Da mercoledì 1° gennaio 2020 i buoni pasto cartacei del valore di 5,29 euro saranno esenti da imposizione fiscale e previdenziale solo fino a 4 euro.
Significa che le imprese pagheranno più contributi (INPS) e i lavoratori più contributi (INPS a loro carico) e tasse (IRPEF e addizionali).
Secondo “la Repubblica” il 60% dei buoni circolanti è cartaceo e, considerando una media di 20 buoni al mese per undici mesi, ferie escluse, si avrà un maggiore imponibile annuo di 284 euro per ogni lavoratore su cui verranno calcolate ritenute Irpef, addizionali regionali e comunali, premi INAIL e contributi INPS, salvo ridurre il valore del buono cartaceo a 4 euro.
Un vera e propria tassa nascosta titolano i giornali !!
La manovra di bilancio punta a favorire la tracciabilità dei buoni pasto per evitare abusi e facilitare i controlli, di conseguenza diventano più appetibili i buoni elettronici il cui valore di esenzione dal 2020 sale da 7 a 8 euro.
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1) Cosa cambia nel dettaglio:
La legge di bilancio 2020 ha introdotto importanti novità sull’esenzione fiscale e previdenziale dei buoni pasto sia cartacei che elettronici.
Fino al 31 dicembre 2019 sono esenti da tasse e contributi i buoni cartacei entro il limite di 5,29 euro e i buoni elettronici fino a 7 euro.
Dal 1° gennaio 2020 il limite di esenzione dei buoni pasto cartacei scende da 5,29 a 4 euro e aumenta da 7 a 8 euro l’esenzione per i buoni elettronici.
Ciò significa che se le Aziende continueranno a distribuire ai propri dipendenti buoni cartacei con valore facciale di euro 5,29, dal 1° gennaio 2020, dovranno pagare i contributi INPS e i premi INAIL sulla parte eccedente i 4 euro e i lavoratori, oltre alla quota di contributi INPS a loro carico, pagheranno anche le tasse, cioè l’IRPEF, le addizionali regionali e comunali.
Per evitare tale maggior aggravio, le Aziende dovranno o ridurre il valore del buono cartaceo da 5,29 a 4 euro oppure ripiegare sui buoni elettronici.
E’ evidente che la manovra intende favorire l’utilizzo dei buoni pasto elettronici a discapito dei buoni cartacei, facendo leva sulle minori imposte per contrastare l’utilizzo spesso scorretto di quelli cartacei.
I buoni pasto elettronici non sono altro che dei tesserini con banda magnetica sui quali il datore di lavoro carica il valore del buono pasto da consumarsi presso i ristoranti o i supermercati convenzionati; sono tracciabili e difficilmente si prestano ad un uso improprio, non devono essere firmati e datati ogni volta che il lavoratore ne fa uso perché al momento del pagamento presso l’esercente, tramite POS, vengono rilevate elettronicamente tutte le informazioni necessarie.
Per quanto riguarda gli utilizzatori, il decreto del MISE 122/2017 (art. 4, lettera c) stabilisce che i buoni pasto “sono utilizzati esclusivamente dai prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché i soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”.
In pratica, possono fruirne tutti i soggetti che percepiscono redditi di lavoro dipendente e assimilato come i tirocinanti, gli stagisti, gli amministratori di società, i consiglieri, ecc., cioè coloro i cui compensi sono inquadrabili nei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (di cui all’art. 50, lettera c-bis) del TUIR).
Il decreto del MISE sopracitato (art. 4, lettera d) stabilisce altresì che “non sono cedibili, né cumulabili oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in denaro e sono utilizzabili solo dal titolare”.
L’Agenzia delle Entrate ha più volte sottolineato che per fruire della detassazione (di cui all’art. 51, comma 2, lettera c) del TUIR) i buoni pasto devono essere concessi alla generalità o a categorie omogenee di lavoratori. Non necessariamente devono essere le categorie contrattuali (dirigenti, impiegati, operai, ecc.) ma è sufficiente che sia adottato uno specifico criterio per evitare concessioni arbitrarie o ad personam. Ad esempio potranno essere correttamente assegnati a tutti i lavoratori a turno, a tutti i lavoratori che hanno un certo livello, una certa carica, una certa anzianità, ecc..
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2) Cosa cambia per il Buoni pasto dal 1 gennaio 2020?
Dal 1 gennaio 2020 diminuisce l’esenzione per i buoni pasto cartacei da euro 5,29 a 4 euro.
I buoni cartacei che le aziende continueranno a distribuire ai propri dipendenti con valore facciale di euro 5,29 pagheranno contributi e imposte sulla quota eccedente i 4 euro, e quindi su euro 1,29.
3) Il rincaro buoni pasto riguarda solo i cartacei?
Si. il rincaro riguarda sono i buoni pasti cartacei, vengono quindi favoriti quelli elettronici che vedono aumentare la quota esente da 7 a 8 euro.
La Legge di Bilancio 2020 intende quindi favorire l’utilizzo dei buoni pasto elettronici a discapito dei buoni cartacei, facendo leva sulle minori imposte per contrastare l’utilizzo spesso scorretto di quelli cartacei.
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4) Cosa sono i buoni pasto elettronici?
I buoni pasto elettronici non sono altro che dei tesserini con banda magnetica sui quali il datore di lavoro carica il valore del buono pasto da consumarsi presso i ristoranti o i supermercati convenzionati; sono tracciabili e difficilmente si prestano ad un uso improprio, non devono essere firmati e datati ogni volta che il lavoratore ne fa uso perché al momento del pagamento presso l’esercente, tramite POS, vengono rilevate elettronicamente tutte le informazioni necessarie.
5) Da chi possono essere utilizzati buoni pasto?
Gli utilizzatori dei buoni pasto sono i prestatori di lavoro subordinato, a tempo pieno o parziale, anche qualora l’orario di lavoro non prevede una pausa per il pasto, nonché i soggetti che hanno instaurato con il cliente un rapporto di collaborazione anche non subordinato”.
In pratica, possono fruirne tutti i soggetti che percepiscono redditi di lavoro dipendente e assimilato come i tirocinanti, gli stagisti, gli amministratori di società, i consiglieri, ecc., cioè coloro i cui compensi sono inquadrabili nei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (di cui all’art. 50, lettera c-bis) del TUIR).
Il decreto del MISE sopracitato (art. 4,
lettera d) stabilisce altresì che “non sono cedibili, né cumulabili
oltre il limite di otto buoni, né commercializzabili o convertibili in
denaro e sono utilizzabili solo dal titolare”.