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REGIME IMPATRIATI: RIASSUNZIONE IN ITALIA DI DIPENDENTE CON ESPERIENZA ESTERA

Regime impatriati: riassunzione in Italia di dipendente con esperienza estera

Il cittadino italiano dopo un’operazione di distacco infragruppo all’estero conclusosi con l’assunzione presso la distaccataria, in Italia potrà fruire del regime agevolato

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Torniamo a occuparci di lavoratori dipendenti impatriati analizzando la risposta a interpello N. 85 del 17 febbraio 2022, avente a oggetto: 

Contratto di diritto locale con consociata estera presso la quale il dipendente era stato distaccato – Rientro presso distaccataria italiana con nuovo contratto – Applicabilità del regime speciale per lavoratori impatriati – Articolo 16, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147. 

Preliminarmente, anche e soprattutto al fine di non confondere le idee al Lettore, è doveroso segnalare l’evidente lapsus in cui è incorsa l’Agenzia delle entrate nel predetto oggetto (motivo per il quale è stato necessario riportarlo così come esposto nella risoluzione in argomento): la società italiana, ovviamente, era la distaccante; non la distaccataria. 

L’ipotesi concerne per l’appunto un lavoratore dipendente assunto in Italia da società nazionale e poi distaccato dal suo datore di lavoro all’estero per alcuni anni. Durante tale permanenza all’estero, il dipendente è stato assunto da altra impresa locale. Dopo di che, al rientro in patria, ha iniziato un ulteriore rapporto di lavoro con un nuovo contratto alle dipendenze dell’originale datore di lavoro distaccante. 

La direzione centrale conferma l’applicazione del regime speciale impatriati nella versione vigente, come modificato da ultimo con il Decreto Crescita.

1) I quesiti formulati

L'istante è un cittadino italiano (poi residente all'estero) che era stato assunto il 30 novembre 1998 con un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato da una società italiana. 

Dal 2016 al 2017, è stato inviato all’estero, a seguito di operazione di distacco transnazionale infragruppo, presso una società straniera. In previsione di tale distacco, nel dicembre del 2015 l’istante si è iscritto all’AIRE insieme alla moglie, così acquisendo la residenza fiscale nel Paese estero. 

Al termine del predetto periodo di distacco, è stato assunto direttamente dalla medesima società straniera con un contratto di diritto locale di lavoro dipendente a tempo indeterminato. 

Attualmente (2022), l’originaria società italiana distaccante gli ha proposto un nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato con la qualifica di dirigente, a decorrere dal 1° gennaio 2022.

L'Istante ha dunque risolto il contratto di lavoro con la società estera e si è trasferito in Italia con tutta la famiglia, provvedendo a iscriversi nell'Anagrafe nazionale, con l’intenzione di mantenere la residenza italiana per almeno 2 anni. 

Ciò posto, l'istante chiede di conoscere se potrà fruire del regime speciale per lavoratori impatriati di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, come modificato dall'articolo 5 del decreto legge 30 aprile 2019, n. 34, dal periodo d'imposta 2022 e per i 4 successivi. 

2) La risposta dell' Agenzia

L’Agenzia delle entrate ricorda che, per fruire del trattamento di cui all'articolo 16 del Decreto Internazionalizzazione, come modificato dal Decreto Crescita, ai sensi del comma 1 è necessario che il lavoratore: 

a)    Trasferisca la residenza nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 2 del TUIR 

b)    Non sia stato residente in Italia nei 2 periodi d'imposta antecedenti al trasferimento e si impegni a risiedere in Italia per almeno 2 anni 

c)    Svolga l'attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano 

Inoltre, in base al successivo comma 2, il cui contenuto è rimasto invariato rispetto all’originaria versione dell'articolo 16 in vigore fino al 30 aprile 2019, sono destinatari del beneficio fiscale in esame, i cittadini dell'Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che: 

I)    Sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto "continuativamente" un'attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o d’impresa fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più 

Ovvero 

II)    Abbiano svolto "continuativamente" un'attività di studio fuori dall'Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream 

L'agevolazione è fruibile dai contribuenti per un quinquennio a decorrere dal periodo d’imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia ai sensi dell'articolo 2 del TUIR, e per i 4 periodi d’imposta successivi. 

Per accedere al regime speciale, la predetta disposizione presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per 2 periodi d’imposta precedenti il rientro. 

Tenuto conto delle modifiche normative che hanno rimodulato l’applicazione del regime agevolativo a partire dal periodo d’imposta 2019, la circolare 33/E del 2020 ha precisato (in particolare per i contribuenti oggetto di operazioni di distacco internazionale) che non spetta il beneficio fiscale in esame nell'ipotesi di distacco all'estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto “e” (non “o”) presso il medesimo datore di lavoro: entrambe le condizioni devono coesistere. 

Diversamente, nell'ipotesi in cui l'attività lavorativa svolta dall'impatriato costituisca una "nuova" attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l'impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso potrà accedere al beneficio a decorrere dal periodo d’imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia. 

L'agevolazione non risulta peraltro applicabile nelle ipotesi in cui, il soggetto, pur in presenza di un "nuovo" contratto per assunzione / inquadramento in un "nuovo" ruolo aziendale al momento dell'impatrio, risulti comunque rientrare in una situazione di "continuità" con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell'espatrio. 

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3) Cosa s’intende con il termine “continuità” ai fini del regime impatriati?

L’ufficio specifica in proposito che i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal "nuovo" ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, non devono rimanere di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura (quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale), dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell'espatrio. 

Per esempio, costituiscono indice di una situazione di “continuità” sostanziale: 

-    Il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale 

-    Il riconoscimento dell'anzianità dalla data di prima assunzione 

-    L'assenza del periodo di prova 

-    Clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati, nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo 

-    Clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell'ambito dell'organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco 

Pertanto, nel caso in cui le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove e autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, l'impatriato potrà accedere al beneficio fiscale in esame

Con riferimento al caso di specie, la risoluzione 72/E del 2018 ha altresì precisato che l'autonomia dei rapporti contrattuali all'interno del gruppo societario non è di per sé ostativa alla fruizione del beneficio in esame. 

Pertanto, si ritiene che, laddove risultino soddisfatti tutti gli anzidetti requisiti, l’istante possa legittimamente applicare l'agevolazione fiscale prevista dal regime per i lavoratori impatriati – come da ultimo modificato dall'articolo 5 del DL 34/2019 (Decreto Crescita), convertito in L. 58/2019 – a decorrere dal 2022, periodo d'imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia, e per i successivi 4 periodi d’imposta. 

Ciò, poiché sostanzialmente: 

1)    Trattasi di un "nuovo" contratto di lavoro rispetto a quello intercorso tra le stesse parti nel periodo 1998 – 2017 

2)    All'atto del rientro in Italia, è stato altresì concluso il contratto di lavoro di diritto locale instaurato con la società estera, presso la quale l’istante era distaccato nell’ultima parte (2016 – 2017) del suo originario rapporto di lavoro 

Come sempre, quanto evidenziato dall’Agenzia assume valenza nella misura in cui risulti accertata la sussistenza dei presupposti per stabilire l'effettiva residenza fiscale; elemento di fatto che non è mai oggetto delle istanze d’interpello, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 212 del 2000 (cfr. circolare 9/E del 2016). 

Inoltre, il parere non può che essere reso sulla base degli elementi e dei documenti presentati, assunti acriticamente così come illustrati nell'istanza d’interpello, nel presupposto della loro veridicità e concreta attuazione del contenuto. 

Al di là dell’ovvia conclusione cui si perviene nella risposta dell’Agenzia qui oggetto di analisi, quel che appare di sicuro interesse in ottica pratica , è l’esemplificazione dettagliata afferente al requisito della “continuità” contrattuale del lavoro dipendente, elemento che risulta spesso di non agevole corretta interpretazione in capo ai contribuenti.

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