Il venir meno della validità del postulato del going concern dell’azienda - come complesso funzionante e destinato a continuare a funzionare almeno per i dodici mesi successivi alla data di riferimento del bilancio[1] - si concretizza alla data del passaggio dalla gestione degli amministratori a quella dei liquidatori[2].
In particolare, la cessazione dell’attività produttiva comporta l’abbandono dei criteri di iscrizione e valutazione di funzionamento e l’adozione dei criteri di liquidazione[3].
A fronte di ciò, si pongono due problemi di rilevante importanza pratica, che sono strettamente collegati con quelli della formazione dei bilanci di liquidazione:
a) se e con quali modalità si debba tener conto dello stato di liquidazione nella redazione del bilancio del precedente esercizio, quando l’inizio della liquidazione è vicino alla data di chiusura dell’esercizio;
b) se, in ipotesi del venir meno della validità del postulato del going concern nel corso dell’esercizio, si possano abbandonare i criteri di funzionamento e passare ai criteri di liquidazione nella redazione del bilancio (o, prima ancora, di eventuali bilanci infrannuali, come ad esempio la situazione patrimoniale ex artt. 2446 e 2447) a prescindere dalla formale messa in liquidazione della società.
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1) Il passaggio dal bilancio di “funzionamento” a quello di “liquidazione”.
Con riferimento al punto a), si può affermare senza ombra di dubbio che, fino al momento della data di chiusura del bilancio dell’esercizio precedente, non è lecito abbandonare i criteri di iscrizione e valutazione di funzionamento, ma è necessario applicarli nella prospettiva della cessazione dell’attività e della liquidazione dell’impresa.
Tanto è vero che, l’art. 2486, 1° comma, recita: “fino alla data di pubblicazione della nomina dei liquidatori, gli amministratori “conservano il potere di gestire la società sia pure ai fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale”. Ciò significa che non vi è cessazione dell’attività dell’impresa se non si è verificato il presupposto di trasformazione economica per il passaggio dai criteri di funzionamento ai criteri di liquidazione.
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2) Le cause di cessazione del going concern
Non tutte le cause di scioglimento della società si verificano in conseguenza del venir meno del postulato del going concern, e dunque non sempre alla data di effetto dello scioglimento l’impresa ha già cessato o sta per cessare la sua attività produttiva.
Di conseguenza, a chiarimento del punto b) si deve necessariamente fare un passaggio sulla norma di cui all’art. 2484, 1° comma, c.c. che individua ai punti ai nn. 1, 2, 3, 5 e 6, le cause di scioglimento che di fatto non incidono sulla funzionalità dell’impresa come organismo produttivo e non pregiudicano il suo equilibrio economico e finanziario.
L’elencazione prevede:
- il decorso del termine di durata (senza che sia stata deliberata la proroga), perché ciò non comporta necessariamente la cessazione dell’attività;
- il conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (a meno che le due ipotesi non comportino l’arresto dell’attività produttiva);
- l’impossibilità di funzionamento o continuata inattività dell’assemblea, che non comportano la cessazione dell’attività produttiva, anche perché le disfunzioni amministrative possono essere superate con idonei provvedimenti previsti dalla legge;
- l’impossibilità di liquidazione della quota del socio recedente, perché l’attività produttiva continua fino a che l’assemblea non deliberi lo scioglimento anticipato;
- la deliberazione di anticipato scioglimento al di fuori delle ipotesi di riduzione del capitale per perdite (ad esempio, per divergenze tra i soci sull’opportunità di continuare a svolgere una determinata attività. Tutte ipotesi in cui fino alle consegne ai liquidatori, esiste pur sempre un complesso produttivo funzionante).
A ben vedere, si può affermare la regola che, solo nell’ipotesi del verificarsi di perdite tali da ridurre il capitale al di sotto del minimo di legge (o addirittura da comportare l’intera perdita del capitale e l’emersione di un deficit netto) ed in mancanza di adeguata ricapitalizzazione, che indubbiamente si realizza sia uno squilibrio economico-patrimoniale che uno squilibrio finanziario, e quindi l’accertamento dello stato di insolvenza, tali da comportare, anche se non immediatamente, la cessazione a breve dell’attività produttiva e, probabilmente. (Nelle altre cinque ipotesi elencate dalla norma del codice civile, la cessazione dell’attività produttiva si verifica non alla data di effetto della causa di scioglimento, bensì alla data di inizio della gestione di liquidazione).
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3) Gli effetti del venir meno del goigng concern
Invero, il going concern, a prescindere dallo scioglimento e messa in liquidazione della società, può verificarsi in un momento qualunque dell’esercizio, senza che vi sia alcuna relazione con la messa in liquidazione della società (che non è neanche prevista, se non sono verificate una delle cause di scioglimento).
Un elenco di eventi e circostanze che, singolarmente o nel loro complesso, possono far sorgere significativi dubbi sulla permanenza di validità del postulato è contenuto nel par. 8 del documento dei principi di revisione nazionale n. 570 “Continuità Aziendale”[4]
(raccomandato dalla CONSOB).
Di fatto il principio di revisione citato, individua un elenco preciso di indicatori atti a segnalare il venir meno del going concern:
i. Indicatori finanziari:
- situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo;
- prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano prospettive verosimili di
- rinnovo o di rimborso; oppure eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività a lungo termine;
- indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei finanziatori e altri creditori;
- bilanci storici o prospettici che mostrano cash flow negativi;
- principali indici economico-finanziari negativi;
- consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle attività che generano cash flow;
- mancanza o discontinuità nella distribuzione dei dividendi;
- incapacità di saldare i debiti alla scadenza;
- incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti;
- cambiamento delle forme di pagamento concesse dai fornitori dalla condizione “a credito” alla condizione “pagamento alla consegna”;
- incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti ovvero per altri investimenti necessari.
ii. Indicatori gestionali:
- perdita di amministratori o di dirigenti chiave senza riuscire a sostituirli;
- perdita di mercati fondamentali, di contratti di distribuzione, di concessioni o di fornitori importanti;
- difficoltà nell’organico del personale o difficoltà nel mantenere il normale flusso di approvvigionamento da importanti fornitori.
iii. Altri indicatori:
- capitale ridotto al di sotto dei limiti legali o non conformità ad altre norme di legge;
- contenziosi legali e fiscali che, in caso di soccombenza, potrebbero comportare obblighi di risarcimento che l’impresa non è in grado di rispettare;
- modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa.
- situazioni di crisi pandemica (come il COVID 19) che producono e fanno attendere effetti sfavorevoli all’impresa.
In tutte le ipotesi elencate sopra, è bene considerare agli effetti del going concern:
a) che in conseguenza del verificarsi di un evento interno o esterno all’impresa si produca una cessazione pressoché immediata dell’attività produttiva;
b) che l’evento in questione consenta pur sempre uno svolgimento ridotto dell’attività per qualche mese[5] e l’avvio di una normale procedura liquidatoria con le fasi previste dalla norma e nella prassi.
4) Conclusioni
Si ricorda che, il riferimento al postulato del going concern dimostra la sua rilevanza non solo nel passaggio dal funzionamento alla liquidazione dell’impresa, ma ancor prima laddove l’art. 2086 del C.c., esplicita il dovere degli amministratori di mantenere gli adeguati assetti societari (tanto più nel recente Decreto dirigenziale della composizione negoziata).
Di conseguenza, il revisore deve essere vigile a circoscrivere in modo attendibile il venir meno del postulato assumendo gli adeguati livelli probativi[6] a supporto delle stime operate dai liquidatori, specificando il particolare contesto caratterizzato da significative incertezze.
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5) Note
[1] Cfr. “Principio della continuità aziendale “, principio contabile nazionale OIC 11.
[2] Cfr. par 7, OIC 5: “…a meno che l’assemblea dei soci, in sede di nomina dei liquidatori, non abbia disposto la continuazione dell’attività, ossia l’“esercizio provvisorio dell’impresa” per un periodo di tempo determinato in attesa della vendita in blocco dell’azienda”
[3] Cfr. Par 2, OIC 5
[4] Si veda anche Peta M. “Il principio ISA Italia 570: la responsabilità del revisore ed il postulato di continuità aziendale del bilancio. – Fisco e Tasse, La Revisione Legale, 10 luglio 2021, www.larevisionelegale.it/2021/07/10/il-principio-isa-italia-570-la-responsabilita-del-revisore-ed-il-postulato-di-continuita-aziendale-del-bilancio
[5] Si consideri che, in ambedue le ipotesi, l’elemento della cessazione dell’attività produttiva o, almeno, deve diagnosticarsi come afferma lo IASB nella “significativa riduzione del livello della propria operatività”, Framework IASB, par. 23.
[6] Si veda anche Peta M., “responsabilità del revisore gli elementi probativi, Fisco e Tasse, La revisione Legale, 25 ottobre 2021. /www.fiscoetasse.com/approfondimenti/14375-responsabilita-del-revisore-gli-elementi-probativi.html