico ritenuto congruo in presenza di servizi infragruppo ritenuti a “basso valore aggiunto”.
Sul punto ricordiamo, infatti, che il capitolo VII delle Guidelines OCSE 2017 contiene una sezione dedicata al trattamento dei cd. “servizi a basso valore aggiunto (low valueadding services)” nell’ambito delle analisi di transfer pricing.
Secondo quanto riportato dalle Guidelines OCSE i servizi infragruppo a basso valore aggiunto sono i servizi svolti da una o più entità di un gruppo multinazionale per conto di una o più entità del medesimo gruppo e che, in estrema sintesi, hanno natura di supporto e non rappresentano core business del gruppo multinazionale.
Il punto 7.49 delle Linee guida OCSE 2017 fornisce un elenco, seppure non esaustivo, dei servizi a basso valore aggiunto, tra cui vengono contemplate:
- attività di contabilità e revisione, per esempio attività di raccolta e di esame delle informazioni utili ai fini della predisposizione del bilancio d’esercizio, oppure
- lavorazione e gestione dei crediti e debiti, per esempio raccolta delle informazioni relative ai clienti, ai fini della fatturazione e controllo dell’esposizione creditizia, e così via.
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3) Intervallo di valori conformi al principio di libera concorrenza
Un’ulteriore, interessante, novità contenuta nel Decreto del 14 maggio si rileva all’art. 6., norma rubricata “Intervallo di valori conformi al principio di libera concorrenza”.
Il comma 1 contiene una indicazione molto interessante laddove precisa che
si considera conforme al principio di libera concorrenza l’intervallo di valori risultante dall’indicatore finanziario selezionato in applicazione del metodo più appropriato ai sensi dell’articolo 4, qualora gli stessi siano riferibili a un numero di operazioni non controllate, ognuna delle quali risulti parimenti comparabile all’operazione controllata, in esito all’analisi di cui all’articolo 3. |
Va ricordato che, in base all’art. 3 del Decreto stesso, un'operazione non controllata (ossia tra parti indipendenti) si considera comparabile ad un'operazione controllata (ossia tra parti appartenenti al medesimo gruppo) ai fini dell'applicazione delle disposizioni del comma 7 dell'art. 110 del Tuir quando:
- non sussistono differenze significative tali da incidere in maniera rilevante sull'indicatore finanziario utilizzabile in applicazione del metodo più appropriato o qualora,
- pur in presenza di dette differenze, sia possibile effettuare in modo accurato rettifiche di comparabilità, in modo da eliminare o ridurre in modo significativo gli effetti di tali differenze ai fini della comparazione.
L’indicatore finanziario è definito nella lettera f) dell’art. 2 come il prezzo, il rapporto tra il margine di profitto, lordo o netto, e un'appropriata base di commisurazione a seconda delle circostanze del caso (ivi inclusi i costi, i ricavi delle vendite e le attività), nonché la percentuale di ripartizione di utili o perdite.
La questione viene meglio precisata dal successivo comma 2 dell’art. 6 dove si legge che
Un’operazione controllata, o un insieme di operazioni controllate aggregate in base all’articolo 5, si considerano realizzati in conformità al principio di libera concorrenza, qualora il relativo indicatore finanziario sia compreso nell’intervallo di cui al comma 1 del presente articolo. |
Tale ultima previsione è conforme alla disciplina Ocse ove si afferma che, in presenza di un range di valori formato da soggetti comparabili, qualsiasi punto dell’intervallo è idoneo a esprimere il prezzo di libera concorrenza. Questa previsione non dovrebbe consentire all’Amministrazione Finanziaria di operare, come sovente accade, delle rettifiche dei prezzi di trasferimento al solo fine di riportare il valore della transazione controllata a un punto fisso (ad esempio, mediana).
Il comma 3, in tal senso, stabilisce che
se l'indicatore finanziario di un’operazione controllata, o di un insieme di operazioni aggregate in base all’articolo 5, non rientra nell’intervallo di libera concorrenza, l'amministrazione finanziaria effettua una rettifica al fine di riportare il predetto indicatore all’interno dell’intervallo di cui al comma 1. |
In sostanza, viene confermato che non si deve per forza di cose attestarsi sulla mediana, essendo sufficiente l’inserimento all’interno del campione. Non viene nemmeno richiesto l’inserimento tra il primo ed il terzo interquartile.
Rimane “salvo il diritto per l’impresa associata di presentare elementi che attestino che l’operazione controllata soddisfa il principio di libera concorrenza, e la potestà per l’amministrazione finanziaria di non tenere conto di tali elementi adducendo idonea motivazione”.
Si tratta, in sostanza, di una clausola di salvaguardia sia a vantaggio del contribuente che dell’Amministrazione.
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4) Le principali novità del Provvedimento 23.11.2020
Un ulteriore elemento di novità era emerso altresì dall’art. 8 del D.M. 14.05.2018, ove si leggeva che
Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono aggiornate, in linea con le migliori pratiche internazionali, le disposizioni relative alla documentazione in materia di prezzi di trasferimento. |
L’Agenzia delle Entrate aveva già diramato al tempo il Provvedimento prot. 137654 del 29.09.2010, concernente la documentazione idonea ai fini del transfer pricing e, poco dopo, anche la circolare n. 58/E del 15.12.2010.
L’art. 8 del Decreto lasciava presagire un aggiornamento dei format di documentazione: i modelli, infatti, sono stati completamente rivisitati ad opera del Provvedimento n. 360494 del 23.11.2020 (che ha sostituito il provvedimento di fine settembre 2010) , che ha rivisto la struttura della documentazione TP.
La modulistica di country file e master file è stata, infatti, completamente rivisitata.
L’intervento, oltre a riscrivere gli schemi di masterfile e documentazione nazionale, ha introdotto nuove previsioni che creano per certi versi una cesura con il passato. Tra le novità si segnalano:
- la necessità di firma dei documenti con firma elettronica e marca temporale;
- la possibilità di modificare la documentazione in caso di ravvedimento operoso in tema di prezzi di trasferimento;
- l’estensione dell’obbligo del masterfile per tutti i contribuenti interessati alla disciplina del transfer price interessati alla penalty protection;
- la ricognizione del concetto di controllo previsto dal D.M. 14.5.2018;
- la possibilità di predisporre la documentazione solo per alcune operazioni;
- indicazioni in merito alla documentazione dei servizi a basso valore aggiunto.
Il testo del nuovo Provvedimento del 23.11.2020 è stato poi oggetto di commento con la più recente circolare n. 15/E/2021 di cui si parlerà in seguito.
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5) Il concetto di controllo e l’entrata in vigore del Provvedimento 23.11.2020
Sicuramente la parte più interessante del Provvedimento è quella relativa ai nuovi format di documentazione TP, nonché a tutto lo spazio dedicato alla penalty protection ed alla necessità di firmare con firma digitale e marca temporale country file e master file.
In questo paragrafo si analizza però l’ulteriore aspetto attinente all’entrata in vigore delle modifiche normative e alle indicazioni fornite in relazione al “concetto di controllo”.
Il punto 8.2 del Provvedimento prevede che le nuove regole, così quindi anche i nuovi format, vengano utilizzati a partire dal periodo di imposta in corso alla data della pubblicazione del Provvedimento stesso: in sostanza, considerando il caso classico dell’esercizio coincidente con l’anno solare, le nuove previsioni hanno trovato applicazione già a partire dall’anno 2020.
Il punto 8.1 prevede altresì che le disposizioni del provvedimento del 2020 sostituiscono le indicazioni del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 29.09.2010, come già riportato in precedenza. Le vecchie regole, pertanto, troveranno applicazione fino all’esercizio 2019.
Un ulteriore aspetto del Provvedimento degno di menzione attiene alla nuova nozione di controllo.
La lettera i) del punto 2) del Provvedimento stabilisce che per “imprese associate” si intendono l’impresa residente nel territorio dello Stato e le società non residenti in relazione alle quali:
- una di esse partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra, o
- lo stesso soggetto partecipa, direttamente o indirettamente, nella gestione, nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese.
La successiva lett. j) stabilisce che per “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale” si intende:
- la partecipazione per oltre il 50% nel capitale, nei diritti di voto o negli utili di un’altra impresa, oppure
- l’influenza dominante sulla gestione di un’altra impresa, sulla base di vincoli azionari o contrattuali.
Le due definizioni sono assolutamente coincidenti con quelle contenute nell’art. 2, comma 1 del D.M. 14.05.2018.
Il Provvedimento, rispetto al decreto, aggiunge poi alla lettera k) la definizione di “gruppo multinazionale”, intendendosi “un gruppo di imprese associate stabilite in due o più Paesi”.
La definizione di controllo prevista ai fini del transfer price appare quindi più ampia rispetto a quella contenuta nell’art. 2359 c.c. in quanto, oltre alla maggioranza dei voti esercitabili in assemblea e all’influenza dominante, include anche la maggioranza della partecipazione nel capitale e nei diritti agli utili.
La nozione di controllo ai fini del transfer price appare peraltro più ampia non solo rispetto a quella dell’art. 2359 cc, ma altresì rispetto a quella contenuta nell’art. 167, comma 2 lett. a) prevista ai fini delle controlled foreign companies (c.d. CFC) che, pur contemplando la maggioranza degli utili, non comprende la maggioranza della partecipazione al patrimonio.
Ad ogni buon conto, ad avviso di chi scrive, la definizione di controllo ai fini del transfer price sembra meno ampia di quella delineata a livello interpretativo dalla C.M. 32/1980, sulla base del fatto che l’art. 110, comma 7 prevedeva (e prevede tutt’ora) una previsione di un rapporto di controllo senza alcuna ulteriore specificazione.
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