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LEVERAGED CASH OUT, VIA LIBERA DALLA CASSAZIONE

Leveraged cash out, via libera dalla Cassazione

Una recente ordinanza considera l’operazione di Leveraged cash out, rivalutazione partecipazioni e vendita a società veicolo, non elusiva grazie alle valide ragioni extrafiscali

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Con l’ordinanza n.25131 del 16 settembre 2021 la Corte di Cassazione si pronuncia in favore del contribuente su di un caso di Leveraged Cash Out (LCO) considerato elusivo dall’Agenzia delle entrate.

Come è noto, il LCO è l’operazione mediante la quale i soci persone fisiche di una società target rivalutano (ex art. 5 L.448/2001) le proprie partecipazioni pagando l’imposta sostitutiva e poi le vendono ad una società veicolo, tipicamente costituita ad hoc, da loro stessi partecipata nelle medesime percentuali della società target. Il corrispettivo delle partecipazioni è di solito pagato mediante prestito bancario contratto dalla società veicolo e ripagato con l’incasso dei dividendi della società target, oppure versato in modo dilazionato in corrispondenza dell’incasso dei dividendi. Meno frequente è una terza via, che è proprio quella del caso sottoposto alla Cassazione nell’ordinanza che si commenta, che trova negli stessi soci i finanziatori della società veicolo (con restituzione del prestito comunque effettuata grazie all’incasso dei dividendi).

1) Il Leveraged Cash Out

Questa operazione permette, in sostanza, ai soci di incassare i dividendi della società target per il tramite della società veicolo, senza però essere assoggettati all’imposta ordinaria sui dividendi bensì alla più mite imposta sostitutiva sulla rivalutazione (ed all’Ires in capo alla società veicolo sul 5 per cento del valore dei dividendi).

In linea di principio lo schema del LCO presenta tutti i caratteri dell’operazione elusiva ex art. 10-bis della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), dal momento che:

- permette di conseguire un vantaggio fiscale indebito perché contrario alla finalità della disciplina della rivalutazione, che sarebbe invece di incentivare la circolazione delle partecipazioni (che, evidentemente, nel LCO non cambiano “padrone”);

- manca di sostanza economica, perché non sembra realizzare altro che la sostituzione della tassazione dei dividendi con la tassazione delle plusvalenze (con imposta sostitutiva);

- lo scopo di conseguire un vantaggio fiscale è essenziale, considerando che la società veicolo non ha una autonoma funzione economica ed il vero obiettivo dell’operazione è proprio il risparmio d’imposta.

2) Le valide ragioni e l’ordinanza della Cassazione

Le considerazioni appena effettuate in relazione agli elementi costitutivi dell’abuso del diritto sono sempre giuste in caso di Merger Leveraged Cash Out, ovvero quando alla cessione delle partecipazioni segue la fusione tra la società target e la società veicolo (rilevandosi anche, in quel caso, la perfetta circolarità dell’operazione). Altrimenti, esiste la possibilità che il LCO possa essere sostenuto da valide ragioni extrafiscali non marginali (la cui esistenza il contribuente ha l’onere di dimostrare ex art. 10-bis, comma 9, della legge 212/2000) e di conseguenza non costituire fattispecie di abuso del diritto.

Frapporre una società holding tra i soci persone fisiche e la società operativa potrebbe avere la funzione, ad esempio, di confinare eventuali litigi tra i soci ad un livello superiore, senza intaccare (almeno nel breve periodo) la gestione della target; oppure, potrebbe servire per ottenere una tassazione più mite dei dividendi allo scopo di reinvestirli e cogliere nuove opportunità di business.

Saranno, allora, solo la sensibilità dell’interprete e la conoscenza completa degli interessi in gioco a permettere di stabilire se la costituzione della holding e la vendita delle partecipazioni meritano di essere rese inopponibili al Fisco oppure no. Proprio questo, nell’ordinanza n.25131, è stato il ragionamento della Suprema Corte, di cui purtroppo non si comprendono fino in fondo i presupposti, non essendo evidente a chi legge perché i giudici di secondo grado (con accertamento di fatto non sindacabile in Cassazione) abbiano “riconosciuto la sussistenza di valide ragioni economiche [secondo la formulazione della norma vigente ratione temporis, n.d.a.], individuate nell’esigenza di regolamentare, attraverso una più razionale e confacente riorganizzazione dell’assetto societario, la liquidazione delle quote sociali dei soci che non fossero più interessati alle sorti del gruppo”.

Può essere, in definitiva, solo una valutazione degli interessi effettuata caso per caso e, più ancora, la visione del concreto svolgimento dell’operazione (ossia, in altre parole, la verifica se i dividendi siano effettivamente pervenuti ai soci persone fisiche o meno) a permettere di stabilire se lo schema dovrà essere considerato elusivo o meno. Si noti, a tale proposito, che non può essere dirimente neppure l’opzione per il conferimento delle partecipazioni alla società veicolo in alternativa alla cessione, perché lo schema elusivo potrebbe essere ugualmente perseguito (con una riduzione del capitale sociale o una distribuzione della riserva sovrapprezzo della società veicolo in seguito all’incasso dei dividendi da parte della società target).

 

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