Il Decreto fiscale 2022 (decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, convertito in Legge 17 dicembre 2021, n. 215) comporta importanti novità per l’associazionismo no profit, in quanto stabilisce il passaggio dal regime fuori campo IVA al regime di esenzione IVA per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci, associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici (o di contributi supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto).
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1) Proroga al 2024 del regime di esenzione IVA per gli ETS
Nel dettaglio, l’art. 5 del Decreto fiscale in esame dal comma 15-quater al comma 15-sexies interviene e modifica sia l’art. 4 che l’art. 10 del D.P.R. n. 633/1972.
Di conseguenza, gli enti no profit dovranno porre in essere una serie di specifici adempimenti, tra cui:
- fatturazione elettronica,
- registrazione contabile,
- dichiarazione IVA.
Il comma 15-quinquies precisa che, in attesa della piena operatività delle disposizioni del titolo X del decreto legislativo n. 117 del 2017 (Codice del Terzo settore), le organizzazioni di volontariato (ODV) e le associazioni di promozione sociale (APS) che hanno conseguito ricavi ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000, applicano, ai soli fini dell’imposta sul valore aggiunto, il regime speciale di cui all’articolo 1, commi da 58 a 63, della legge di stabilità 2015 (legge n. 190 del 2014), ovvero il regime forfetario.
Di rilievo il fatto che la Legge di Bilancio dello Stato per l’anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024, all’art. 1, comma 683 stabilisce che «le disposizioni di cui all’articolo 5, commi 15-quater,15-quinquiese 15-sexies,del decreto-legge 21 ottobre 2021, n.146,convertito, con modificazioni,17dicembre 2021, n.215, si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2024».
Una proroga al 2024 che appare da un lato senza dubbio adeguata poichè consente agli ETS di adattarsi per tempo al nuovo regime, con tutti gli adempimenti che ne derivano; dall’altro lato risulta necessaria in quanto le modifiche in tema di esenzione IVA necessitano di un coordinamento con il Codice di Terzo settore.
Infine, appare senza dubbio opportuno posticipare la riforma in attesa dell’autorizzazione europea sul regime fiscale del Terzo settore che andrà ad incidere proprio sul Titolo X del CTS.
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2) Mancato coordinamento con il Codice di Terzo settore
Sul punto, si riscontra che il nuovo regime di esenzione attualmente mancherebbe di effettivo coordinamento con la disciplina del Codice di Terzo settore, relativamente alle ODV e APS già iscritte al RUNTS.
Infatti, ai sensi dell’art. 84, comma 1 e art. 85, comma 1 del CTS – che disciplina il regime fiscale – le attività svolte nei limiti delle richiamate disposizioni sono considerate fuori campo IVA.
Nello specifico, nei citati articoli del CTS non si indica che la disciplina si riferisce esclusivamente all’IRES e ne consegue che per le ODV e APS si qualificano come “fuori campo Iva” i corrispettivi specifici ricevuti da associati, partecipanti e tesserati, così come ogni tipologia di entrata derivante da somministrazione di alimenti e bevande, indipendentemente dai destinatari. In altri termini, il nuovo regime di esenzione IVA non troverebbe applicazione solo per tali categorie di ETS (iscritte al RUNTS): prima dell’entrata in vigore della riforma sarà dunque necessario un chiarimento o un correttivo.
Inoltre, il limite dei 65.000 euro, previsto per l’applicazione del regime forfetario, potrebbe essere aumentato fino a 130 mila euro (v. art. 86, comma 1, CTS) qualora il Consiglio dell’Unione europea dovesse autorizzare il regime fiscale stabilito nella riforma del Terzo settore. Anche in questo caso, si auspica che l’autorizzazione europea possa giungere prima del 2024 in modo da permettere l’applicazione di un unico regime forfetario con un preciso scaglione fissato per la soglia dei ricavi.
Infine, il comma 15-quater del Decreto fiscale delimita la previsione dell’applicazione del regime forfetario IVA fino alla piena operatività del CTS: formulazione poco chiara che sembra far presumere che dopo quella data solo gli enti iscritti al RUNTS potranno usufruire di regimi contabili semplificati. Resterebbero, quindi, escluse le “piccole” realtà del no-profit che decidono di non iscriversi al RUNTS proprio che non ritengono opportuno “caricarsi” di tutti gli adempimenti e oneri richiesti dal CTS.
Si auspica dunque che la proroga della riforma possa essere utilizzata per apportare i giusti correttivi ovvero, come auspica tutto il settore dell’associazionismo no profit, per disporre una definitiva abrogazione.
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