Con la pronuncia della Cassazione n. 23765/15 e la recente sentenza 24652/2021 vengono definitivamente chiarite le ipotesi ed i limiti in cui risulta possibile l’impugnabilità del diniego di autotutela
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1) L'esercizio dell'autotutela
Prima di entrare nel merito è utile riepilogare sinteticamente la questione.
E’ noto che per autotutela si intende il potere della Pubblica Amministrazione di riesaminare i propri provvedimenti sul piano della legittimità e di emanare un nuovo atto che risponda ad interessi di ordine generale, al fine di confermarli, annullarli o modificarli
I profili di illegittimità si sostanziano in :
- Violazione di Legge ovvero atti emanati in maniera difforme alla legislazione vigente;
- Eccesso di Potere ovvero emanazione di un atto discrezionale che realizza un fine diverso da quello previsto dalla legge;
- Incompetenza inerente il soggetto che ha emesso l’atto ovvero la materia oggetto del provvedimento;
In presenza di un provvedimento amministrativo tributario inoppugnabile per decorrenza dei termini ma viziato di illegittimità si può presentare un’istanza di autotutela all’Amministrazione Finanziaria affinché riesamini la questione e corregga, ad esempio, errori ed omissioni.
Una fattispecie che si presenta non di rado attiene alle rettifiche ex art 36 bis e 36 ter dpr. 600/73 le quali vengono iscritte a ruolo con successiva notifica della cartella esattoriale . Quest’ultima, qualora non opposta , consoliderebbe la pretesa tributaria.
Ad esempio, si consideri un credito iva non spettante, ma non utilizzato in compensazione dal contribuente; si potrebbe verificare che, nel caso di mancata impugnazione della cartella, il fisco richieda l’importo del credito con annesse sanzioni interessi ed aggio a favore dell’attuale Ente di Riscossione. Nei caso predetto è naturale presentare istanza di autotutela per ottenere lo sgravio della somma indebitamente richiesta.
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2) Cosa fare qualora l’Amministrazione non risponda ovvero emetta un provvedimento di diniego?
La sentenza menzionata e quelle precedentemente emanate, ( cfr. Cass. Sez. Unite n. 7388/07, Cass. n. 9669/09 , Decisione n. 26313/10 , Decisione n. 1219/10, Cass. n. 9714/10), ci permettono di meglio comprendere i limiti e le potenzialità dell’impugnabilità del diniego di autotutela, la cui possibilità di impugnazione è stata acclarata dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 16778/2005, nonostante la mancata inclusione dello stesso nell’elenco di cui all’art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992.
Sintetizzando, secondo le indicazioni della Corte, si potrà adire il giudice tributario esclusivamente per vizi propri di illegittimità del diniego e non per contestare la fondatezza della pretesa tributaria, in quanto “ ….omissis… il sindacato deve riguardare….il corretto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione, nei limiti e nei modi in cui esso è suscettibile di controllo giurisdizionale, che non può mai comportare la sostituzione del giudice all’Amministrazione in valutazioni discrezionali, né l’adozione dell’atto di autotutela da parte del giudice tributario, ma solo la verifica della legittimità del rifiuto dell’autotutela…omissis…” (cfr. Cass. n. 7388/07) e “…omissis…il potere di annullamento o di revoca in funzione della riconosciuta illegittimità dell’atto…ovvero infondatezza della pretesa, si esplica nei limiti di un controllo inteso a verificare che l’esercizio di detto potere sia avvenuto correttamente…omissis…”(cfr. Cass. n. 23765/15)
Si tenga poi presente che l’ammissibilità all’impugnativa del diniego deve evidenziare anche la sussistenza di un interesse pubblico. La Cassazione non ha mai chiarito in cosa possa consistere ma, come ben osservato da dottrina e giurisprudenza di merito recente, si può ragionevolmente sostenere che l’interesse generale “…omissis…potrebbe essere rilevato nel dovere di ripristinare la legalità assicurando l’esatta esazione del tributo in relazione ai principi di capacità contributiva e dell’imparzialità o, ancora, nell’evitare doppie imposizioni…omissis…” ( cfr. Ctp Brescia 133/2010, “ Si può impugnare la legittimità del no dell’Ufficio”di Antonio Iorio, CdS n. 6758 e 7287 del 2004,Cass. N. 8558 del 2019, Cass. N. 20200 del 2020). La Cassazione con la sentenza n.24652 del 2021, precisa che “l’esercizio del potere di autotutela non costituisce un mezzo di tutela del contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non sono stati esperiti, anche se comunque finisce con l’incidere sul rapporto tributario, e quindi, sulla posizione giuridica del contribuente”, ( cfr. anche in tal senso Corte Costituzionale n. 181 del 2017)
L’interesse generale deve essere, come chiarito dalla Corte con ordinanza n. 4937 del 20 febbraio 2019, concreto e specifico, e, conduce ad una positiva impugnazione nel momento in cui si verifica una convergenza con quello del contribuente. Invero, nell’esercizio del potere di autotutela vengono ad esistenza ulteriori interessi suscettibili di adeguata ponderazione e valutazione comparativa di natura discrezionale, quali, ad esempio, l’esigenza alla stabilità dei rapporti giuridici di diritto pubblico che verrebbe inevitabilmente compromessa dall’annullamento di un atto divenuto inoppugnabile. In ragione di ciò, come chiarito dalla recente Cassazione, il riferimento generico ad un interesse generico al ripristino della legalità non collegato alla pretesa tributaria non giustifica l’impugnazione del diniego. Occorre, invece, un interesse generale riconducibile ad una giusta pretesa tributaria, oppure l’esigenza di eliminare un contenzioso inutile ed oneroso, (cfr. art 8 d.m. 11 febbraio 1997), ovvero un interesse generale “ che travalica quello individuale della parte in causa”, compiutamente dedotto ed illustrato dal contribuente, ( cfr. Cass. N. 24652/2021)
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