Gli amministratori di una società di capitali possono svolgere il loro incarico a titolo oneroso o a titolo gratuito. L’articolo 2389 comma 1 del Codice civile stabilisce che “i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea.”
La delibera assembleare che fa sorgere il diritto alla retribuzione da parte dell’amministratore assume il carattere dell’essenzialità, sia ai fini civili che a quelli fiscali, in mancanza di essa, infatti, l’atto di autodeterminazione del compenso, da parte dell’amministratore o degli amministratori, è nullo, e i compensi corrisposti sono indeducibili per la società.
Il legislatore non inserisce all’interno di uno specifico inquadramento lavoristico l’espletamento dell’attività di amministratore, la quale, a seconda delle specifiche situazioni, può rientrare nel contesto del lavoro dipendente, del lavoro dipendente assimilato, del lavoro autonomo. Ma, mentre l’inquadramento come prestazione di lavoro dipendente assimilato può considerarsi quello naturale per questa tipologia di prestazione lavorativa, gli altri due trovano più specifiche limitazioni. Come chiaramente indicato dall’Agenzia delle Entrate sulla Circolare numero 105 del 12 dicembre 2001 “per regola generale i proventi derivanti dagli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società ed enti danno luogo a reddito assimilato a quello di lavoro dipendente.”
Il contratto di riferimento è quello di collaborazione coordinata e continuativa, il cosiddetto co.co.co., limitato dal legislatore, in conseguenza di un diffuso utilizzo improprio dello strumento, a specifiche e ben determinate situazioni, tra le quali, come chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare numero 67/E del 6 luglio 2001, si annovera appunto l’attività di amministratore di società, quale fattispecie tipica da inquadrare nel perimetro della collaborazione coordinata e continuativa.
La struttura reddituale di questa tipologia contrattuale tipicizzata segue oggi le medesime modalità di determinazione e di gestione di reddito e ritenute previste per il lavoro dipendente; con la differenza, non secondaria, che questa tipologia contrattuale non presenta, però, le medesime tutele del lavoro dipendente.
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1) Il trattamento fiscale generale
L’importo del Trattamento di fine mandato, o le sue modalità analitiche di determinazione (ad esempio nel caso in cui è legato ai risultati conseguiti), dovrebbero essere stabilite da una delibera dell’assemblea o dall’atto costitutivo o dallo statuto della società; ma, nella realtà, non sempre ciò avviene e questo può avere delle conseguenze non secondarie, da un punto di vista fiscale, in capo all’amministratore che percepisce il trattamento.
Fondamentalmente il trattamento fiscale applicabile è differenziato a seconda che il diritto alla percezione risulti da un atto anteriore all’inizio del rapporto di collaborazione, con data certa, o meno.
Se il diritto alla percezione deriva da atto anteriore all’inizio della collaborazione, con data certa, l’erogazione del trattamento sarà soggetto a tassazione separata in via ordinaria; infatti, in base all’articolo 17 comma 1 lettera c del TUIR, la tassazione separata si applica alle “indennità percepite per la cessazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa […], se il diritto all’indennità risulta da atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto”.
L’indennità, nel momento in cui materialmente erogata dalla società, ai sensi dell’articolo 25 comma 1 del DPR 600/1973, sarà soggetta a ritenuta a titolo d’acconto del 20%.
Su opzione facoltativa del contribuente, da esercitare in sede di dichiarazione annuale dei redditi, questi potrà, se lo vorrà, applicare la tassazione ordinaria al trattamento di fine mandato percepito.
Le indennità di fine mandato di importo maggiore di 1 milione di euro, il cui diritto alla percezione è sorto a partire dal 1 gennaio 2011, sono soggette a un trattamento fiscale differenziato rispetto a quelle di importo inferiore; per questi casi, infatti, fino alla soglia limite di 1 milione di euro il trattamento percepito sarà soggetto a tassazione separata (anche in questo caso con possibilità di tassazione ordinaria su opzione), mentre la parte che eccede tale importo sarà soggetto a tassazione ordinaria, ai sensi dell’articolo 24 comma 31 del DL 201/2011.
Nel diverso caso invece in cui il diritto alla percezione del trattamento di fine mandato non derivi da atto anteriore all’inizio del rapporto di collaborazione con data certa, il trattamento corrisposto all’amministratore sarà considerato come un reddito ordinario dell’anno fiscale in cui è stato percepito e come tale soggetto a tassazione ordinaria e alle ritenute d’acconto per scaglioni di reddito ordinariamente previste per i redditi dei collaboratori coordinati e continuativi, secondo le regole previste per i lavoratori dipendenti (e assimilati, in questo caso) dall’articolo 51 comma 1 del TUIR.
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2) La data certa
Per poter usufruire della tassazione separata per il trattamento di fine mandato percepito, il diritto alla percezione dello stesso dovrà risultare da un atto, con data certa, antecedente all’inizio del rapporto di collaborazione.
A meno che l’indennità non sia prevista nel suo ammontare dall’atto costitutivo o dallo statuto della società, l’atto da cui dovrebbe originare il diritto dovrebbe essere una delibera dell’assemblea dei soci.
Tale delibera, ai fini della sua validità nei confronti dei terzi, dovrà essere arricchita dalla certezza della data.
La data certa, in un caso del genere, assume la veste più rafforzata e insindacabile con la registrazione del documento, ma la normativa civilistica sul tema non è rigida, prevedendo anche modalità alternative di dimostrazione, in base all’articolo 2704 del Codice civile, per intero dedicato all’argomento.
La norma prevede quindi grande libertà per il contribuente, ai fini della dimostrazione della data certa, per la quale oggi si ammettono correntemente, in alternativa ad una costosa registrazione, anche più convenienti modalità telematiche basate sul sistema informatico della marca temporale, ad esempio.
La vera differenza è che mentre la registrazione dell’atto dimostra inconfutabilmente la data certa, la validità delle modalità alternative che potrà utilizzare il contribuente, in caso di contestazione, dovrà essere valutata dal giudice di merito.
Possono costituire un indirizzo, ai fini delle modalità di dimostrazione della data certa, le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate sulla Circolare 10/E del 16 febbraio 2007.
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3) Il sorgere del diritto e la determinazione del compenso
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta a interpello numero 292 del 27 aprile 2021, propone degli utili chiarimenti su alcuni questioni fondamentali ai fini della possibilità di applicazione della tassazione separata al trattamento di fine mandato corrisposto all’amministratore, nel caso in cui sia presente una discrepanza temporale tra il momento in cui è sorto il diritto alla percezione dell’emolumento e il momento di determinazione dell’ammontare dello stesso.
La questione presenta un certo livello d’interesse, perché si pone non in contrasto ma ai sensi del Codice civile, il quale al comma 3 dell’articolo 2389 prescrive appunto che “la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.”
Nel caso specifico oggetto di interpello, in ragione di talune regole di governance statutariamente stabilite, l’assemblea dei soci stabiliva un compenso unitario complessivo a favore dell’intero consiglio di amministrazione, rimettendo a quest’ultimo la definizione dei compensi spettanti ai singoli membri, anche in riferimento al trattamento di fine mandato, in funzione delle deleghe conferite, ai sensi del citato articolo 2389 comma 3 del Codice civile.
Il caso specifico presenta quindi una discrepanza temporale, oltre che funzionale, tra il momento in cui scaturisce il diritto alla percezione del trattamento di fine mandato per deliberazione dell’assemblea e il momento in cui si definisce il suo ammontare per decisione del consiglio di amministrazione.
In considerazione del fatto che l’articolo 17 comma 1 lettera c) del TUIR riconosce il diritto all’applicazione del regime di tassazione separata al TFM solo se il diritto all’indennità risulta da atto, con data certa, anteriore all’inizio dell’incarico, con l’interpello in questione la società interpellante chiede all’Agenzia delle Entrate se “ai fini dell’applicazione del regime della tassazione separata sia sufficiente che l’atto (di data certa anteriore all’inizio del rapporto) riconosca il diritto al trattamento di fine mandato senza necessità di doverne specificare anche l’importo”.
Il quesito non è affatto scontato in quanto l’assemblea, in questo caso, determina una retribuzione complessiva per il consiglio di amministrazione, ma non stabilisce regole e modalità per la ripartizione dello stessa, la cui definizione è di fatto demandata allo stesso organo amministrativo, in fase successiva e fuori dal controllo dell’assemblea dei soci.
L’Agenzia delle Entrate assume parere positivo, dichiarando, nel caso specifico in cui la determinazione del compenso è demandata al consiglio di amministrazione ai sensi delle citate disposizioni del Codice civile, che l’applicazione del regime di tassazione separata risulta applicabile nel momento in cui l’atto che ha fatto sorgere il diritto per decisione dell’assemblea dei soci, anche se per un importo non puntualmente stabilito, presenta data certa, stabilendo quindi un profilo di priorità al sorgere del diritto piuttosto che alla definizione dell’importo dell’emolumento.