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LE DONAZIONI FATTE IN VITA DEL DEFUNTO NON ENTRANO NELL'IMPONIBILE DELLA SUCCESSIONE

Le donazioni fatte in vita del defunto non entrano nell'imponibile della successione

Donazioni non inglobate nella massa ereditaria e non scontano l'imposta di successione: a dirlo è la circolare ADE n. 29/2023 che si conforma alla giurisprudenza di merito

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Il coacervo è, nel suggestivo linguaggio giuridico-burocratico, l’istituto per cui ai fini impositivi il valore di una donazione deve essere sommato a quello di una donazione successiva, intercorsa tra gli stessi soggetti.

Esso rileva negli atti inter vivos (art. 57, comma I D.Lgs. 346/1990) ma incide anche in tema di dichiarazione di successione: per la vigente normativa, il valore di qualsivoglia donazione perfezionata dal de cuius deve essere sommato al valore globale netto dell’asse ereditario (cfr. art. 8 comma IV, D. Lgs. 346/90).

La stratificazione di leggi che si è succeduta negli anni ha comportato per gli operatori del diritto nuove, rilevanti problematiche interpretative.

1) Il punto sul coacervo nell'imposta di successione e donazione

Il busillis tanto in tema di coacervo donativo che di coacervo successorio ha passato più volte il vaglio della Corte di Cassazione.

L’art. 8, comma IV TUS sopra riportato è stato più volte censurato -e ritenuto, nella sostanza, abrogato- dalla Suprema Corte, in diverse sentenze (cfr. 26050/2016; 2940/2016; 12779/2018; 758/2019; 2278/2020), seppur sul piano formale esso sia -come visto- tuttora vigente.

Il (diverso) coacervo tra donazioni intervenute tra gli stessi soggetti (cfr. art. 57, comma I TUS cit.) è stato, da ultimo, affrontato nella sentenza 19 gennaio 2021 n. 727/2021 in cui la Corte di Cassazione -prendendo posizione sul ricorso di Agenzia delle Entrate- ha risposto a quello che ha ritenuto essere, in sintesi, il primo e principale quesito e punto nevralgico dell’impugnazione: “se nell’attuale disciplina dell’imposta sulle donazioni permanga l’istituto del coacervo delle donazioni pregresse ai fini del calcolo della franchigia esente; […]”.

La Corte ha ritenuto doversi dare risposta affermativa a tale quesito, e ciò in forza di diverse ragioni e seguendo due criteri interpretativi:

l’imposta oggi vigente è una nuova imposta, seppur regolata massimamente mediante rievocazione della disciplina previgente di cui al D.Lgs. 346/90 (“TUS”);

l’interprete deve coordinare la nuova imposta con la vecchia disciplina: lo impone l’art. 2 comma 50 del D.L. 262/2006 convertito in l. 286/2006 e ulteriormente modificato con L. 296/2006 (“Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001”). Davanti ad un tenore letterale non univoco, l’interprete deve dunque “individuare il regime applicabile all’esito di una valutazione finalistica e di ratio”.

Su tali premesse, la Corte ha rilevato e concluso nel senso che il coacervo ai fini dell’imposta sulle donazioni:

  • i) non è “di per sé” incompatibile con la disciplina della franchigia di esenzione, che ancora opera (comma 49 dell’art. 2 cit.);
  • ii) non è disarmonica la norma che lo prevede (art. 57 TUS), e ciò perché essa è sopravvissuta all’abrogazione di altre norme in tema per opera del comma 52 dell’art. 2 D.L. 262/2006 cit. ed è comunque applicabile anche ad un sistema di imposizione proporzionale -e non più progressivo- comunque caratterizzato da una franchigia iniziale.

Chiarita la posizione della giurisprudenza di legittimità, su entrambe le tipologie di coacervo, passiamo al merito.

È meritevole di attenzione la decisione del 12/12/2021 n. 594/3/2021 con cui il CRT Piemonte (in tema di coacervo successorio) ha preso una ferma posizione: in questo provvedimento, infatti, prendendo atto della conforme giurisprudenza di legittimità, contrastante con l’attuale normativa, si è ribadito che l’art. 8 comma 4 TUS (per cui, ricordiamolo, il valore di qualsivoglia donazione perfezionata dal de cuius deve essere sommato al valore globale netto dell’asse ereditario) deve intendersi tacitamente abrogato.

Pertanto, secondo la CTR Piemonte, l’Amministrazione non può tassare, con l’imposta di successione, la massa ereditaria inglobando in sé -ai fini impositivi- anche le donazioni effettuate in vita dal defunto.

Il presente articolo viene aggiornato con l’analisi della Circolare n. 29/E del 19 ottobre 2023 dell’Agenzia delle Entrate che ha ad oggetto proprio i due casi di coacervo: quello successorio, e quello donativo.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, nel prendere atto della giurisprudenza di legittimità sopra citata, e del fatto che essa si ponga in contrasto con la meno recente prassi dell’Agenzia delle Entrate, ha così disposto:

  • per quanto attiene il coacervo successorio, esso non deve più ritenersi attuale: pertanto, lo stesso non può essere applicato né per determinare le aliquote, né ai fini del calcolo delle franchigie;
  • per quanto attiene il coacervo donativo, occorre considerare che esso continua ad applicarsi ma non secondo l’odierna prassi dell’Agenzia delle Entrate (cfr. circolare n. 3/E del 2008 par. 4.2) perché desueta. Ai soli fini dell’imposta di donazione, dispone il direttore dell’ente, “l’istituto del coacervo donativo  continua a trovare applicazione, ma dallo stesso vanno escluse le donazioni poste in essere tra il 25 ottobre 2001  ed il 28 novembre 2006, periodo in cui la disciplina relativa all’imposta sulle successioni e donazioni risultava abrogata”.

Si è così posto un punto fermo, seppur solo tra gli interpreti e non anche sul piano legislativo, sulle questioni controverse e particolarmente rilevanti sul piano pratico. 

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