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LA NUOVA DISCIPLINA PER LA VENDITA DI PRODOTTI AGRICOLI

La nuova disciplina per la vendita di prodotti agricoli

Nuove regole sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari fatte da produttori agricoli o da persone fisiche o giuridiche, stabiliti in Italia

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Con il D.Lgs. 8.11.2021, n. 198, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 30.11.2021, n. 285, sono state introdotte nuove regole sulla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari fatte da produttori agricoli o da persone fisiche o giuridiche, stabiliti in Italia, alla luce della Direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.4.2019, e dell’art. 7 della L. 22.4.2021, n. 53.

Contestualmente vengono abrogati:

  1. l’art. 62 del d.l. 24.1.2012, n. 1, sulle relazioni commerciali di prodotti agricoli e alimentari, compreso il decreto 19.10.2012, n. 199, del ministro delle politiche agricole di attuazione;
  2. il comma 6-bis dell’art. 36 del d.l. 18.10.20212, n. 179, secondo cui la normativa non si applicava per i passaggi di beni tra produttori agricoli.

La normativa sui contratti di cessione (art. 3), sulle pratiche commerciali sleali vietate (artt. 4 e 5) e sulle buon pratiche commerciali (art. 6) costituiscono norme imperative e prevalgono sulle eventuali discipline di settore con esse contrastanti (art. 1, comma 4).

Inoltre, è nulla qualsiasi pattuizione o clausola contrattuale che sia contraria alle nuove disposizioni, fermo restando che ciò non comporta la nullità del contratto.

La normativa non si applica:

  1. per i contratti di cessione che sono direttamente conclusi tra i fornitori e i consumatori finali, cioè per scopi estranei ad un’attività imprenditoriale, con contestuale pagamento del prezzo alla consegna;
  2. per i conferimenti di prodotti agricoli e alimentari da parte di imprenditori agricoli e ittici e cooperative di cui essi siano soci e a organizzazioni di produttori ai sensi del d.lgs. 27.5.2005, n. 102, di cui essi sono soci.

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1) I principi e gli elementi essenziali del contratto di cessione

I contratti di cessione devono rispettare i principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, riferiti ai beni forniti sia prima sia durante e sia dopo l’instaurazione del rapporto commerciale:

IL CONTRATTO

Il contratto va concluso, obbligatoriamente, mediante atto scritto che va stipulato prima della consegna dei prodotti indicando:

  1. la durata;
  2. la quantità e le caratteristiche del prodotto venduto;
  3. il prezzo, che può essere fisso o determinabile sulla base dei criteri indicati nel contratto;
  4. le modalità di consegna e di pagamento.

L’obbligo della forma scritta può essere rispettato mediante documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto con i quali l’acquirente commissiona la consegna dei prodotti, ma a condizione che vi siano indicati gli elementi suddetti, anche in relazione ai principi essenziali previsti.

 La durata minima è di 12 mesi, salvo deroga motivata in relazione alla stagionalità dei prodotti, la quale deve essere concordata dalle parti o deve risultare da un contratto stipulato con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali di categoria. Fatta eccezione per le deroghe espressamente ammesse, se il contratto ha una durata inferiore a 12 mesi, si considera che essa è comunque pari a 12 mesi. Questa regola, tuttavia, stabilisce un’eccezione se l’acquirente esercita l’attività di somministrazione di alimenti e bevande in un pubblico esercizio di cui all’art, 5 della l. 25.8.1991, n. 287.

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2) Le pratiche commerciali sleali

L’art. 4 individua le pratiche commerciali sleali vietate cioè quelle per le quali si individuano nelle seguenti fattispecie:

  • per i contratti di cessione con consegna pattuita su base periodica:
    • ritardare il pagamento del corrispettivo per prodotti deperibili al fornitore dopo oltre 30 giorni dal termine di consegna convenuto in cui le consegne sono state effettuate, che non può essere superiore a un mese, oppure dopo oltre 30 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva;
    • ritardare il pagamento del corrispettivo per prodotti non deperibili al fornitore dopo oltre 60 giorni dal termine convenuto in cui le consegne sono state effettuate, che non può essere superiore a un mese, oppure dopo oltre 60 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva;

AVVERTENZA (art. 4, comma 3)

Il divieto non si applica per i pagamenti:

  • effettuati da un acquirente nel quadro di programmi di distribuzione di prodotti ortofrutticoli e di latte alle scuole ai sensi dell’art. 23 del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.12.2013;
  • effettuati da enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria;
  • effettuati nell’ambito di contratti di cessione tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti, alle seguenti condizioni:
    • che i termini specifici delle vendite siano inclusi nei contratti tipo vincolanti ai sensi dell’art. 164 del regolamento (UE) n. 1308/2013 prima del 1°.1.2019 e la cui applicazione sia stata rinnovata a decorrere da tale data senza modificare i termini di pagamento a danno dei fornitori di uve o mosto;
    • che i contratti di cessione tra fornitori di uve o mosto per la produzione di vino e i loro acquirenti diretti siano pluriennali o lo diventino.
  • per i contratti di cessione con consegna pattuita su base non periodica:
    • ritardare il pagamento del corrispettivo per i prodotti deperibili dopo oltre 30 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 30 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva;
    • ritardare il pagamento del corrispettivo per i prodotti non deperibili dopo oltre 60 giorni dalla data di consegna oppure dopo oltre 60 giorni dalla data convenuta per il pagamento, a seconda di quale delle due date sia successiva;
  • per l’annullamento, da parte dell’acquirente, di ordini di prodotti deperibili se la comunicazione data con preavviso inferiore a 30 giorni; un apposito d.m. individuerà casi e settori per i quali il termine può essere inferiore;
  • per la modifica unilaterale di una delle parti delle condizioni un contratto di cessione relative alla frequenza, al metodo, al luogo, ai tempi o al volume della fornitura o della consegna dei prodotti, alle norme di qualità, ai termini di pagamento o ai prezzi oppure alle prestazioni di servizi accessori rispetto alla consegna dei prodotti;
  • per la richiesta da parte dell’acquirente al fornitore di pagamenti non connessi alla vendita dei prodotti agricoli e alimentari;
  • per l’inserimento, da parte dell’acquirente al fornitore, di farsi carico dei costi per il deterioramento o la perdita dei prodotti che si verifichino presso i locali dell’acquirente o comunque dopo la loro consegna; fa eccezione il caso in cui l’evento sia dovuta a negligenza o colpa del venditore;
  • per il rifiuto da parte del fornitore o dell’acquirente di confermare per iscritto le condizioni del contratto; fa eccezione il caso in cui un socio debba consegnare i beni all’organizzazione o alla cooperativa di cui è socio sempreché la disciplina dell’ente contenga disposizioni con effetti analoghi per contratti di cessione,
  • per l’acquirente, l’utilizzo o la divulgazione illecita di segreti commerciali del fornitore, anche mediante soggetti facenti parte del medesimo gruppo di acquisto;
  • per la minaccia dell’acquirente di mettere in atto o la messa in atto di ritorsioni commerciali nei confronti del fornitore se questi esercita i propri diritti commerciali e legali, anche qualora consistano nella presentazione di una denuncia all’Autorità giudiziaria;
  • per la richiesta al fornitore, da parte dell’acquirente, del risarcimento del costo sostenuto a fronte di reclami dei clienti relativi ai prodotti, benché non risultino da negligenze o colpa da parte del venditore.


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3) Il ritardo nei pagamenti

Nel caso di ritardo nei pagamenti di oltre 30 giorni per i prodotti deperibili e di oltre 60 per quelli non deperibili, il fornitore ha il diritto di avvalersi di quanto è previsto dal d.lgs. 9.10.2002, n. 231 (art. 4, comma 2).

Senza che sia necessaria la costituzione in mora, dal giorno successivo alla scadenza del termine, al creditore sono dovuti gli interessi legali di mora il cui tasso (pari al tasso di riferimento) è maggiorato di ulteriori quattro punti ed è inderogabile. 

IL TASSO DI MORA

Tasso di mora pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale nel quinto giorno successivo a ciascun semestre solare determinato con riferimento all’anno cui si riferisce il ritardo:

  • per il primo semestre, è quello in vigore al 1° gennaio di quell’anno;
  • per il secondo semestre, è quello in vigore al 1° luglio di quell’anno;

+ maggiorazione di quattro punti;

= interesse di mora applicabile.

 Per i contratti in cui è parte una pubblica amministrazione del settore scolastico e sanitario, le parti possono pattuire, in modo espresso, un termine di pagamento superiore se ciò è oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche.

4) Le pratiche commerciali

Le pratiche commerciali concordate

Soltanto se le parti hanno concordato nel contratto o nell’accordo quadro o in un accordo successivo, in termini chiari e univoci, l’acquirente può (art. 4, comma 4):

  1. restituire al fornitore i prodotti rimasti invenduti senza corrispondere alcun pagamento o per il loro smaltimento;
  2. richiedere al fornitore:
    • un pagamento per l’immagazzinamento, l’esposizione, l’inserimento nel listino dei suoi prodotti, o la loro messa in commercio;
    • di farsi carico della concessione di sconti sui prodotti venduti dall’acquirente come parte di una promozione (salvo diversa pattuizione che specifichi il periodo e la quantità prevista dei prodotti da ordinare a prezzo scontato);
    • di farsi carco di costi di pubblicità, o di marketing dei prodotti e degli oneri del personale per organizzare spazi di vendita.

Le pratiche commerciali espressamente vietate

L’art. 5 indica espressamente le pratiche commerciali vietate all’acquirente quali:

  • l’acquisto di prodotti:
    • attraverso aste elettroniche a doppio ribasso;
    • applicando prezzi inferiori al costo di produzione;
    • mediante un contratto avente per oggetto prodotti agricoli e alimentari, di anche una delle condizioni richieste dall’art. 168, paragrafo 4, del regolamento (UE) n. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17.12.2013;
    • condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
  • il conseguimento di indebite prestazioni unilaterali non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali;
  • l’imposizione di servizi e prestazioni accessorie senza connessione oggettiva, diretta e logica, con la cessione del prodotto;
  • l’esclusione dell’applicazione degli interessi di mora a danno del creditore o delle spese per il recupero di crediti;
  • l’imposizione di clausole onerose, non proporzionate al rischio e al contratto , anche da parte del fornitore.

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5) Le vendite sottoscosto, l’autorità di contrasto e le sanzioni

Le vendite sottoscosto

La vendita sottocosto dei prodotti alimentari freschi e deperibili è consentita soltanto se il prodotto invenduto è soggetto al rischio di deperibilità o nel caso di operazioni commerciali concordate e programmate in forma scritta con il venditore.

Per “vendita sottocosto” si intende la vendita al pubblico “di prodotti ad un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto maggiorato dell’IVA e di ogni altra imposta o tassa connessa alla natura del prodotto e al netto degli eventuali sconti o contribuzioni riconducibili al prodotto medesimo purché documentati” (art. 15 del d.lgs 31.3.1998, n. 114).

Nel caso di violazioni, ai sensi dell’art. 1339 c.c., il prezzo stabilito dalle parti è sostituito di diritto da quello esposto nelle fatture di acquisto oppure, se il riscontro non è possibile, con il prezzo calcolato sulla base dei costi medi di produzione rilevato dall’ISMEA o, in assenza, dal prezzo medio praticato nel mercato di riferimento per prodotti similari.

L’autorità di contrasto

Il Dipartimento dell’Ispettorato della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (ICQRF) esercita l’attività di accertamento delle violazioni previste dagli art. 3, 4 e 5 (cioè, elementi essenziali dei contratti e pratiche sleali) e di irrogazione delle sanzioni (art. 8).

Le denunce possono essere presentate personalmente o tramite le organizzazioni dei produttori e dei fornitori, anche per il tramite di loro associazioni, e quelle di parte acquirente possono presentare denunce in presenza di pratiche commerciali vietate.

Le sanzioni

L’art. 10 è riservato al regime sanzionatorio.

Tra le altre misure previste, il comma 3, prevede che il mancato rispetto del termine di pagamento comporta l’irrogazione nei confronti del debitore della sanzione amministrativa pecuniaria fino al 3,5% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio precedente all’accertamento, da determinare in ragione della misura dei ritardi, il cui minimo non può essere inferiore a € 1.000.

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