Nella gestione corrente di un'attività imprenditoriale può succedere che il titolare, per far fronte ad esigenze di cassa, effettui versamenti dal proprio conto personale a favore di quello dell'azienda con la registrazione in contabilità "Finanziamenti del Titolare", o addirittura saldi il debito dell'azienda direttamente dal proprio conto. Questi finanziamenti che supportano l'imprenditore per far fronte a temporanee carenze di liquidità, senza ricorre a prestiti ed indebitamenti, se non sono giustificati sotto il profilo della provenienza costituiscono senz'altro un'atipicità contabile.
Inoltre, tale condotta, ha dei riflessi anche dal punto di vista tributario in quanto in fase di accertamento analitico-induttivo, in linea generale, fa supporre la presenza di ricavi non registrati.
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1) Il punto della giurisprudenza sulla presunzione di ricavi
La Corte di Cassazione, nel corso degli anni, ha avuto modo di dibattere su questo aspetto (Cass. sent. n. 25289 del 25.10.2017, Cass sent.26260 del 29/12/2010), rafforzando un filone giurisprudenziale che si è ormai formato e consolidato.
L'origine della presunzione dei ricavi in nero può venire fuori in sede di controllo da parte degli organi di riferimento (AdE o GdF),o dall'attribuzione di un maggior reddito attribuito, o da un maggior gettito iva dovuto e non versato proprio a seguito dei maggiori ricavi non dichiarati.
La normativa fiscale di riferimento è il D.P.R. 600/1973 per le imposte sui redditi, in modo particolare l'art.39 c.1 lett.d recita come segue "se l'incompletezza, la falsita' o l'inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall'ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all'articolo 33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicita' delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all'impresa nonche' dei dati e delle notizie raccolti dall'ufficio nei modi previsti dall'articolo 32. L'esistenza di attivita' non dichiarate o la inesistenza di passivita' dichiarate e' desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purche' queste siano gravi, precise e concordanti ".
In relazione all'imposta sul valore aggiunto, il dettato normativo è il D.P.R. 633/1972 e all'Art 54 dispone "L'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti un'imposta inferiore a quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante.
L'infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli articoli 27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli articoli 23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli articoli 51 e 51-bis .
Le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell'art. 53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purchè queste siano gravi, precise e concordanti.
L'ufficio può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l'esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l'inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai numeri 2), 3) e 4) del secondo comma dell'articolo 51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonchè da altri atti e documenti in suo possesso".
Con la recente ordinanza della Corte di Cassazione (la n° 7638 del 18/03/2021) è stato inoltre evidenziato che censurare l'operato dei giudici di merito perchè non è stata fatta una ricostruzione dei fatti concreta, non è ammissibile. Inoltre, nell'ambito della gestione economica di un'attività, la presenza di un saldo negativo di cassa generato da costi di entità superiore rispetto ai ricavi registrati, oltre ad essere un'anomalia contabile, fa certamente presumere la presenza di ricavi non contabilizzati, almeno nella misura del disavanzo stesso, Cass. sent. n. 11988 del 31.05.2011.
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