L’art. 93, comma 1 bis, Codice della strada, che vieta di circolare con un veicolo immatricolato all’estero a chiunque sia residente in Italia da più di 60 giorni, è idoneo a dissuadere i residenti italiani dal contrarre prestiti in altri Stati membri, così costituendo una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione Europea (VI Sezione), nella Sentenza del 16 dicembre 2021.
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1) Circolare con targa estera secondo il Codice della Strada
L’articolo 93, del Codice della Strada, prevede:
- al comma 1-bis, “Salvo quanto previsto dal comma 1-ter, è vietato, a chi ha stabilito la residenza in Italia da oltre 60 giorni, circolare con un veicolo immatricolato all’estero”. Per la relativa violazione è prevista una sanzione amministrativa di importo compreso tra euro 712 e 2 848.
- al comma 1-ter, “Nell’ipotesi di veicolo concesso in leasing o in locazione senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva, nonché nell’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice doganale comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento, sottoscritto dall’intestatario e recante data certa, dal quale risultino il titolo e la durata della disponibilità del veicolo. In mancanza di tale documento, la disponibilità del veicolo si considera in capo al conducente”.
Una doppia sanzione elevata nella vicenda toscana
Un uomo residente in Italia, e la moglie in Slovacchia, stavano utilizzavano l’autovettura della donna, immatricolata in Slovacchia, su una strada della Toscana. In occasione di un controllo, la polizia elevava una contravvenzione nei confronti dell’uomo, che conduceva il veicolo al momento del controllo, come anche nei confronti della donna, in quanto proprietaria del veicolo. Veniva inoltre disposto il sequestro dell’auto per violazione dell’articolo 93, c. 1-bis, C.d.S.: l’uomo, residente in Italia da più di 60 giorni, era alla guida di un’auto immatricolata all’estero.
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2) Cosa dice la giurisprudenza e la Corte UE
La lettura del Giudice di Pace di Massa
Ha rilevato che, in forza del Codice della Strada, le persone che risiedono da più di 60 giorni in Italia non sono autorizzate a circolarvi con un autoveicolo immatricolato all’estero e, per farlo, sono obbligate:
- a far immatricolare il veicolo in Italia, conformandosi a formalità amministrative complesse e costose,
- a far revisionare nuovamente il veicolo in Italia,
- a pagare la tassa automobilistica in Italia anche per l’anno in corso, per il quale la corrispondente tassa è già stata pagata all’estero,
- ad acquistare una nuova polizza assicurativa presso una compagnia italiana.
Il Giudice di pace di Massa ha quindi sospeso il procedimento, richiedendo alla Corte UE se alcuni articoli del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea) debbano essere interpretati nel senso che essi ostano alla disposizione del Codice della Strada nazionale, la quale vieta a chiunque risieda da più di 60 giorni in uno Stato membro di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona a cui tale veicolo è intestato.
La lettura della disposizione italiana alla luce del diritto europeo
Per la Corte UE l’elemento essenziale di un prestito d’uso consiste nella facoltà di utilizzare la cosa prestata, pertanto, imponendo alle persone residenti in Italia da più di 60 giorni il pagamento di un’imposta in occasione dell’utilizzo sulla rete stradale italiana di un veicolo immatricolato in un altro Stato membro, anche se quest’ultimo è stato prestato a titolo gratuito dal residente di un altro Stato membro, la normativa del Codice della Strada finisce per assoggettare a imposizione i comodati d’uso transfrontaliero a titolo gratuito dei veicoli a motore. I comodati d’uso a titolo gratuito di un veicolo immatricolato in Italia non sono invece soggetti a tale imposta. Per l’effetto, siffatta differenza di trattamento, a seconda dello Stato in cui è immatricolato il veicolo concesso in comodato, è tale da dissuadere i residenti italiani dall’accettare il prestito offerto loro da residenti in un altro Stato membro di un veicolo immatricolato in quest’ultimo Stato. Di conseguenza, la normativa del Codice della Strada in questione, in quanto idonea a dissuadere i residenti italiani dal contrarre prestiti in altri Stati membri, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali ai sensi dell’articolo 63, paragrafo 1, TFUE.
3) L’obiettivo della normativa stradale del 2018
Il Decreto Salvini del 2018, che peraltro modificò l’articolo 93 del Codice della strada, aveva mirato ad evitare che, tramite l’impiego abituale nel territorio nazionale di veicoli immatricolati all’estero, soggetti residenti e che lavorano in Italia possano:
- commettere illeciti, quali il mancato pagamento delle tasse, delle imposte e dei pedaggi,
- eludere sanzioni,
- fruire di premi assicurativi più vantaggiosi,
- ma anche che l’identificazione degli effettivi conducenti di tali veicoli sia resa difficile, se non impossibile, per le forze di polizia deputate al controllo.
4) L’interpretazione fornita dalla Corte UE
L’articolo 63, paragrafo 1, TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso osta alla normativa di uno Stato membro che vieta a chiunque abbia stabilito la propria residenza in tale Stato membro da più di 60 giorni di circolarvi con un autoveicolo immatricolato in un altro Stato membro, a prescindere dalla persona alla quale il veicolo è intestato, senza tener conto della durata di utilizzo di detto veicolo nel primo Stato membro e senza che l’interessato possa far valere un diritto a un’esenzione, qualora il medesimo veicolo non sia destinato ad essere essenzialmente utilizzato nel primo Stato membro a titolo permanente né sia, di fatto, utilizzato in tal modo.
5) E ora che succede?
Quanto alla causa italiana, spetterà al giudice valutare sia la durata che la natura dell’impiego dell’autoveicolo sequestrato. In tutte le altre ipotesi in cui verrà elevata una sanzione per violazione dell’articolo 93, c. 1-bis del C.d.S., bisognerà impugnare il verbale invocando la sentenza 16 dicembre 2021 della Corte UE. Per l’effetto, il giudice italiano dovrà decidere tenendo conto dell’interpretazione fornita dalla curia europea.