La società semplice è un veicolo che può prestarsi a diverse forme di utilizzo e che si caratterizza per una certa semplicità e leggerezza nella gestione. La società semplice, infatti, non è obbligata a tenere la contabilità, è esclusa dalla disciplina delle società di comodo e gestisce i beni con un regime fiscale tipico dei privati.
La stessa, tuttavia, non è scevra di qualche lato oscuro che cercheremo di affrontare nel presente intervento. In particolare, l’utilizzo della stessa come holding può portare ad alcune inefficienze di tipo fiscale.
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Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità e adempimenti delle holding - Guida operativa alla creazione e alla gestione di una holding" di Silvia Bettiol ed Ennio Vial, pubblicato da Maggioli Editore a giugno 2021
1) Le caratteristiche della società semplice
La società semplice si caratterizza per una indubbia snellezza in quanto:
- non è obbligata alla tenuta delle scritture contabili;
- la dichiarazione dei redditi non presenta particolari complessità;
- per la sua costituzione non sono richieste forme particolari a meno che i beni che vengono conferiti non richiedano particolari formalità;
- i soci hanno un ampio margine di scelta nella regolazione dei propri rapporti. In particolare, i soci possono regolare il ruolo di amministratore e le conseguenti responsabilità.
Non possiamo, tuttavia, sottacere alcuni limiti dell’istituto. Forse, il più importante, ad avviso di chi scrive, si manifesta nel caso in cui il socio abbia debiti personali. Se questo risulta inadempiente, il creditore può chiedere alla società la liquidazione della quota del socio.
Questa caratteristica, che non si ritrova nelle altre società di persone commerciali, rende la società semplice del tutto inadatta alla implementazione di una, seppur blanda, securizzazione del patrimonio personale.
Un ulteriore svantaggio emerge anche nel momento in cui i soci intendono trasformare la società semplice in una società commerciale.
In questo caso, infatti, il trattamento fiscale è incerto in quanto, in assenza di una specifica disciplina, si potrebbe sostenere (ma la questione è incerta) che l’immissione dei beni nel regime di impresa determini il realizzo al valore normale in capo alla società semplice e quindi per trasparenza ai soci.
Alcuni di questi limiti potrebbero essere superati con la scelta di una snc o di una sas. Il creditore particolare del socio di una società di persone commerciale non può chiedere la liquidazione della quota ed inoltre le quote delle società di persone non possono essere oggetto di esecuzione forzata durante la vita della società.
Infatti, “l’espropriazione della quota, comportando l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto, prescindendo dalla volontà degli altri soci, introdurrebbe un elemento di “novità” incompatibile con il carattere di tale tipo di società” (Cassazione civile, 07 novembre 2002, n. 15605).
Tuttavia, la Snc e la Sas sono società commerciali con il conseguente obbligo della tenuta delle scritture contabili e la predisposizione a fine esercizio di una dichiarazione dei redditi sicuramente più complessa rispetto a quella della società semplice.
Il fatto di rientrare nel reddito di impresa commerciale, peraltro, porta a conseguenze come l’assoggettamento alla disciplina delle società di comodo. Le società semplici, al contrario, ne risultano escluse non solo per il fatto che le stesse non applicano la disciplina in discorso, ma anche per il fatto che la partecipazione in una società semplice partecipata da una altra società soggetta al regime delle società di comodo, non deve considerare detta partecipazione nei conteggi della operatività[1].
Ad ogni buon conto, le società di persone commerciali, analogamente alle imprese individuali e diversamente alle società di capitali, possono essere considerate imprese minori e tenere quindi una contabilità semplificata.
[1] L’art. 30 co. 2 lett. a) L. 724/1994, infatti, nel considerare le percentuali da applicare alle società partecipate menziona “le quote di partecipazione nelle società commerciali di cui all’articolo 5 del medesimo testo unico, anche se i predetti beni e partecipazioni costituiscono immobilizzazioni finanziarie, aumentato del valore dei crediti”. Ebbene, il riferimento alle società commerciali esclude di fatto la società semplice.
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità e adempimenti delle holding - Guida operativa alla creazione e alla gestione di una holding" di Silvia Bettiol ed Ennio Vial, pubblicato da Maggioli Editore a giugno 2021 |
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2) Le opportunità della società semplice
Ovviamente la società semplice può presentare anche profili di interesse. La circolare n. 2/2019 dell’Unione giovani commercialisti ha tratteggiato le caratteristiche della società semplice che la rendono un interessante veicolo per la detenzione della ricchezza della famiglia.
Viene in particolare osservato che in base all’articolo 2284 c.c. “Salvo contraria disposizione del contratto sociale, in caso di morte di uno dei soci, gli altri devono liquidare la quota agli eredi, a meno che preferiscano sciogliere la società, ovvero continuarla con gli eredi stessi e questi vi acconsentano”.
Si tratta, a ben vedere, della classica regola di funzionamento delle quote di società di persone in caso di decesso del socio.
Alla morte del socio, infatti, gli eredi possono scegliere di liquidare la quota agli eredi oppure, ovviamente con il consenso di questi ultimi, di farli subentrare nella posizione di socio.
La società semplice è, sotto questo profilo, un mezzo per evitare l’ingerenza delle famiglie allargate. Si può, infatti, prevedere che gli eredi possano subentrare in caso di decesso del socio, ma solo se consanguinei. In aggiunta o in alternativa è possibile prevedere che l’impegno a proseguire la società sussista esclusivamente con riferimento ad alcune categorie di eredi.
Viene proposto nella circolare l’esempio delle previsioni che configurano l’obbligo dei soci superstiti di proseguire la società esclusivamente con i discendenti in linea retta del socio defunto (qualora accettino), stabilendo a favore degli altri eredi un mero diritto alla liquidazione della partecipazione a loro riferibile iure successionis.
La stessa circolare è consapevole dei problemi connessi alla possibile mancanza di liquidità della società che potrebbe rendere difficile le ipotesi in cui le quote non passano agli eredi ma devono essere liquidate.
Le ipotesi proposte sono quelle di:
- liquidazione attraverso l’assegnazione di cespiti;
- Liquidazione attraverso cespiti con un criterio di valorizzazione predeterminato per statuto;
- Liquidazione attraverso cespiti con attribuzione all’amministratore del potere di stabilire il bene ed i tempi di consegna.
- Consentire la prosecuzione della società con gli eredi ma solamente con quelli che soddisfano particolari requisiti.
La circolare propone l’eventualità di inserire nella compagine societaria dei soci d’opera (in persona di soggetti di fiducia dell’imprenditore, come il commercialista o l’avvocato di famiglia), i quali ritraggono la loro partecipazione dalla circostanza che svolgono attività di consulenza nei confronti della società.
Si potrebbe prevedere che, in caso di decesso dell’imprenditore, il figlio debba ottenere il consenso di questi soci per eseguire determinate operazioni come ad esempio lo smobilizzo di titoli.
In sostanza, lo smobilizzo potrebbe essere subordinato alla necessità di proseguire gli studi o di avviare una attività lavorativa.
Sotto questo profilo, la società semplice si porrebbe come una forma elementare di trust.
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità e adempimenti delle holding - Guida operativa alla creazione e alla gestione di una holding" di Silvia Bettiol ed Ennio Vial, pubblicato da Maggioli Editore a giugno 2021 |
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3) La società semplice holding
La società semplice viene a volte utilizzata come ‘holding familiare’ al fine di far confluire quote societarie detenute da un imprenditore ed organizzare il ricambio generazionale. In questo modo, in luogo di gestire il passaggio di quote in più società tra gli eredi, il soggetto interessato a gestire il ricambio generazionale, potrebbe risolvere la questione lavorando sullo statuto della società semplice stessa senza doversi interfacciare con i soci delle società ‘sottostanti’.
Al riguardo, interessanti approfondimenti sono contenuti nella già citata circolare n. 2/2019 della “Fondazione U.N.G.D.C.E.C.”. In quell’occasione è stato evidenziato come la società semplice svolga, infatti, spesso il ruolo di holding “pura” per la gestione dei patrimoni delle famiglie imprenditoriali, che da tempo ricorrono a questo veicolo societario, utilizzato come “contenitore” unico per la governance della ricchezza, potendo articolare le clausole statutarie in base ad esigenze specifiche, e consentendo così alla famiglia imprenditoriale di pianificare attentamente il futuro del proprio patrimonio.
I problemi, quanto meno da un punto di vista fiscale, emergono soprattutto in sede di creazione della holding mediante conferimento. La questione verrà approfondita nel prosieguo.
La trattazione del tema, all'interno del libro, continua con questi argomenti:
11.5 La società semplice può essere una reale alternativa al trust?
11.6 Alcuni limiti della holding società semplice
11.6.1 Introduzione
11.6.2 La fiscalità in sede di conferimento di quote societarie in una società semplice
11.6.3 La fiscalità dello scioglimento della società semplice
11.6.4 La donazione delle quote di società semplice
11.6.5 La comunicazione all’anagrafe dei rapporti tributari
11.7 La complessa tassazione dei dividendi percepiti da una società semplice
11.7.1 Introduzione
11.7.2 L’iniziale dimenticanza della società semplice
11.7.3 Il primo intervento riparatore ad opera dell’art. 32 quater D.L. 124/2019
11.7.4 L’intervento del D.L. 23/2020
11.8 Aggravi IVIE e IVAFE
11.9 La società di persone estera
11.10 Spunti conclusivi
Questo articolo è estratto dal libro "Fiscalità e adempimenti delle holding - Guida operativa alla creazione e alla gestione di una holding" di Silvia Bettiol ed Ennio Vial, pubblicato da Maggioli Editore a giugno 2021 |