Ci sono questioni mai del tutto chiarite, nell’ambito del diritto tributario, che rimangono silenti per anni, per poi un giorno esplodere in un susseguirsi di discordanti pareri di giurisprudenza e di prassi.
L’oggetto della contesa, questa volta, è il caso dell’IVA applicata in modo errato in fattura, in misura superiore a quella richiesta dal DPR 633/72 per la tipologia di operazione effettuata.
C’è da dire che il DPR 633/72, in cosiddetto Testo unico IVA, costituisce un labirinto di norme, di fattispecie e di eccezioni; motivo per cui, l’errore, in relazione alla corretta aliquota da applicare, se non è scusabile, a volte è comprensibile, o per lo meno può essere compreso che per talune operazioni meno ordinarie possano sorgere delle perplessità.
In considerazione di ciò, talvolta, il contribuente o il professionista che lo segue, nell’incertezza, preferisce accogliere l’ipotesi più favorevole al fisco, sperando che il fatto di versare una imposta possibilmente maggiore di quella dovuta riesca a metterlo al riparo da eventuali contestazioni.
Questo approccio però, per il caso dell’IVA applicata in fattura in misura maggiore a quella dovuta, questione delicata sulla quale si è concentrata negli ultimi mesi l’attenzione della giurisprudenza e della prassi, ha come effetto quello di traslare il problema in capo al committente, il quale non potrà detrarre l'imposta per il solo fatto che questa sia esposta in fattura.
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1) La Corte di Cassazione
La scintilla che ha innescato l’esplosivo dibattito sull’argomento in trattazione è rappresentata dalla sentenza numero 24289 della Corte di Cassazione del 3 novembre 2020, di cui abbiamo già trattato nell’articolo Indetraibile l’IVA erroneamente applicata in fattura, che è possibile leggere per approfondimento.
La sentenza in esame distingue due distinte situazioni:
- l’IVA erroneamente addebitata su operazioni non imponibili;
- l’IVA su operazioni imponibili a cui è stata applicata una aliquota maggiore a quella dovuta.
La Corte, partendo dalla constatazione che il diritto alla detrazione dell’IVA non deriva dalla sua mera esposizione in fattura, ma sia subordinata all’effettiva realizzazione di una operazione imponibile, emana un principio di diritto in base al quale:
- in caso di IVA erroneamente addebitata per operazioni non imponibili, si esclude il diritto alla detrazione dell’imposta, e sarà applicata una sanzione amministrativa proporzionale pari al 90% della detrazione illegittimamente compiuta;
- in caso di IVA erroneamente addebitata su operazioni imponibili utilizzando una aliquota maggiore rispetto a quella dovuta, si permette la detrazione dell’imposta, ma potrà essere applicata una sanzione amministrativa fissa (da 250 euro a 10 mila euro).
Entrambe le sanzioni discendono dall’articolo 6 comma 6 del Decreto Legislativo 471/97.
Bisognerà precisare, ai fini di una corretta lettura del prosieguo, che la Corte, nella sentenza in oggetto, distingue tra operazioni imponibili e operazioni non imponibili, senza esplicitamente trattare il caso delle operazioni esenti.
2) La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia
Le operazioni esenti dall’IVA, si ricorda, sono operazioni che non prevedono l’applicazione dell’imposta ma che si distinguono da quelle non imponibili per il fatto che, a differenza di queste ultime, rientrano nella sfera dell’imponibilità potenziale dell’IVA.
Proprio del caso dell’IVA erroneamente applicata su una operazione esente si occupa la sentenza numero 2270 della CTR della Lombardia pubblicata il 15 giugno 2021.
Utilizzando come riferimento normativo la recente sentenza della Corte di Giustizia UE numero C-935/19 del 15 aprile 2021, la quale stabilisce proprio che, nel caso in cui il contribuente detragga l’IVA addebitata per errore su una operazione esente, in assenza di frode fiscale e di danno erariale, si debbano applicare le sanzioni fisse, la Commissione afferma il principio della detraibilità con applicazione di sanzioni amministrative fisse anche per le operazioni esenti, come nel caso in cui ci sia solo un errore di aliquota, assimilando così le operazioni esenti alle operazioni imponibili, con una interpretazione coerente con il perimetro concettuale all’interno del quale si inseriscono questa tipologia di operazioni.
3) L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti
Il 28 luglio 2021 è il turno dell’AIDC, che entra nel vivo della questione con la pubblicazione della Norma di comportamento numero 214, nella quale, partendo da una lettura estensiva del perimetro di applicazione delle sanzioni amministrative fisse previste dall’articolo 6 comma 6 del Decreto Legislativo 471/97, prende una posizione forte sull’argomento, sostenendo che il diritto alla detrazione dell’IVA, in caso di imposta applicata per errore in misura maggiore rispetto a quella dovuta, dovrebbe essere riconosciuto, con applicazione delle sole sanzioni amministrative fisse, a prescindere dal fatto che l’operazione sia imponibile, non imponibile o esente.
Semplificando per brevità, l’Associazione Italiana Dottori Commercialisti fondamenta la sua analisi sull’articolo 6 comma 6 del Decreto Legislativo 471/97, il quale prescrive una sanzione amministrativa in misura fissa “in caso di applicazione dell'imposta in misura superiore a quella effettiva”, mentre punisce con una sanzione proporzionale “chi computa illegittimamente in detrazione l'imposta assolta”; secondo l’Associazione, in un contesto di assenza di frode e di danno erariale, non dovrebbe configurarsi una situazione di illegittimità, potendosi di conseguenza ricondurre alla prima situazione tutte le situazioni di legittimità, a prescindere dalla natura dell’operazione sottostante.
4) L’agenzia delle Entrate
Il 3 agosto 2021 l’Agenzia delle Entrate pubblica la Risoluzione numero 51/E denominata “Ambito applicativo articolo 6, comma 6, Decreto Legislativo numero 471 del 1997”, con la quale assume come proprie le posizioni in tema di detraibilità e sanzionabilità assunte dalla Corte di Cassazione, ampliando il perimetro dell’indetraibilità e della sanzione proporzionale anche alle operazioni esenti, considerate dall’Agenzia assimilabili, in questo caso, alle operazioni imponibili.
L’Agenzia delle Entrate assume una posizione restrittiva, che prevede un impianto sanzionatorio punitivo per il contribuente, specie in considerazione del fatto che nella situazione in esame si realizza un errore fiscalmente neutro per l’erario, e sceglie di ignorare il dibattito in corso, recependo acriticamente una sentenza della Corte di Cassazione che, si noterà, a differenza della risoluzione, è arrivata prima della sentenza della Corte di Giustizia UE, a cui fa riferimento la CTR della Lombardia, la quale stabilisce un principio interpretativo di favore per quei casi in cui non si configurano né una frode fiscale né un danno erariale.