In un periodo di crisi può capitare che la compagine societaria si assottigli; in tale caso ci si chiede, qualora venga meno la pluralità di soci, cosa debba fare il socio superstite, in una società di persone, e, in particolare, quali adempimenti civilistico-fiscali siano connessi a una tale eventualità.
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1) Cosa fare se viene meno la pluralità dei soci: le norme del Cod. Civ.
Sotto il profilo civilistico - ai sensi degli artt. 2272 e 2308 c.c.- in un società di persone qualora venga meno la pluralità dei soci salvo che quest’ultima non venga ricostituita nel termine di sei mesi si determina una causa di scioglimento della società, con conseguente attivazione della procedura di liquidazione.
L’eventualità rappresentata potrebbe essere determinata nella prassi da: recesso, cessione delle quote ovvero morte di un socio. In quest’ultimo caso, rappresentato dalla morte di un socio l’art. 2284 c.c. dispone che gli altri soci debbano liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano (salvo ovviamente diversa disposizione dei patti sociali).
In sostanza il socio superstite si troverà di fronte alle seguenti opzioni:
- sciogliere la società;
- ricostituire la pluralità di soci
- continuare l’attività in forma individuale
Nella prima prospettazione giova rammentare che lo scioglimento della società non comporta la sua estinzione, in quanto l'organizzazione sociale rimane in vita fino a quando non siano stati estinti tutti i rapporti di debito e di credito verso i terzi (si vedano le sentenze Cass. 12553/2004; Cass. 1876/1996)
La ricostituzione della pluralità dei soci può essere effettuata attraverso la cessione di parte della quota del socio superstite ad altro soggetto oppure attraverso un aumento di capitale sociale, offrendo in sottoscrizione detto aumento a soggetto terzo.
L’ultima soluzione giuridica rappresentata al punto c) consiste nella trasformazione della società di persone in impresa individuale. A seguito dello scioglimento di una società con un solo socio (che può verificarsi, oltre che con il decorso di sei mesi dal venir meno della pluralità dei soci, anche anticipatamente, per volontà espressa del socio superstite), deve essere effettuata la liquidazione, a conclusione della quale, il patrimonio sociale residuo è assegnato al socio superstite (art. 2311 c.c.) e si determina l’estinzione della società (art. 2312 c.c.), previa cancellazione della stessa dal Registro delle imprese. Sotto tale profilo giova rammentare che lo Studio del Consiglio Nazionale del Notariato, n. 545-2014/I - sebbene si ponga a sostegno della possibilità di una trasformazione in impresa in titolarità individuale - invita alla prudenza nei confronti di tale trasformazione “atipica”.
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2) Aspetti fiscali sulla mancata ricostituzione della pluralità dei soci
Sotto il profilo fiscale l’Amministrazione finanziaria ha chiarito nella circ. 54/2002 che, l’involuzione della società di persone in ditta individuale, non dia luogo ad alcuna emersione di plusvalenza imponibile in relazione ai beni oggetto dell'attività d'impresa, a condizione che il socio superstite continui l'attività sotto forma di ditta individuale e mantenga inalterati i valori dei beni (si veda anche circ. 13/E/2008).
L’Amministrazione finanziaria ha inoltre evidenziato in continuità con l’indirizzo della Suprema Corte del 16 febbraio 2007, n. 3671 che “la c.d. continuazione dell’impresa in forma individuale sia sempre preceduta dallo scioglimento della società e dalla liquidazione della medesima ..., a conclusione della quale, il patrimonio sociale residuo è assegnato al socio superstite” con conseguente estinzione della società (Si veda ris. 47/E/2006).
L’assegnazione dell’azienda al socio superstite non è soggetta a IVA, ex art. 2, comma 3, lett. b), D.P.R. n. 633/1972, e sconta l’imposta di registro in misura fissa (ris. n. 47/E/2006).
Quanto agli obblighi dichiarativi, la società è tenuta a presentare la propria dichiarazione dei redditi per l’ultimo periodo d’imposta chiuso allo scadere del sesto mese utile per la ricostituzione della pluralità dei soci, utilizzando il modello UNICO – Società di persone.
Specularmente, nell’anno in cui si ha lo scioglimento della società, il socio superstite che prosegue l’attività in qualità di imprenditore, dichiarerà il reddito d’impresa prodotto nel residuo periodo utilizzando il modello UNICO – Persone Fisiche, quadro RF o RG.
Sollevando un vasto dibattito in dottrina la Suprema Corte nella sentenza 496/2015 ha precisato che quando la legge consente la trasformazione si riferisce sempre al passaggio da “ente” ad “ente”. Con la pronuncia in questione la Corte di Cassazione definisce testualmente come “assegnazione di azienda” l’ipotesi dell’atto “con il quale un socio receda da una società in nome collettivo composta da due soli soci, dando quietanza dell’avvenuta liquidazione della quota, mentre l’altro contestualmente dichiari di non voler ricostituire la società, ma di voler proseguire in proprio, quale imprenditore individuale, l’attività di impresa”.
A fronte di quanto retro argomentato riteniamo conclusivamente che ogni caso vada analizzato con attenzione quand’anche l’Agenzia delle entrate nelle richiamate circolari offra spunti di riflessione meritevoli di apprezzamento, consentendo al contribuente un orientamento ai fini della corretta qualificazione dell’operazione prospettata.
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